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Ecco perché sono sbagliati alcuni commenti su Amoris Laetitia. Parola di Papa Francesco

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Una disputa che prosegue dal 2016, quella sull’Amoris Laetitia, con la firma dei “Dubia” dei quattro cardinali e giunta fino alla “correzione filiale” consegnata nelle mani del Papa lo scorso 11 agosto, resa nota allo scoccare dello scorso sabato. E che faceva perno sulla mancata risposta da parte di Bergoglio, uno sbandierato silenzio che scaldava gli animi e irrigidiva le parti, o almeno così sembrava trasparire. Fino a che si è scoperto che Francesco, in realtà, una risposta l’ha data. O meglio, l’aveva già data alcune settimane fa, in un colloquio privato tenutosi con sessantacinque fratelli gesuiti di Cartagena durante il suo viaggio in Colombia, al termine della visita nel santuario di San Pedro Claver, ma che è stato reso pubblico soltanto in questi giorni, quando è apparso (qui) nell’edizione on-line della rivista La Civiltà Cattolica.

LA RISPOSTA DEL PAPA: “PER CAPIRE L’AMORIS LAETITIA BISOGNA LEGGERLA TUTTA, E GUARDARE AL SINODO”

Una replica indiretta, che non fa nomi, ma che tocca certamente il punto della questione. E lo fa, è ciò che ha detto il pontefice, per “giustizia, e anche per carità”: “Sento molti commenti – rispettabili, perché detti da figli di Dio, ma sbagliati – sull’Esortazione apostolica post-sinodale. Per capire l’Amoris laetitia bisogna leggerla da cima a fondo. A cominciare dal primo capitolo, per continuare col secondo e così via… e riflettere. E leggere che cosa si è detto nel Sinodo”. Il riferimento è cioè al percorso sinodale che nel 2015 ha portato al testo conclusivo dell’esortazione, condiviso dai rappresentanti di tutte le diocesi mondiali, non senza difficoltà, ma dove si raggiunse un “compromesso” votato da tutti. Anche dagli episcopati più refrattari, in particolar modo quelli nordeuropei. Lo stesso riferimento alle vicende del Sinodo era arrivato nei giorni scorsi da chi è accorso in “difesa” del pontefice, come l’arcivescovo Bruno Forte, il monsignore Giuseppe Lorizio o il quotidiano della Cei Avvenire (qui l’articolo di Formiche.net).

LA CITAZIONE DEL CARD. SCHÖNBORN, L’AUTORE DEL “COMPROMESSO” SINODALE

“Alcuni sostengono che sotto l’Amoris laetitia non c’è una morale cattolica o, quantomeno, non è una morale sicura”, ha aggiunto Francesco. “Su questo voglio ribadire con chiarezza che la morale dell’Amoris laetitia è tomista, quella del grande Tommaso. Potete parlarne con un grande teologo, tra i migliori di oggi e tra i più maturi, il cardinal Schönborn”. L’arcivescovo di Vienna e presidente della Conferenza episcopale austriaca Christoph Schönborn è infatti colui che presentò l’esortazione in Vaticano, citato anche altre volte da Francesco nelle interviste concesse in aereo durante i suoi viaggi papali, percepite come uno “schiaffo” al cardinale Gerhard Müller e rivendicate come tali da diversi commentatori in seguito al suo “licenziamento” dalla congregazione per la Dottrina della fede. Il cardinale, domenicano come san Tommaso d’Aquino. fu anche colui che smussò le resistenze del Sinodo realizzando il cosiddetto “compromesso”, il punto cioè d’incontro tra conservatori e progressisti, come ha ricordato Gian Guido Vecchi sul Corriere della Sera.

“AIUTATE CHI CREDE LA MORALE NON E PURA CASISTICA”, HA CHIESTO FRANCESCO IN COLOMBIA AI GESUITI

“Questo voglio dirlo perché aiutiate le persone che credono che la morale sia pura casistica. Aiutatele a rendersi conto che il grande Tommaso possiede una grandissima ricchezza, capace ancora oggi di ispirarci. Ma in ginocchio, sempre in ginocchio…”. Già durante l’assemblea del 2015 il punto d’intralcio tra le parti era sempre la questione della comunione ai divorziati risposati, evidentemente mai andata del tutto giù al fronte dei conservatori, che oggi, a meno di un anno di distanza, rivendicano l’idea che questa abbia creato difficoltà nei rapporti tra i sacerdoti degli episcopati locali e le richieste dei fedeli. Le conclusioni dell’Amoris Laetita invitano infatti a valutare caso per caso, specialmente nei casi di chi ad esempio si trova inserito in una “situazione oggettiva di peccato”, ma senza esserne “soggettivamente colpevole, o che non lo sia in modo pieno”. Anzi, come nota ancora il giornalista del Corriere, nel testo viene aggiunto che “in certi casi potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti” ad aiutare la persona a vivere la grazia di Dio. Che è il compito a cui si trova chiamata a dare attuazione la Chiesa stessa.

L’INTERVENTO DI PAROLIN: “SU QUESTE COSE BISOGNA CERCARE DI CAPIRSI. È IMPORTANTE DIALOGARE”

La risposta quindi del pontefice ai redattori della lettera di “correzione filiale”, e probabilmente anche ai “Dubia” dei quattro cardinali sull’Amoris Laetitia, stavolta è entrata, in modo pieno, nel merito. Ma se non bastasse, ad esprimersi proprio sulla vicenda particolare è stato, nella giornata di giovedì 28 settembre, il segretario di stato della Santa Sede, il card. Pietro Parolin. “E’ importante dialogare anche all’interno della Chiesa”, ha detto Parolin rispondendo a una domanda dei giornalisti sulle accuse di “eresia” al Papa, a margine di una conferenza di Aiuto alla Chiesa che Soffre sui cristiani iracheni: “Le persone che non sono d’accordo esprimono il loro dissenso, ma su queste cose si deve ragionare, cercare di capirsi”. Durante il colloquio colombiano con i fratelli gesuiti Bergoglio poi, nelle varie risposte, ha aggiunto una considerazione che a suo dire lo “interessa molto”, relativa al suo viaggio. “Quello che ho avvertito e che mi ha toccato di più è la spontaneità. Il popolo di Dio non ha posto limiti alla sua espressione calorosa. Se ci si mettesse a fare studi di interpretazione, si potrebbero trovare mille modi per interpretare questo fatto”, ma “la cultura propria di quelle diverse parti del popolo di Dio”, “si esprimeva, in tutta libertà, lodando Dio”.

LA SPIEGAZIONE DI FRANCESCO DEL CONCETTO DI “POPOLO”: “LA GRAZIA DI DIO NON È UN’IDEOLOGIA, MA UN ABBRACCIO”

Mentre “purtroppo, a volte noi abbiamo la tentazione di fare evangelizzazione per il popolo, verso il popolo, ma senza il popolo di Dio”. Che “non è una categoria logica” ma “mitica”, la cui comprensione richiede di “starci immersi”, e “accompagnarlo dall’interno”: “Non è ideologica: è vitale, è viva”. Come anche “la grazia di Dio che si manifesta nella vita del popolo non è una ideologia”: “è un abbraccio, è qualcosa di più grande”. Perciò, ha concluso Francesco, la riflessione filosofica e teologica non deve essere qualcosa “di laboratorio”: “Abbiamo visto che danno ha finito col fare la grande e brillante scolastica di Tommaso quando è andata decadendo, decadendo, decadendo: è diventata una scolastica da manuale, senza vita, mera idea, e si è tradotta in una proposta pastorale casuistica”.

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