Quali sono le idee del Movimento 5 Stelle? E come sono cambiate, negli ultimi mesi? Sabato 23 settembre, a Rimini, Beppe Grillo ha incoronato Luigi Di Maio candidato premier e capo politico del partito. “Noi siamo stati argine all’astensione, abbiamo coinvolto le persone e le energie – ha scandito il neoeletto – Le abbiamo coinvolte in un progetto che mette insieme le persone di buon senso. Noi non siamo né di destra né di sinistra, noi portiamo avanti le buone idee. Noi non siamo chiamati a cambiare una forza politica, noi siamo chiamati a cambiare il Paese”.
Il M5S quindi intende portare avanti “le buone idee”. Cioè le idee riassunte nel programma di governo elaborato tramite la piattaforma Rousseau, dove gli attivisti hanno votato le priorità, suddivise in varie tematiche.
Da quanto si è visto, nel corso del tempo le idee del Movimento 5 Stelle sono cambiate, soprattutto sui temi economici, e l’esito delle consultazioni su Rousseau in alcuni casi è molto distante rispetto alle vecchie prese di posizione dei big del partito.
L’USCITA DALL’EURO
Il dietrofront più clamoroso dei grillini è senz’altro quello dell’uscita dall’euro. A fine 2014 Grillo affermava che l’Italia avrebbe dovuto “uscire dall’euro il prima possibile”. E quella proposta aveva avuto un seguito concreto, con la raccolta firme per indire un referendum che tuttora campeggia sul blog di Beppe Grillo. Ma sin dall’inizio una soluzione così drastica era sembrata molto scomoda. Soprattutto perché il M5S ha lavorato sempre di più per accreditarsi come forza di governo, infatti diversi big hanno iniziato ad ammorbidire la linea. E così per Carla Ruocco l’uscita dall’euro è diventato solo “il piano B” nell’ambito dei negoziati con l’Ue. Lo stesso referendum è stato messo in secondo piano da Di Maio, che già a luglio ha chiarito che “la questione non è euro sì o euro no, prima dobbiamo pretendere che il governo nelle sedi internazionali rappresenti gli italiani e i loro interessi”. Non a caso, l’uscita dalla moneta unica, nel programma uscito da Rousseau, non compare.
LA MONETA FISCALE
E non compare neanche la moneta fiscale, ovvero una possibile “scappatoia” per ottenere maggiore flessibilità e rilanciare l’economia. Qui però ci sono significative differenze rispetto al punto precedente. La moneta fiscale è stata sottoposta al voto su Rousseau ed è stata pure votata dagli attivisti grillini, che l’hanno indicata come terza priorità. Solo che poi è sparita dalle conclusioni sul programma, redatte a consultazioni chiuse, dove si propone soltanto “una revisione radicale dei trattati concordando soluzioni alternative all’euro”.
LA POLITICA ESTERA
Non è solo sulla politica monetaria che i grillini hanno dimostrato di cambiare idea. Anche in politica estera, e in particolare sui rapporti con la Nato, si sono viste alcune piroette. Manlio Di Stefano, accreditato come il potenziale Ministro degli esteri del Movimento, a gennaio ha dichiarato: “Da tempo la Nato sta giocando con le nostre vite. Vite che hanno già conosciuto due guerre mondiali e sanno cosa si provi ad essere un vaso di coccio tra due d’acciaio. Il M5S si oppone da sempre a questa immonda strategia della tensione e chiede, con una proposta di legge in discussione alla Camera, che la partecipazione italiana sia ridiscussa nei termini e sottoposta al giudizio degli italiani”. Eppure sulla Nato Luigi Di Maio, già nel 2016, si era mostrato molto più morbido, presentando alla Camera una risoluzione meno drastica di quella proposta dal suo partito al Senato. Quest’ultima invitava a “promuovere il progressivo disimpegno dei contingenti militari dalle varie missioni internazionali della NATO”.
E comunque, anche nel programma votato su Rousseau, il punto sulla riforma dell’Alleanza Atlantica è smussato. Il Movimento punta a “un’agenda per il disimpegno dall’Italia da tutte le missioni militari della Nato in aperto contrasto con la lettera e lo spirito dell’articolo 11 della Costituzione”.
I FINANZIAMENTI ALLE SCUOLA PARITARIE
C’è poi il capitolo sulle scuole paritarie. Nel primo post sul blog sulla stesura del programma, il 15 maggio, si parlava di “tutelare la gratuità delle scuole dell’obbligo e ridestinare alle scuole statali le risorse attualmente stanziate per quelle paritarie”. Dopodiché si era registrata la reazione dei vescovi su Avvenire, che aveva stimato il risparmio dello Stato derivato dai servizi forniti dalle paritarie (7 miliardi di euro l’anno, secondo Paolo Ferrario). Il quotidiano dei vescovi aveva poi riportato la posizione del sottosegretario all’istruzione Gabriele Toccafondi: “Per noi la libertà educativa è un elemento di primaria importanza, siamo orgogliosi delle azioni e delle risorse che questo governo ha messo in campo e non abbiamo bisogno di chiedere agli elettori o ai simpatizzanti se sono favorevoli alla libertà di scelta educativa”.
La rotta del M5s, poi, era stata raddrizzata – o quantomeno chiarita – sin quasi da subito. Nell’introduzione al post successivo sul blog di Beppe Grillo, si specificava che “il quesito non riguarda le scuole dell’infanzia perché per questa fascia d’età le scuole paritarie nella maggior parte suppliscono alla mancanza di quelle pubbliche statali e rappresentano una scelta obbligata per le famiglie”. Su Repubblica, il deputato grillino Gianluca Vacca aveva però escluso che si trattasse di un tentativo di andare incontro ai vescovi.