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Effetto Isis in Germania?

alice weidel, afd

Dal chiuso maleodorante dei loro sottoscala, gli strateghi dell’Isis possono dirsi soddisfatti: il voto tedesco dimostra che, pur avendo dovuto cedere molto al binladenismo, alla fine in Europa hanno avuto un grande risultato. Erano nati come sfida al nemico interno invece che al nemico lontano, cioè gli Usa, la strategia di Osama. Hanno finito col “giocare in trasferta” anche loro. E il risultato è evidente. Sono stati loro a far emergere, per la prima volta nella storia post-bellica, il malessere della Germania.

I loro attentati, l’assassinio di preti che dicono messa, l’assalto alla dignità dell’essere umano a mezzo di crematura o di decapitazione trasmessa sul web, i loro “lupi solitari”, il loro uso sapiente della disperazione di frange del mondo di profughi che hanno trovato asilo in Germania: ci voleva tutto questo per far emergere, o riemergere, il bubbone. Se in Francia avevano puntato al colpo grosso, fare dell’intrasigenza lepenista la nuova ideologia xenofoba, è in Germania che forse hanno ottenuto il risultato più eclatante; la paura che si aggruma in un nuovo istinto di chiusura, di arroccamento identitario, xenofobo, con tratti nostalgici, parola che riferita alla Germania suscita esplicite apprensioni, esplode nel risultato elettorale. Il loro calcolo era semplice, esplicito, chiaro: se ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, gli strateghi dell’Isis ora possano sperare su un risentimento, una chiusura, un riflusso identitarista nelle comunità immigrate in Europa, e anche nelle opinioni pubbliche dei loro Paesi di origine.

Questa Europa in balia delle sue paure, del sentimento di insicurezza creato dal terrorismo e dalla conseguente tentazione di fare dei migranti i capri espiatori del molto che non va, è stata chiaramente dilatata, in un certo senso “liberata” nelle sue pulsioni politiche dagli strateghi dell’Isis. Così si capisce, pensando al rapporto causa-effetto, o azione-reazione, che chi nei loro confronti ha usato l’espressione “fascismo islamico”, mischiando categorie che poco si conoscono, forse ha colto nel segno. Basta riflettere sugli effetti delle loro azioni per capirlo. Ma hanno fatto tutto da soli? Non hanno complici?

Lasciamo perdere le complicità qui da noi. Questo discorso è ideologico e specioso. Chi porta avanti un’agenda xenofoba, razzista, fondata sul rifiuto dell’altro, non è un complice, è un attore politico della scena europea con programma e proposte. Ma nel complesso e vasto mondo mediorientale gli strateghi dell’Isis hanno agito da soli? Non si può considerare loro complice chi ha cacciato fuori, a forza, dal Paese di nascita, almeno 7 milioni di persone? Distruggendone le case, le risorse, massacrando loro parenti, togliendo loro ogni possibilità di vita! Questa massa enorme di popolazione vittima di pulizia etnico-religiosa è di religione sunnita. E chi l’ha cacciata dal Paese dove è nata, dove sono vissuti i suoi antenati per secoli, lo ha fatto sulla base di un programma che oggi vediamo compiersi ad Aleppo, ad Homs, a Damasco: confiscarne i beni, distruggere i catasti, e sostituirla con un’altra popolazione, di diversa appartenenza religiosa.

Tutto questo per seguitare a essere il padrone assoluto del proprio Paese. E nel nome di cosa si poteva giustificare una simile follia, molto simile a quella del III Reich? Nel nome della lotta al terrorismo… Ma un terrorismo che apparisse disumano: cioè come è quello dell’Isis. Non serve andare a spulciare nelle carte segrete e nei racconti non ufficiali del Medio Oriente per capire che Assad ha prodotto l’Isis che ha salvato Assad. Ma ora l’Isis non muore. E’ nato, come ha detto il viceministro Mario Giro, un Islam 2.0, un kit prefabbricato pronto all’uso di sbandati, nichilisti, ubriachi, drogati. E questo rimane. I

l problema dell’Europa dunque per curare le proprie ferite è curare l’Islam europeo, e liberarsi di Assad. Guarda caso è lui l’idolo di qualche reduce “comunista” convinto che Mosca abbia sempre ragione anche quando è finita l’Unione Sovietica ma soprattutto di tutta la filiera sovranista e parafascista che inquina l’Europa. Il problema non sono i profughi, il problema sono i regimi che li hanno prodotti e che ora pretendono di imporre la loro visione dell’uomo anche a noi. Ma seguendo questa scorciatoia fondata sulla paura i figli di Adenauer, Mitterrand, Khol, Brandt, finiranno, io temo, nell’angolo della storia che i loro padri hanno creato.

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