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Trump, il Qatar e il ruolo del Kuwait. Perché i Paesi del Golfo sbuffano

Dopo il fallimento della mediazione del Segretario di Stato Rex Tillerson in luglio, Donald Trump torna ad occuparsi di crisi del Golfo e sceglie il sovrano del Kuwait, lo sceicco Sabah Al Ahmad Al Sabah, come interlocutore per riappacificare il Qatar con gli Stati limitrofi. Invitato a parlare a Washington DC questo giovedì, l’emiro ha commemorato “il grande ruolo che gli USA hanno ricoperto quando hanno assunto la leadership della coalizione internazionale per liberare il mio paese dall’invasione delle truppe irachene” per poi affrontare il problema del Qatar. Rispondendo alle paure del popolo qatarino di un attacco militare, lo sceicco ha rivendicato: “Ciò che è importante è che abbiamo stoppato qualsiasi azione militare”.

Una frase che non è piaciuta affatto ai Paesi della coalizione anti-Qatar, formata da Bahrein, Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, che questo venerdì mattina hanno pubblicato un comunicato congiunto chiarendo innanzitutto che “l’opzione militare non è stata e non sarà usata in alcuna circostanza”, ma esprimendo anche contrarietà verso le parole dell’emiro, ritenute troppo permissive verso il Qatar, paese che la coalizione del Golfo ha isolato da giugno con l’accusa di finanziare il terrorismo jihadista.

I quattro Stati avevano sottoposto all’inizio dell’estate 13 condizioni al Qatar per poter riprendere i rapporti diplomatici e stoppare l’embargo. Fra queste alcune più scontate, come tagliare i contatti con i terroristi, cessare di concedere la cittadinanza agli abitanti degli Stati limitrofi e in generale qualsiasi interferenza negli affari degli altri 4 Stati. Le altre invece difficilmente avrebbero trovato approvazione, come chiudere l’emittente qatarina Al Jaazera, tagliare i rapporti con l’Iran, nemico giurato dei sauditi che il 24 agosto ha riaperto le relazioni diplomatiche con il Qatar, e soprattutto dimezzare la presenza di contingenti turchi sul territorio.

Davanti alla lista delle richieste, il ministro degli Esteri del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani (nella foto), ha chiarito che un’eventuale trattativa sarebbe iniziata esclusivamente “senza condizioni”. In risposta i leader della coalizione mugugnano contro la morbidezza dei toni del Kuwait, scrivendo che “qualsiasi dialogo per venire incontro alle loro richieste non dovrebbe esser preceduto da alcuna precondizione”.

Il presidente Trump ha lodato il ruolo del Kuwait nella mediazione, dicendosi sicuro che la crisi “è qualcosa che verrà risolta piuttosto facilmente”. Secondo il Tycoon le relazioni fra gli Stati Uniti e il Kuwait non sono mai state così ottimali, tanto che ha annunciato la conclusione di due importanti accordi che “creeranno molti, moltissimi lavori per la forza lavoro americana”. Il primo consiste nella firma di un accordo da 5 miliardi di dollari per la vendita al Kuwait di jet da combattimento americani F/A-18 Super Hornet. Il secondo invece riguarda l’aviazione civile: “quest’anno il Kuwait ha preso in consegna 10 aeroplani americani Boeing 777. Sono una bellezza”.

Nel pomeriggio di giovedì alla conferenza stampa con lo sceicco Al Sabah è seguito un colloquio telefonico fra il presidente Trump e l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al Thani. Secondo la Casa Bianca, Trump “ha sottolineato l’importanza di tutti i paesi di seguire gli impegni presi nel summit di Riyhad per mantenere l’unità e sconfiggere il terrorismo”, ma i due avrebbero anche discusso della “continua minaccia che l’Iran pone alla stabilità della regione”.

La chiamata giunge al termine di un periodo di relativa distensione fra Washington e Doha, a tre mesi dalle sfuriate di Trump su Twitter agli inizi di giugno. Un passo decisivo in questa direzione è stato fatto ieri dall’emiro Al Thani, che ha annunciato di voler stanziare 30 milioni di dollari per lo Stato del Texas con lo scopo di ricostruire le comunità abbattute dall’uragano Harvey. Il finanziamento, che sarà erogato al governatore Greg Abbot tramite un fondo appositamente creato, il Qatar Harvey Fund, è la più grande donazione di un singolo Stato per aiutare gli abitanti colpiti dall’uragano. Non è forse un caso che superi abbondantemente un’altra donazione annunciata sempre giovedì, quella degli Emirati Arabi Uniti, che invece ammonta a 10 milioni di dollari.


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