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E-mobility, a che punto è l’Italia con l’auto elettrica

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Le auto elettriche in circolazione nel mondo sono cresciute del 94% tra il 2005 e il 2016, superando i 2 milioni di unità, e del 72% in termini di nuove immatricolazioni. E’ un boom notevole anche se l’incidenza sul totale del parco auto circolante (0,24%) e sul totale delle nuove immatricolazioni (1,1%) è ancora molto bassa, tanto più che le stime prevedono una crescita futura ancora più dirompente: secondo ma l’Aie (Agenzia internazionale dell’energia) nel 2040 i veicoli elettrici (full electric o ibridi plug-in) saranno più del 50% delle nuove vendite. L’Italia riuscirà a ritagliarsi un ruolo importante nella nuova industria dell’auto a zero emissioni? Lo studio sulla mobilità elettricaeMobility Revolution realizzato da  The European House-Ambrosetti insieme a Enel e presentato al recente Forum Ambrosetti di Cernobbio porta alla luce tutti gli elementi di ritardo del nostro ma anche i punti di forza a livello industriale che potrebbero posizionarci in cima alla classifica.

DOVE SIAMO OGGI

Segnali di crescita in Italia non mancano: tra il 2005 e il 2016 le immatricolazioni di autoveicoli elettrici sono cresciute ad un tasso medio annuo composto del 41%, passando da poche decine di unità vendute a 2.200 nuove unità nel 2016 (0,12% delle nuove immatricolazioni); lo stock di autoveicoli elettrici o ibridi è aumentato in media del 30% nello stesso periodo. Inoltre, nel segmento delle biciclette elettriche l’incremento delle vendite è stato del 120% nel 2016 (124.400 unità vendute) rispetto a una contrazione del 2,6% delle vendite delle biciclette tradizionali. Anche nel corso dei primi cinque mesi del 2017, le immatricolazioni di ciclomotori e motocicli elettrici in Italia sono raddoppiate (+96%).

C’è un’intera filiera che può svilupparsi a partire da questi numeri e i cui pilastri sono l’industria che ruota intorno allo sviluppo del veicolo e quella dei player dell’energia e della rete infrastrutturale. Su questi macro-ambiti si inserisce trasversalmente il settore dei servizi Ict collegati – senza dimenticare il comparto che si occupa del riciclo dei materiali dell’autoveicolo e delle batterie elettriche. In Italia, considerando l’intero perimetro della e-mobility (autoveicoli, motocicli, autobus e veicoli commerciali), la filiera allargata ha un valore che lo studio Ambrosetti quantifica in circa 160.000 imprese coinvolte, oltre 820.000 occupati e un fatturato annuo di quasi 390 miliardi di euro.

I NOSTRI PUNTI DI FORZA

In ambito e-mobility, ci sono settori cui lo studio assegna all’Italia un livello di competenze già molto alto. Per esempio, nella componentistica l’Italia è il 2º Paese al mondo per saldo commerciale per i conduttori elettrici per tensioni maggiori di 80 V e 3° Paese al mondo per saldo commerciale per ingranaggi e ruote di frizione. Sono 2.000 le imprese italiane attive nella componentistica, con 38,8 miliardi di euro di fatturato e circa 20 miliardi di export (19% verso la Germania). Magneti Marelli è 30mo OEM al mondo e 13mo in Europa nel 2016.

L’Italia ha grandi competenze anche nell’ambito della progettazione della carrozzeria e design di interni; vanta inoltre eccellenze nella produzione di infrastrutture di ricarica (lo studio Ambrosetti cita Enel, Bitron, Ducati Energia, Energy Resources); ciò consentirà presto il lancio di un piano di sviluppo della rete infrastrutturale a livello nazionale anche se, in questo settore, la specializzazione nella ricerca e sviluppo su infrastrutture e sistemi di ricarica standard e veloce spetta a Giappone e Usa mentre il primato sulle sperimentazioni sulla ricarica induttiva è del Nord Europa.

L’Italia è all’avanguardia anche sulla rete elettrica, avendo avviato, nel 2001, il primo piano al mondo su scala nazionale di installazione massiva di contatori elettronici – la base della rete elettrica intelligente – e sta sviluppando progetti e collaborazioni industriali sullo sviluppo della smart grid e delle tecnologie Smart Charging e Vehicle-to-Grid anche a livello internazionale. Il Vehicle-to-Grid, in particolare, permette di utilizzare le batterie dei veicoli elettrici, privati e pubblici, quando questi sono fermi per immettere energia in rete, garantendo una migliore gestione dei picchi di domanda di energia elettrica.

Infine, sui servizi di mobilità, l’Italia vanta una tradizione nella produzione di veicoli leggeri elettrici, motocicli e biciclette elettriche; sta anche emergendo un tessuto di aziende innovative specializzate nello sviluppo di software, applicazioni e soluzioni tecnologiche per la gestione della mobilità.

COMPETENZE DA COSTRUIRE

L’Italia deve invece migliorare in altri settori oggi presidiati da aziende estere, sottolinea la ricerca. Per esempio, nei segmenti delle batterie e dei motori elettrici, la produzione è in mano principalmente a Cina, Giappone, Corea del Sud e Germania. In entrambi i settori vi possono essere interessanti opportunità di sviluppo per l’Italia (in particolare nel mercato del battery energy storage, per il quale si prevede nel 2020 un giro d’affari in Italia di 1,35 miliardi di euro) facendo leva sul know how detenuto nella produzione di inverter per l’automazione industriale e per la generazione di energia da fonti rinnovabili, che potrebbe essere trasferito e adattato al settore della mobilità elettrica. L’Italia deve premere l’acceleratore a partire dalle fasi di ricerca e sviluppo.

L’IMPATTO E LA QUOTA DI ITALIANITÀ

Lo studio Ambrosetti ha elaborato anche tre scenari (medio, alto e accelerato) in termini di diffusione, fatturato ed occupazione generati dalla mobilità elettrica: 0,5 milioni di autoveicoli elettrici “se non facciamo nulla”, ma in  uno scenario accelerato si può arrivare a 3 milioni di auto elettriche in circolazione nel 2025, con 30.000 colonnine e 100 punti di ricarica, per salire al 2030 a 9 milioni di autoveicoli elettrici, 45.000 colonnine e 200 punti di ricarica. In questo scenario ottimistico il fatturato attivabile in Italia lungo la filiera degli autoveicoli elettrici è di 100 miliardi di euro al 2025 e di 303 miliardi al 2030. Le scenario di sviluppo più lento si ferma a 24 miliardi e 68 miliardi rispettivamente.

Su tali valori lo studio Ambrosetti ha stimato anche la quota di “italianità”, cioè il fatturato che l’industria italiana può verosimilmente catturare sulla base delle proprie competenze e produzioni attuali, che si attesta tra 14 e 59 miliardi di euro al 2025 e tra 41 e 180 miliardi di euro al 2030. Toccherà a un mix di politiche sapienti del governo, iniziativa e investimenti delle imprese e risposta del mercato far sì che lo sviluppo futuro dell’e-mobility in Italia si avvicini alle cifre più lusinghiere ipotizzate dagli studiosi.


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