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Padre Gabriele Amorth, l’esorcismo e l’occultismo

padre amorth

Ho letto alcuni estratti (pubblicati oggi sul Corriere della Sera) del libro postumo di Padre Gabriele Amorth, il più celebre degli esorcisti (morto un anno fa). Lo leggerò con cura e senza pregiudizi. Il fenomeno delle possessioni diaboliche mi ha sempre incuriosito. Cultore dilettante della storia del Cinquecento quale sono, è infatti allora che il diavolo diventa il personaggio principale di tutta la controvertistica cattolica e riformata. È cioè allora che le parti contrapposte vedono negli avversari l’esercito di Satana da sconfiggere con ogni mezzo e l’Anticristo sarà, secondo le diverse prospettive teologiche, il Papa oppure Lutero. L’ossessione del peccato che vizia radicalmente la natura umana moltiplica il potere e l’onnipresenza del demonio.

Mai Satana è stato tanto presente come in questi tempi, scrive il teologo fiammingo Martino del Rio (1551-1608) verso la fine del sedicesimo secolo: Satana ha ovunque diffuso le pratiche magiche, gli oscuri riti del Sabba, questa lue che “si diffonde ogni giorno in largo e in lungo in tutta l’Europa”. La grande eco e le polemiche suscitate dalle possesse di Loudun, poi dalle religiose di Louviers, portarono nei decenni successivi a una progressiva revisione dei procedimenti giudiziari, alla scomparsa del delitto di stregoneria e delle streghe stesse, anche se alcuni roghi furono ancora accesi nella prima metà del Settecento. Peraltro molte perplessità erano state avanzate, già all’epoca di Michel de Montaigne (1533-1592) “sull’autenticità delle possessioni, sulle pratiche di esorcismo, sulla fondatezza dei processi” (Tullio Gregory, Principe di questo mondo. Il diavolo in Occidente, Laterza, 2013).

Mezzo millennio dopo, quella realtà sembra tornata in grande spolvero (eccezion fatta, beninteso, per falò e Santa Inquisizione). Infatti, Se da noi più di tre giovani su dieci sono disoccupati, a maghi, satanisti, santoni, fattucchieri il lavoro certo non manca. Al contrario, si espande a macchia d’olio. “Le possessioni diaboliche sono in aumento per colpa del ricorso frequente all’occultismo”, ha affermato tempo fa padre Francesco Bamonte, presidente dell’Associazione internazionale degli esorcisti. Premetto di non avere una specifica competenza in materia. Tuttavia, mi chiedo: o la venerazione del Maligno -nelle sue molteplici forme- è un fenomeno culturale dai risvolti psichiatrici (e talvolta criminali), e allora è così che andrebbe studiato e affrontato; oppure è la manifestazione di una più attiva intrusione del Diavolo nelle faccende umane, e allora c’è poco da stare allegri.

Lo dico senza nulla togliere all’importanza delle preghiere di liberazione dalla possessione diabolica di quel mezzo milione di italiani che, secondo l’Associazione degli psicologi cattolici, ogni anno si rivolge a un esorcista. Se invece qualcuno si rivolgesse a un logico, scoprirebbe che il Demonio -che è il Mentitore per eccellenza- non dice sempre il falso. Dante l’aveva intuito nel XXVII  canto dell’Inferno. L’episodio è noto. L’anima del frate Guido da Montefeltro viene contesa da San Francesco e dal Diavolo. Quest’ultimo ha la meglio perché si avvale del principio di non contraddizione. Guido aveva ucciso un uomo su mandato papale, ricevendo da Bonifacio VIII un’assoluzione preventiva per il suo delitto. Il problema è che -per essere valida- un’assoluzione richiede il pentimento del peccatore, mentre non si può essere sinceramente pentiti di un delitto che si deve (o si intende) comunque commettere. “Forse tu non pensavi ch’io loico fossi”, esclama trionfante Belzebù trascinando con sé l’anima di Guido. Come dargli torto?


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