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Vi racconto la capriola a 5 stelle di Chiara Appendino a Torino sul garantismo

Chiara Appendino, Virginia Raggi

Queste le parole, poche ora fa, del sindaco di Torino Chiara Appendino: “Vi comunico che mi è appena stato notificato un avviso di garanzia dalla Procura di Torino per la vicenda Ream. Sono assolutamente serena e pronta a collaborare con la magistratura, certa di aver sempre perseguito con il massimo rigore l’interesse della Città e dei torinesi. Desidero essere ascoltata il prima possibile al fine di chiarire tutti gli aspetti di una vicenda complessa relativa all’individuazione dell’esercizio di bilancio al quale imputare un debito che questa amministrazione mai ha voluto nascondere”.

Parole ineccepibili, condivisibili, persino eleganti quelle della giovane prima cittadina, che denotano senso delle istituzioni, equilibrio e serenità per il lavoro svolto dalla sua amministrazione. Insomma sono proprio le parole giuste di un sindaco.

Quindi tutto bene, madama la marchesa? No purtroppo, neanche a un po’. No perché il sindaco grillino scrive una nota certamente equilibrata, ma “andreottiana” dalla prima all’ultima parola, con ciò negando alla radice il motivo fondante dell’esistenza stessa del movimento, vale a dire l’assoluta e pervicace presunzione di colpevolezza.

Grillini di ogni ordine e grado hanno infatti strillato come aquile negli ultimi anni, chiedendo a gran voce le dimissioni di ogni indagato, piccolo o grande che fosse. Hanno sommerso d’insulti amministratori locali, sindaci, parlamentari, ministri, sempre invocando la loro cacciata ad ogni più minuscola indagine, spesso solo di fronte ad un annuncio d’indagine.

Hanno escluso a priori ogni eventuale accertamento d’innocenza (che invece in molti casi è l’esito giudiziario) ispirati da una sorta di fuoco sacro e purificatore, nel quale ardere corpi e menti degli avversari politici di ogni ordine e grado. Hanno inoculato nel sistema la cultura del sospetto, spacciandola per volontà di trasparenza e anelito di legalità.

Però, che piaccia a lorsignori pentastellati oppure no, la realtà della gestione della cosa pubblica è sfida perigliosa, dove il giusto e lo sbagliato sono spesso cugini di primo grado, dove fare bene e scazzottare con le regole o fare male in modo formalmente inattaccabile sono accadimenti di ogni giorno.

Ora noi possiamo gioire per l’approdo “democristianissimo” del sindaco Appendino, considerandolo un saggio ravvedimento utile ai torinesi e alla Repubblica. Oppure possiamo incazzarci molto, anzi moltissimo, per tutto il tempo che ci hanno fatto perdere e per tutte le cazzate che abbiamo dovuto ascoltare.

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