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Giampaolo Pansa, l’odio social e l’invidia sociale

GIAMPAOLO PANSA

Nel salottino di “8 e ½” un “vecchio leone” come Giampaolo Pansa ha lasciato di stucco Lilli Gruber sostenendo che l’Italia è sulla soglia di una guerra civile. Per spiegare meglio questa sua convinzione (che io condivido) ha ricordato i sentimenti di odio diffusi tra la gente. Ed è così. Pansa ha attraversato da osservatore attento la storia di questo Paese dal dopoguerra in poi. Di guerre civili ne ha viste e commentate tante: da quella fratricida iniziata nel 1943 e NON terminata nel 1945 (di cui Pansa ha scritto nei suoi libri) agli anni di piombo, quando non passava giorno senza che qualcuno non morisse ammazzato da un commando terrorista o in un attentato dinamitardo. Per decenni la politica ha diviso le famiglie, trasformati in nemici gli amici. Ma c’erano delle idee forti dietro quelle tragedie. Oggi l’odio corre sulla rete, in una lotta di tutti contro tutti. È un odio forsennato prodotto in quantità industriali dal veleno dell’invidia sociale. In passato una persona poteva essere ammazzata perché (ritenuta) compromessa con il regime fascista o perché – anni dopo – rappresentava lo Stato capitalista e reazionario. Domani basterà che la vittima guadagni qualche centinaio di euro in più o che abbia un auto più costosa del suo assassino. O una pensione ritenuta d’oro.

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Ha cominciato a circolare dapprima sui social (laddove hanno origine le peggiori nefandezze e le più odiose fake news); ora comincia a fare capolino nei talk show (che quelle fake news si incaricano di diffondere). Si tratta della tesi per cui quegli attentati nelle principali città europee, che noi consideriamo atti di terrorismo, sarebbero invece delle risposte alle vittime degli attacchi aerei e terrestri delle truppe della coalizione internazionale (identificata col volto arcigno e le mani insanguinate del solito Occidente). O comunque sarebbe giusto condannare ambedue gli eventi. Non vorrei essere il solito che “pensa male”, ma da queste performance traggo l’impressione di un inaccettabile (dal mio punto di vista) parallelismo tra le azioni di guerra della coalizione (non solo occidentale) contro l’Isis a Raqqa e gli attentati terroristici, come se i secondi trovassero spiegazione nel primo. Sarei curioso di sapere che cosa pensano questi nuovi pacifisti del bombardamento a tappeto (con ordigni che inseguivano i civili anche nei rifugi) della città di Dresda nel febbraio del 1945, dove ci furono più morti che a Hirosima. E se questa strage, per caso, giustifica i massacri compiuti dai nazisti anche nel nostro Paese. I morti sono tutti uguali, ma per me le vittime di Dresda rimangono un doloroso effetto collaterale di una guerra giusta, combattuta (dalle democrazie occidentali e dall’Urss) per salvare il mondo da una dittatura sanguinaria. La stessa guerra (anch’essa giusta) che si sta combattendo contro il mostro del fondamentalismo islamico.

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Paolo Gentiloni Silverj è insieme una sicurezza ed una consolazione. Rappresenta la prova provata che anche una persona normale (come il vostro vicino di casa) può diventare presidente del Consiglio. E svolgere questo mandato in maniera dignitosa. Meglio di tanti suoi predecessori, soprattutto dell’ultimo.



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