Nelle scorse settimane Donald Trump ha annunciato che manderà più truppe in Afghanistan, effetto della nuova strategia degli Stati Uniti nella regione, senza però fornire ulteriori dettagli. Nonostante il suo istinto gli suggerisse di ritirarsi, ha spiegato Trump annunciando la decisione, questo finirebbe con il creare un vuoto che verrebbe riempito dai gruppi terroristi. Da qui la motivazione della scelta: niente più nation building, ma esclusivamente lotta al fondamentalismo, guidata dai generali militari.
COSA PENSA IL PAPA DELL’INTERVENTO DI TRUMP IN AFGHANISTAN?
Il Vaticano da tempo ha criticato l’impegno americano in Iraq, ma in questo caso “la risposta all’intervento degli Stati Uniti in Afghanistan può considerarsi molto più sfumata”, ha scritto la rivista cattolica americana Crux. Perciò, ha proseguito il giornalista Christopher White, sarebbe legittimo domandarsi: “Cosa ne pensa il Papa?”. D’altronde tutti hanno ben presenti le immagini dell’incontro fra Trump e Bergoglio, con il primo del tutto sorridente alle luci dei flash e il secondo un po’ meno. Soltanto poche settimane prima Francesco si era detto indignato per l’iniziativa di Washington di sganciare la “super-bomba” Moab, la “madre di tutte le bombe”, soffermandosi sulla terminologia: “Mi sono vergognato quando ho sentito la notizia. La madre dà vita e questa dà morte”, aveva detto.
LA CONDANNA DI BERGOGLIO AGLI ATTACCHI TERRORISTICI
Per il professore di scienze politiche a Notre Dame Daniel Philpott basterebbe mettere insieme i temi del pontificato di Francesco , il “Papa della pace”, per non avere molti dubbi. Ma nonostante “l’uso della sua piattaforma come catalizzatore della pace”, ha proseguito il professore, “Francesco ha regolarmente risposto all’attività terroristica in tutto il mondo”, “condannandolo molte volte”, e lasciando la possibilità di “una giusta risposta armata al terrorismo”. Bergoglio infatti in passato ha condannato più volte gli attacchi dell’Isis in Afghanistan, come nel caso della strage di Kabul del maggio scorso che provocò 80 morti. Un “ripugnante attentato”, lo definì il cardinale Parolin parlando a nome del Papa.
LA GUERRA CHE PROSEGUE DALL’ATTACCO ALLE TORRI GEMELLE
Nel Paese è ormai dal 2001 che si combatte, precisamente dall’attentato alle Twin Towers, e le morti americane si attestano sulle 2.400. Ma tutt’ora a Washington regna incertezza sulla strategia da adottare. Trump ha ammesso il passo indietro rispetto alla campagna elettorale e ora si attende il nuovo piano: si parla di un incremento delle truppe di 4-5 mila unità, da aggiungersi alle 8.400 già presenti, ma anche della tentazione del disimpegno, oltre a quella di una privatizzazione del conflitto, come scrive Marco Orioles su Formiche.net.
QUAL È IL SIGNIFICATO DEL SILENZIO IN VATICANO?
Alla luce di ciò, il silenzio del Vaticano potrebbe anche significare semplicemente prudenza. “È dal papato di Giovanni XXIII che la Chiesa si è allontana da qualsiasi definizione di guerra”, ha sostenuto il ricercatore della CUA Stephen Schneck: “E se non di qualsiasi guerra, si va in quella direzione”. Perciò “non solo le politiche di Trump, ma anche quelle di Obama e George W. Bush sono fuori dal pensiero della Chiesa cattolica”, fintanto che “la minaccia non è certa e immediata, tale da giustificare una risposta preventiva”, e anche se “questi moderni conflitti sono difficili da far rientrare nei concetti tradizionali”.
LE ARMI PACIFICHE DI FRANCESCO E LE DIVERSE IDEE DEL PROF. (E PADRE) HEHIR
Dialogo, diplomazia, multilateralismo: sono queste, viste anche le ripetute condanne ai “signori della guerra”, le uniche armi che Francesco vuole. “Non facili però al momento attuale in Afghanistan”, ha ribattuto padre Bryan Hehir, docente alla Harvard Kennedy School. “Se si pensa all’appello che i talebani, il Daesh e Al-Qaeda hanno lanciato ai cittadini dell’Afghanistan, la risposta migliore dell’America sarebbe impegnarsi in qualcosa di simile al nation building“, ha poi affermato. Ma tutti i tre Papi che si sono succeduti dall’inizio del conflitto in Afghanistan hanno sempre “elevato la pace e condannato la violenza”, ha invece rimarcato Philpott.
L’IMPEGNO DEI GESUITI AMERICANI PER IL PACIFISMO
Dopo il 2001 il dibattito si orientò tra la possibilità di scegliere la pax americana o la pax Christi, con Bush che, annunciando il bombardamento dell’Afghanistan, affermava: “Siamo una nazione pacifica!”. Da allora i gesuiti americani hanno costruita una rete di scuole e università impegnate nel movimento pacifista, attraverso la fondazione delle Ignatian Family Teach-In, con programmi estesi “dalla lotta alla pena di morte, al problema della fame e al conflitto israelo-palestinese”.
LE DICHIARAZIONI NEL 2011 DEL VESCOVO DI PADOVA SULL’ALPINO CADUTO IN GUERRA
Nel 2011 avevano suscitato forti clamori le dichiarazioni dell’attuale vescovo emerito di Padova, Monsignor Antonio Mattiazzo, che rispetto alla morte di Matteo Miotto, alpino italiano ucciso in Afghanistan, si disse “non d’accordo con una certa esaltazione retorica”, invitando a non fare dei soldati “degli eroi”. Al contrario monsignor Vincenzo Pelvi, che ne celebrò il funerale dinanzi alla famiglia, durante l’omelia disse: “Molti chiedono perché ci ostiniamo ad esporci in terre così pericolose. Ma allora non si potrebbe rimproverare anche a Gesù di avere cercato la morte, affrontando deliberatamente coloro che avevano il potere di condannarlo? Perché non fuggire?”.
LA GUERRA MONDIALE A PEZZI E LE SUORE IN AFGHANISTAN
Oggi Francesco parla di “guerra mondiale a pezzi”, implicando un senso di responsabilità condiviso da tutti, partendo dalle coscienze dei singoli, di fronte a conflitti, come in Afghanistan, in cui le principali vittime sono civili e bambini. Ad aprile il Papa, durante un’udienza a San Pietro, manifestò vicinanza ai familiari dei militari caduti in missione di pace, e durante la sua visita a Milano, nell’incontro con i fedeli in Duomo, espresse la sua gioia per “le ultime due suore che hanno lasciato l’Afghanistan”.