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Perché l’Italia non deve temporeggiare sulle smart city

Parlarne non è sufficiente, occorre realmente mettere mano a un piano nazionale che consenta di passare dalle parole ai fatti. Perché le smart city sono fondamentali per intercettare i bisogni di oggi e di domani dei cittadini e far crescere la nostra economia, a patto però che si faccia sul serio. E’ questo il messaggio che è emerso ieri alla Camera dei Deputati nel corso del dibattito dal titolo “Towards I-Cities. Favorire la Next Production Revolution partendo dalle città: come costruire un’agenda nazionale di policy“, organizzato dall’Associazione Amerigo e dalla Luiss Guido Carli.

Nel corso dell’iniziativa è stato fatto il punto della situazione su ciò che si sta muovendo in Italia (e non solo) su questo fronte. Partendo da un presupposto di base: il ruolo sempre più determinante che le città saranno chiamate a svolgere da qui in futuro. “Questo fenomeno di crescente urbanizzazione rende i centri urbani il luogo ideale per promuovere politiche innovative: è qui che si concentrano le imprese e i lavoratori“, ha osservato in apertura il presidente di Amerigo Vito Cozzoli (nella foto). Il quale ha poi messo immediatamente in evidenza i limiti dell’esperienza italiana: la frammentazione delle competenze, lo scarso coordinamento degli strumenti finanziari e quella tendenza a promuovere programmi anche ambiziosi ma ad abbandonarli poi con eccessiva facilità per usare un efemismo.

Lettura confermata pure dal sindaco di Chieti e vicepresidente dell’Anci – l’associazione che rappresenta i comuni italiani – Umberto Di Primio. “C’è troppa frammentazione“, ha sottolineato il primo cittadino del capoluogo di provincia abruzzese per il quale, invece, a proposito di smart city c’è bisogno di una programmazione condivisa, resa però assai complessa dall’elevatissimo numero di comuni esistenti nel nostro Paese. Di problematiche, comunque, – a detta di Di Primio – ce ne sono anche altre: in particolare la pubblica amministrazione, oggi in grande difficoltà nel favorire e promuovere politiche realmente innovative. “C’è un tema di anzianità anagrafica di chi lavora nella p.a.” – ha detto il sindaco di Chieti – ma pure di professionalità“. Nel senso che troppi dipendenti pubblici non hanno compiuto in questi anni il necessario percorso di formazione che gli consentirebbe oggi di essere al passo con i tempi. E con le tecnologie e i processi che nel frattempo sono stati creati.

Città che devono diventare più intelligenti, infrastrutturate, inclusive e innovative“, ha affermato il vicepresidente di Amerigo Andrea Gumina. Anche, ovviamente, grazie al contributo delle imprese, chiamate a fornire soluzioni sempre più efficienti alla politica. La quale, dal canto suo, deve però muoversi concretamente e avvalersene. A tal proposito l’amministratore delegato di A2A, Valerio Camerano, ha ricordato durante il convegno la sperimentazione in corso nel quartiere di Porta Romana, a Milano e sottolineato come parlare di smart city voglia dire, di fatto, parlare “di vivibilità delle nostre città“. Ad esempio – ha evidenziato – il 30% del tempo delle persone che usano l’automobile se ne va nella ricerca del parcheggio. Ma con una città intelligente sarebbe possibile attivare sensori per segnalare agli automobilisti dove si trovano i posti liberi in prossimità dell’indirizzo da raggiungere. “Ci vogliono sensibilità e visione politica in tal senso“, ha concluso Camerano: “Non solo da parte della politica nazionale ma anche a livello cittadino“.

Concetti analoghi li ha espressi pure il ceo di Cisco Italia, Agostino Santoni, che ha ricordato il progetto avviato dalla sua compagnia – dopo l’esperienza di Expo 2015 – per favorire la digitalizzazione di alcune zone d’Italia, tra cui il Friuli Venezia Giulia e il porto di Trieste. Ma il tema rimane sempre lo stesso: “Influenzare i policy maker affinché si rendano conto dell’importanza di procedere spediti su questa strada“.

E che qualcosa si sia inceppato nel nostro Paese a questo proposito, lo ha confermato pure il sottosegretario alle Infrastrutture Antonio Gentile, titolare pure della delega alle smart city. “Dobbiamo insistere perché si tratta di un settore fondamentale“, ha dichiarato sottolineando come le risorse attualmente a dispoosizione in tal senso ammontino appena a 200 milioni. “Mi sto battendo perché ne vengano stanziate delle altre“, ha continuato. L’obiettivo – ha concluso – è che l’Italia possa ospitare l’Agenzia europea per le smart city di prossima apertura (almeno stando ai rumors di Bruxelles): “Ma per riuscirci sono necessarie le risorse, oltreché una ferma volontà politica“.

Al dibattito – moderato da Enrico Cisnetto – sono anche intervenuti il ministro consigliere per gli Affari pubblici dell’ambasciata Usa in Italia Gloria Berbena e l’amministratore delegato di Huawei Italia Edward Chan.

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