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Tutte le fake news sulle pensioni

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In questa Italia “da basso impero”, le fake news si sprecano, sugli argomenti più disparati. A me, oggi, interessano quelle sulle pensioni, su tutte le pensioni. Non c’è giorno in cui, anche durante questa estate, i media non abbiano scritto o parlato di pensioni, spesso distorcendo la realtà.

Un esempio su tutti. Da venerdì 8 settembre (“seduto in quel caffè…”) giornali e Tv ci hanno largamente offerto la notizia che Giuliano Poletti avrebbe dichiarato che “dal 2019 cambia il sistema di rivalutazione delle pensioni…”.

A prendere l’impegno davanti alla solita triplice (tutti gli altri non sono degni del “verbo”) è stato il ministro del Lavoro Poletti. Costui, al tavolo dedicato alla “fase 2 della previdenza” avrebbe affermato testualmente: “È sostanzialmente confermato l’impegno a riportare in vigore il meccanismo Prodi (anno 2000)” che, rispetto all’inflazione, rivaluta:

-al 100% le pensioni fino a 1505 euro lordi/mese (3 volte il minimo Inps, 501,89 per il 2017)
-al 90% quelle tra i 1506 ed i 2500 euro (da 3 a 5 volte il minimo Inps)
-al 75% quelle oltre 5 volte il minimo Inps (2501 in su).

Tutto ciò avverrebbe in base ad un calcolo basato sugli “scaglioni” (come per le aliquote Irpef), per cui il ricalcolo avviene solo per la parte che eccede i vari scaglioni.

Oggi, invece – come conseguenza della riforma Fornero e delle scelte dei governi Letta-Renzi-Gentiloni – c’è un sistema basato sulle fasce, che adeguava al 100% solo le pensioni fino a 1500 euro e “poco” quelle fino a 6 volte il minimo Inps e “nulla” quelle superiori.

Le ricordiamo, per i distratti. Oggi la rivalutazione delle fasce superiori a 5 volte il minimo Inps è pari al 50% (tra 5 e 6 volte) ed al 45% (per gli importi superiori).
Tutti contenti? No. Si viaggia tra fantasia e fake news.

Fantasia, perché con questi “annunci” Poletti e C. sembrano voler suggerire alla Corte costituzionale (che si pronuncerà sul tema il 24 Ottobre pv) che – tutto sommato – può essere “morbida” nel giudizio, perché la mancata rivalutazione pensionistica “piena” (anni 2011-2018) è destinata a finire nel 2019. Quindi, “chi ha avuto ha avuto, e la crisi economica del Paese ha giustificato le scelte fatte, in tema di diritti lesi…”.

Fake news, perché – se si ritornasse alla legge 388/2000 – qualcuno ci rimetterebbe e qualcuno sarebbe avvantaggiato.

Chi ci rimetterebbe? La fascia da 3 a 4 volte il minimo Inps (oggi rivalutata al 95%). Chi ci guadagnerebbe ? La fascia da 4-5 volte il Mininps (ora rivalutate al 75%), quella da 5 a 6 volte (ora rivalutate al 50%) e tutte le fasce superiori a 6 volte il minimo INPS (oggi rivalutate al 45%).

Ma il maggior “recupero” avverrebbe per tutte le fasce superiori a 1505 euro lordi/mese, perché verrebbe salvaguardata per esse (ipotesi Poletti?) la rivalutazione del primo pezzo di pensione (o-1503 euro) per la quale si tornerebbe ad una rivalutazione piena anche su questa fascia.

Ulteriore fake new: “Il governo starebbe pensando ad un recupero parziale del danno fatto, una specie di una tantum del montante ” (L’Arena, 9/09/17, pag. 2, articolo non firmato).

RIFLESSIONI IN LIBERTÀ

I pensionati, danneggiati dai governi citati, attendono fatti e non promesse.

1)Le promesse di Poletti implicano un intervento governativo, con una chiara fuoriuscita di risorse. Difficile, date le cifre che verranno impiegate nella finanziaria dei prossimi mesi.
2) Un governo populista come quello attuale potrà mai varare una norma pensionistica “normale” a tutela delle pensioni Inps più elevate? Sarebbe cosa “giusta e doverosa” in un Paese normale. Ma non in Italia, dove – per troppi anni- si sono trattate le pensioni come un bankomat per “salvare i conti”, con l’aiuto di sentenze “distoniche” della Corte Costituzionale, sul tema.
3) Un governo normale avrebbe varato una legge di un solo articolo. Quella che – da noi chiesta da anni- separi la assistenza (a carico dello stato) dalla previdenza (finanziata e garantita dai contributi versati), facendo così, una volta per tutte, chiarezza nel bilancio Inps. Quella chiarezza che Boeri non vuol fare.
4) Un governo normale ed un partito normale non consentirebbero mai ad un parlamentare (Mazziotti) di presentare una proposta legislativa di modifica dell’articolo 38 della Costituzione,
condizionando regole/erogazioni/costi previdenziali alle necessità economiche del Paese, soprattutto alle spese assistenziali. Alla faccia del buon senso e dell’articolo 3 della Costituzione.
5) Dal 2000 in poi, nessun governo ha fatto chiarezza sui costi reali delle spese assistenziali, varate ” a gogo” e mai finanziate in modo corretto; nessun governo ha varato un controllo approfondito dei milioni di disabili italiani (quanti “veri” e quanti “falsi” ? ) e delle spese relative.

Insomma, da 20 anni a questa parte i pensionati “veri” aspettano fatti e non fake-news. Fatti e non promesse, in pieno clima elettorale (siciliano e nazionale).
Senza fatti, la protesta dei pensionati si allargherà…
Ad maiora !

Stefano Biasioli
Past-President CONFEDIR

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