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La morte di un generale russo in Siria e il coinvolgimento di Mosca nei meccanismi del regime

L’uccisione di un generale russo in Siria rivela quanto ormai sia profondo il coinvolgimento russo al fianco del regime. Il generale Valery Asapov, 51 anni, è stato ucciso sabato scorso da una scheggia di proiettile di mortaio caduto sulla sua postazione nell’area di Deir Ezzor: a colpirlo i miliziani dello Stato islamico, contro cui i governativi, guidati dai russi, stanno sferrando una delle uniche campagne realmente indirizzate contro i baghdadisti – propaganda a parte – lanciate da Mosca dall’entrata in attività ufficiale nel conflitto siriano.

Nella commemorazione durante i funerali, che si sono svolti oggi, giovedì 28 settembre, nella chiesa del cimitero militare di Mosca davanti a centinaia di militari, il Capo della Forze armate russe, Valery Gerasimov, ha detto che Asapov guidava il Quinto corpo d’assalto del regime siriano. Ossia, il generale che ha coordinato anche l’intero contingente russo distaccato nel paese arabo, era stato poi passato come comandante di un importante corpo militare siriano.

L’ammissione di Gerasimov è uno spaccato su quanto ormai sia inserita la Russia nel sistema governativo di Damasco. Il Corpo è stato creato ufficialmente il 22 novembre del 2016, ed è formato da volontari (più o meno) addestrati, consigliati ed armati (dalle armi leggere ai carri armati), dalla Russia. Mai prima d’ora, però, si era venuti a conoscenza che l’unità fosse comandata de facto da un ufficiale russo.

A formare quella che viene descritta dai media siriani come un’unità di commando anti-terrorismo sono disertori e impiegati pubblici invitati (con più o meno forzature) al servizio militare; in cambio per questi ultimi la possibilità di prendere una specie di aspettativa retribuita, prendendo anche una remunerazione come soldati, per gli altri permetteva di evitare il carcere. Il corpo ha lo scopo di permettere a Damasco di iniziare a bilanciare numericamente le forze siriane, dove la manodopera militare è ridotta all’osso, con le milizie sciite straniere che l’Iran ha mobilitato da tutta la regione; e inoltre permette la graduale integrazione di queste unità paramilitari ausiliarie (come la National Defense Forces) all’interno delle forze regolari. È infine, per Mosca, anche un bilanciamento numerico dal profumo politico con l’Iran, che ha mosso migliaia di miliziani ben addestrati da mettere al fianco di Bashar el Assad: forse anche per questo i russi hanno voluto mettere un proprio alto ufficiale alla guida del Corpo, per avere “la propria Hezbollah”.

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