All’indomani di un durissimo scambio di battute con il presidente Trump, il senatore del Tennessee Bob Corker è intervenuto al CSIS di Washington DC. Il repubblicano a capo del Foreign Relations Committee del Senato ha partecipato a una discussione con Heather A. Conley, direttore del programma sull’Europa del CSIS, sul tema del contrasto alla povertà e alle nuove forme di schiavitù a livello globale.
A poche ore dalle dichiarazioni pubbliche con cui il senatore repubblicano aveva accusato Trump di “corrompere il Paese con le sue falsità, gli insulti e i tentativi di bullismo”, Corker ha ribadito dal palco del CSIS la sua convinzione di voler preservare la democrazia nelle istituzioni americane e il suo impegno per una leadership degli States nelle relazioni con la comunità internazionale sui temi della povertà e della schiavitù, ponendosi in rottura con la linea nazionalista di Trump.
Le dichiarazioni di Corker verso la presidenza, rafforzate da un intervento altrettanto duro del repubblicano Jeff Flake, hanno aperto una vera e propria faglia interna al partito e stanno portando ad una guerra di posizione che in queste ore logora i repubblicani.
Nella giornata di ieri, Flake ha affermato che “non sarà più complice silenzioso verso il comportamento sconsiderato, oltraggioso e indegno di Trump”. Le sue parole, unite alle accuse di Corker, mettono in luce un clima di tensione e frammentazione interna al partito e aprono la strada a nuovi possibili attacchi verso Trump, indebolito mediaticamente nelle stesse ore dall’eco mediatica delle investigazioni sul “Russiagate”.
Le dichiarazioni di Corker hanno, poi, un peso notevole soprattutto a livello internazionale: il senatore del Tennessee, in qualità di chairman del Foreign Relations Committee, riveste un incarico di prestigio nelle relazioni degli Stati Uniti con la comunità internazionale e nel sistema di pesi e contrappesi tra l’amministrazione e il Congresso.
Rispondendo alle domande della stampa a conclusione del suo intervento al CSIS, Corker ha affermato che intende “portare avanti gli sforzi per una maggiore democrazia e continuare ad esercitare una leadership a favore della lotta alla povertà e alla schiavitù”, che considera di maggiore peso rispetto alle politiche di chiusura portate avanti dall’attuale amministrazione.
Corker ha così ribadito la sua critica verso le politiche del presidente Trump e verso la “scarsa professionalità” sui temi della politica estera (come anche su quelli delle tasse), riprendendo quanto affermato ieri in un tweet indirizzato all’amministrazione: “Per le giovani generazioni non solo qui nel nostro paese, ma in tutto il mondo, stare a guardare qualcuno di questa mentalità che agisce quale presidente degli Stati Uniti è qualcosa che credo sia aberrante per il nostro Paese”. Corker ha anche affermato: “Potreste pensare che (Trump) avrebbe voluto essere presidente e comportarsi da presidente. Ma, a quanto pare, non è questo il caso”.