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Aids, che cosa succede in Italia su prevenzione e controlli

MASSIMO OLDRINI PRESIDENTE LILA

Nonostante l’attività di prevenzione, la paura, le morti celebri e quanto se ne è parlato in passato, l’HIV, l’AIDS, rimane un male in buona dose fantasma, che sembra solo sfiorare le nostre vite. Per apparire in tutta la sua crudeltà quando ci si rende conto che può colpire tutti noi.

Le cifre parlano chiaro. Ogni anno si ha la notizia di 4.000 nuovi casi di infezione. La differenza, rispetto a vent’anni fa, è che ora non ci si ammala per lo scambio di siringhe infette, ma soprattutto per via sessuale. Sono due le cose che permettono al virus di diffondersi. La prima è il sesso non protetto, non importa se omo o eterosessuale. La seconda, altrettanto grave, è la sicurezza di essere immuni dal contagio perché si è sempre frequentata gente “a posto”. Purtroppo, nessuno può dirsi al sicuro, a meno che il partner che si frequenta non abbia fatto il test e non abbia sempre avuto rapporti protetti. “Il dato vero su cui riflettere – spiega a Formiche.net Massimo Oldrini (nella foto), presidente della Lila, una delle associazioni all’avanguardia nella lotta all’AIDS, che quest’anno celebra i 30 anni di attività – è che il numero dei contagiati non scende da un decennio”. Un dato che ci fa riflettere e osservare come, da quando sono venute a mancare le grandi campagne nazionali, è calata l’attenzione sul virus, tanto da fare credere che il pericolo fosse stato debellato. Ma non è assolutamente così.

Proprio il test è uno degli argomenti più difficili da affrontare, sotto tanti aspetti. Il primo è che le persone a volte non ci si sottopongono perché, come scritto sopra, si ritengono immuni dal problema. Il secondo è che si tende a rimandare il “momento della verità” per paura dell’esito positivo. Questo può portare tensioni anche all’interno di una coppia, anche quella di una notte. Eppure il test è l’unico modo per essere sicuri di non aver contratto l’infezione. Il terzo è che non si sa nemmeno con esattezza quante persone si sottopongano al prelievo sanguigno ogni anno.

Il dato per il quale in Italia ci sono circa 120mila sieropositivi, quindi, è ampiamente sottostimato. A questi vanno aggiunti quelli che lo sono ma non sanno o non pensano di esserlo. Si calcola che circa un sieropositivo su 5 ignori la sua condizione. In Italia, quindi, ci sono 30mila persone che possono trasmettere il virus e non lo sanno. “Il ricorso al test dell’HIV – spiega amcora Oldrini – nella popolazione italiana è troppo scarso e per questo vanno rimosse tutte le barriere, normative e strutturali che ne ostacolano più l’accesso, soprattutto nelle popolazioni più vulnerabili”.

C’è da dire che è un problema, oltre che di corrette abitudini contraccettive, anche di mentalità e di come si pensa oggi a questa malattia. Ci sono dei miti da sfatare. Uno dei motivi per cui ci si ammala ancora come 10 anni fa è che molti credono che l’AIDS non riguardi loro. E sbagliano, di grosso. Ad ammalarsi sono anche coppie stabili. Basta una scappatella non protetta da una delle due parti e la loro vita è rovinata per sempre. Dramma nel dramma. Secondo un report pubblicato dalla LILA nel 2016, appena il 16,6% degli uomini e un misero 4,31% delle donne ammette di fare uso regolare del preservativo. Il che dimostra come fidarsi del proprio partner, che garantisce sulle sue frequentazioni passate, sia una prassi ancora troppo in uso.

L’entrata in commercio di un test in farmacia da effettuare a casa, dal costo di circa 20 euro e che prevede un periodo finestra di tre mesi, ha avuto impatto scarso sulla prevenzione. C’è poi il problema più importante da considerare: più una persona si accorge tardi di essere sieropositiva, più la malattia ha modo di avanzare e conclamarsi quando è più difficile da curare o comunque prima si sarebbe potuta curare meglio. Secondo Massimo Oldrini, in Italia il fenomeno dei “late presenters”, ossia di coloro che scoprono di aver contratto l’HIV dopo molto tempo dal contagio, è ancora molto, troppo alto.

La chiave di tutto rimane per la prevenzione, una vita sessuale corretta e sicura dal punto di vista contraccettivo, per la certezza di non aver contratto l’infezione, c’è solo un modo: trovare il coraggio di fare il test. L’unica nota positiva è che in controtendenza al calo di attenzione generale intorno alla malattia, aumenta la richiesta di sostegno e la voglia di informazione. Secondo il report LILA in un anno le richieste di contatto con l’associazione sono passate 5.073 a 7.153.

Essere consapevoli che l’AIDS può colpire ognuno di noi è il primo modo di iniziare a sconfiggere questa malattia, fonte anche di disagio sociale ed emarginazione.

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