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Trump, i democratici e le 2 versioni sui Dreamers

Nella serata di mercoledì i leader della minoranza democratica al Congresso – tra cui, per il Senato Chuck Schumer, per la Camera Nancy Pelosi – hanno avuto una cena di lavoro con il presidente Donald Trump. Dall’incontro, che si è svolto alla Casa Bianca, sono uscite due versioni.

C’È UN ACCORDO TRA TRUMP E I DEM SU DREAMERS E IMMIGRAZIONE?

La prima, quella che ha riempito le breaking news dei siti americani, è stata: si è arrivati a un accordo per normare i cosiddetti Dreamers, gli immigrati arrivati negli Stati Uniti da bambini su cui da anni si cerca una via legislativa per stabilizzare la loro clandestinità e su cui Trump pochi giorni fa ha applicato una decisione controversa – e su cui pare sia stato molto combattuto – che abolisce il DACA, un decreto costruito da Barack Obama (che con un ordine esecutivo nel 2012 sbloccò l’empasse congressuale). La mossa di Trump lascia sei mesi di tempo (il 5 marzo del 2018 il DACA andava rinnovato, come tutti gli executive order ogni due anni) ai legislatori per decidere, prima di abbandonare i Dreamers: ossia prima di rendere la loro posizione definitivamente sotto l’etichetta “clandestini”, dunque revocando l’immunità sulle espulsioni che il DACA garantiva. Questa prima versione sull’intesa Schumer-Pelosi/Trump è stata diffusa dai due democratici, e riguarda anche altri aspetti relativi l’immigrazione (per esempio più finanziamenti ai Boarder Patrol) su cui ci sarebbero linee di collaborazione tra la Casa Bianca, espressione dei Repubblicani, e i Dem. Non sul Muro col Messico: la questione è considerata molto estrema, e ovviamente non oggetto, almeno al momento, di negoziazione tra le due parti politiche.

LA VERSIONE DELLA CASA BIANCA

La seconda versione esce invece dalla Casa Bianca, che con un comunicato dice che i tre hanno avuto “un cena di lavoro”, che l’incontro è stato “molto produttivo”, sulla linea di trovare una partecipazione dell’opposizione all’azione di governo. In questi giorni Trump ha insistito su questo aspetto bipartisan del suo operato, anche perché al Congresso deve passare la riforma fiscale e sa che i voti del suo partito non sono per niente al sicuro. Inoltre, la scorsa settimana il presidente ha chiuso sempre con i due leader democratici un altro accordo, sul tetto del debito (e non è piaciuto a suoi colleghi repubblicani), e anche per sostenere la sua linea tra lo zoccolo duro del suo elettorato (che detesta i Dem) diffonde messaggi come quello affidato alla sua portavoce in conferenza stampa: “Questo presidente ha fatto di più per la bipartisanship negli ultimi 8 giorni di quanto Obama ha fatto negli ultimi 8 anni”, è il commento ufficiale sulla cena da parte di Sarah Huckabee, che ha sottolineato pure che l’accordo non è ancora del tutto definito, e potrebbero rientrarci anche i soldi per il muro con il Messico. Costruire il Muro è il più grosso simbolo della presidenza Trump. È su questi simboli che gli elettori lo hanno scelto, dunque chiudere un accordo sull’immigrazione con i democratici escludendo il finanziamento per l’opera politica al confine col Messico è rischioso, perché potrebbe far innervosire la base che ancora lo sostiene.

TRUMP E IL PARTITO

Allo stesso tempo però Trump vive una fase di fuoco col partito: la portavoce Huckabee ha detto per esempio che la partecipazione alla cena di mercoledì di Paul Ryan e Mitch McConnell – speaker della Camera e top leader dei repubblicani al Senato, i capi del partito – non era necessaria, perché il presidente è il capo del partito. Da tempo McConnell soprattutto è oggetto di minacce, accuse, polemiche da parte di Trump: il senatore del Kentucky è l’espressione granitica, secondo Trump e i Trumpers, dell’establishment politico di Washington, quello contro cui lui vuole combattere, secondo una strategia populista proficuo studiata dal fidatissimo collaboratore Steve Bannon. Muovere azioni politiche e provocazioni contro McConnell – l’accordo con i Dem è una di queste – serve sia a mantenere il feeling con la base elettorale, sia a stuzzicare il partito. Ci sono in ballo le elezioni di mid-term, e Trump vuole fare in modo che l’elettorato repubblicano si sposti più verso i suoi contenders, e molli i notabili da rieleggere come McConnell. Nel frattempo, mentre le notizie del possibile accordo riempivano i notiziari, Trump da Twitter lanciava invettive contro l’ex rivale Hillary Clinton, che in questi giorni sta tornando alle cronache perché è in uscito il libro in cui racconta la sua versione su come ha perso le elezioni. Come a dire: posso fare mosse bipartisan, ma sono sempre io.

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