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Israele abbatte un drone di Hezbollah, mentre sente l’America più vicina

Lockheed

Martedì mattina un missile Patriot israeliano ha abbattuto un velivolo senza pilota che aveva sconfinato dalla Siria. Haaretz scrive che il drone era stato tracciato dal decollo all’aeroporto internazionale di Damasco, e una volta identificato è stato colpito da una batteria antiaerea di fabbricazione americana schierata in Galilea non appena ha passato la linea di demilitarizzazione sulle alture del Golan (pare in realtà che stesse già facendo marcia indietro verso la Siria, e alla fine è caduto nei pressi di Quneitra, città sul confine siro-israeliano). In aria pare ci fossero anche caccia israeliani, che però non hanno fatto fuoco. Il portavoce dell’IDF, l’esercito israeliano, ha spiegato che Gerusalemme non permette ai gruppi terroristici di entrare nel proprio territorio, e il riferimento è al fatto che quel drone, secondo le informazioni che hanno portato all’abbattimento, era di fabbricazione iraniana e di proprietà della milizia libanese Hezbollah.

ISRAELE È PRONTO A DIFENDERSI

Il ministro della Difesa israeliano Avigdor Lieberman ha commentato la vicenda dicendo che “aver tirato giù” il drone dimostra la preparazione delle forze di sicurezza di Gerusalemme: “Voglio sottolineare ancora l’alto livello di preparazione dell’IDF, che sa gestire qualsiasi sorpresa, qualsiasi problema e qualsiasi minaccia. Come ho già detto in passato, non intendiamo nuovamente soffrire di minacce o tentativi di danneggiare la sicurezza dello Stato di Israele. Chiunque cerca di danneggiare la nostra sovranità per danneggiare la nostra sicurezza, deve sapere che pagherà un prezzo pesante per questo. Molto pesante”. Il Patriot è di per sé un messaggio, perché quel missile costa 3 milioni di dollari e marca la suppost superiorità tecnologica israeliana (“supposta” perché anche Hez, via Iran, si è rafforzata notevolmente, e continua a farlo). Due settimane fa, aerei israeliani hanno bombardato un deposito di armi chimiche siriane: la missione dei jet rientra in un programma che Gerusalemme porta avanti per evitare che la guerra siriana faccia da quinta per il passaggio di armi tecnologiche iraniane agli Hezbollah. Non è la prima volta che si assiste a questo genere di missioni. Lieberman a dicembre dello scorso anno aveva già segnalato che Damasco, che teoricamente avrebbe dovuto provvedere allo smantellamento dell’arsenale chimico dopo gli accordi del 2013, mantiene questo genere di armamenti e in parte li sta passando al partito/milizia libanese. Il rafforzamento militare via Siria è una volontà dell’Iran per mantenere alto il confronto geopolitico ed esistenziale tra la Repubblica islamica sciita e lo stato ebraico, attraverso il proxy sciita libanese. La declinazione finale è la riapertura del conflitto tra Hezbollah e Israele, messo soltanto in congelatore dal 2006 (è uno scenario più volte ventilato su queste colonne, che man mano che la guerra siriana si appresta a chiudersi si fa sempre più concreto, con il vittorioso regime di Damasco che fa da attore bendisposto e interessato).

L’AIUTO ANTI-IRAN AMERICANO…

L’abbattimento del drone di Hezbollah avvenuto martedì ha seguito di poche ore l’incontro a New York (scenario: l’Assemblea generale delle Nazioni Unite) tra il premier Benjamin Netnyahu e il presidente americano Donald Trump.

Trump Netanyahu

Trump, durante il suo primo intervento in assoluto davanti l’assise Onu riunita, ha parlato pesantemente dell’Iran, reo di sostenere gruppi terroristici (Hezbollah tale è e tale è considerata da quasi tutti i governi occidentali) e di essere uno “stato canaglia” con il quale è stato imbarazzante fare un accordo importante come quello sul nucleare. Non è la prima volta che Trump prende una linea forte contro l’Iran, dietro c’è molta retorica perché, sebbene gli annunci della campagna elettorale, di fatto ancora Washington non è uscito dall’accordo multilaterale sul programma nucleare. E anzi ne ha certificato i progressi positivi per due volte: ora il presidente si trova davanti la prossima scadenza del meccanismo con cui il dipartimento di Stato certifica i progressi iraniani. Sarà il 15 di ottobre, e Trump ha detto di aver già deciso cosa fare, senza però rivelare ancora l’entità della sua decisione.

… ANCHE IN CONCRETO

Lunedì 18 settembre, la partnership israelo-americana e la retorica anti-Iran di Trump hanno reso pubblico un tassello concreto del grande puzzle: il vicecapo delle forze armate americane in Europa e lo stato maggiore israeliano hanno celebrato l’apertura della prima base permanente americana nello stato ebraico. L’Lsa, termine tecniche che sta per “life support area”, ossia una base in cui gli americani potranno vivere, si trova presso la Bislach Air Base israeliana a Beersheba, nel sud del deserto del Negev, ma una parte dell’istallazione sarà di completa amministrazione statunitense. Si tratta del completamento finale di un accordo chiuso due anni fa da Barack Obama, ed è una strategia che mira al contenimento iraniano, dato che il deal nucleare del 2015 non riguarda lo sviluppo di armi convenzionali (lo scenario l’ha spiegato Stefano Pioppi su queste colonne: creare un’altra postazione antiaerea, uno scudo in più contro eventuali missili balistici di Teheran, o contro eventuali attacchi aerei).



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