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A Cambridge c’è chi vuole discriminare gli autori bianchi

Una manciata di firme, a stento cento studenti capitanati dall’attivista Lola Olufemi – dell’Unione delle donne dell’Università di Cambridge -, e la nota università inglese verrà ‘decolonizzata‘. In che senso? Semplicemente da adesso i professori di letteratura inglese saranno costretti a sostituire gli autori dei loro corsi, colpevoli di essere bianchi, con scrittori neri.

Con una lettera aperta della Olufemi, a corredo delle firme, titolata “Decolonizzare la facoltà inglese”, inizia una nuova rivoluzione. In base ai punti discussi dal Forum di insegnamento dell’Università, si dovrà assicurare la “presenza di scrittori etnici, neri e minoranze”. Le famose BME – Black and Minority Ethnic – , il termine con cui gli anglosassoni sono soliti descrivere i ‘non-bianchi‘. “Per troppo tempo, l’insegnamento inglese a Cambridge ha incoraggiato un approccio ‘tradizionale‘ e ‘canonico’ che innalza gli autori bianchi maschi a scapito di tutti gli altri”, si legge nella missiva. E poi “quello che non possiamo più ignorare è il fatto che l’offerta formativa curriculum, considerata nel suo complesso, perpetui il razzismo istituzionale”. Ma aggiungere nuovi testi e affrontare nuovi argomenti con l’unico scopo di garantire spazio alle BME, ridurrà o, addirittura, assottiglierà completamente la lista degli autori, segnalano quelli del Telegraph. Che cosa si finirà per studiare?

Gill Evans, professoressa emerita di teologia medievale e storia intellettuale dell’Università di Cambridge, ha confessato le sue preoccupazioni immaginando i “grandi problemi” che dipenderanno da questo nuovo ‘approccio’: “Si smetterà di insegnare la storia occidentale o europea e la letteratura”. “Se mutili il contenuto dei programmi di storia e letteratura per inserire una quota statisticamente diversa, o uguale, di materiale da altre culture, perderai di vista la verità storica che l’Occidente ha esplorato il mondo dal XVI secolo e ha preso il controllo di gran parte di esso. Far finta che non sia mai successo è ridicolo”. Un equilibrio artificiale che porterà ad una visione, e conoscenza, distorta della storia e quindi della letteratura. Ma le voci fuori dal coro soccombono ai docenti delle varie università del Regno Unito che lanciano, piuttosto, i loro appelli globali chiedendo che i programmi vengano integrati ovunque, perché la cosa “andava fatta molto tempo prima e merita molta più enfasi”.

Olufemi in un articolo comparso su Varsity, racconta di un “promettente passo avanti”. Ed è orgogliosa del fatto che anche altre facoltà dell’Università di Cambridge stiano ora discutendo di come “decolonizzare” i programmi. Come alla facoltà di sociologia. Ma la Olufemi ne ha un po’ per tutti, persino per gli studenti che vanno in Africa come volontari: “Feticisti della cultura africana”, li definisce. Mentre i bianchi della classe media che osa viaggiare all’estero sono solo degli “egoisti”. La Olufemi ha comunque anche altre battaglie in animo: il prossimo passo sarà una campagna per ammettere i trans nelle scuole femminili. E, intanto, parla ai suoi incoraggiandoli a sentirsi ispirati dai colleghi di Oxford. E’ là, infatti, che è stato chiesto, mesi fa, di rimuovere la statua di Cecil Rhodes, imprenditore, politico e filantropo, che fondò la celebre De Beers Diamonds, ed ebbe un ruolo centrale nella conquista e nell’evoluzione dell’Africa meridionale. Troppi i legami con colonialismo e imperialismo, lamentano.
Sempre quest’anno, invece, gli studenti della Scuola di Studi Orientali e Africani a Londra (SOAS) hanno chiesto che Platone, Descartes e Immanuel Kant vengano rimossi quanto prima dai programmi perché bianchi.

Dallo scorso anno gli studenti di Archeologia allo University College di Londra sono autorizzati a lasciare l’aula, se ritengono la discussione degli eventi storici “traumatizzante”. Ma evidentemente va a Yale il ‘merito’ di aver dato la carica alla nostra Olufemi. L’autunno del 2016 fu caratterizzato dal sogno di “decolonizzare” da sessismo, omofobia, razzismo e transfobia i corsi di letteratura dell’ateneo statunitense. Per troppi secoli, infatti, come la petizione studentesca rimproverava, si è lasciato che si laureassero cervelli convinti che per “studiare letteratura inglese potesse bastare leggere autori maschi bianchi“. “Frequentare per un anno seminari in cui i contributi letterari di donne, persone di colore e queer siano assenti, danneggia tutti gli studenti, a prescindere dalla loro identità”, recitavano i volantini.

Meglio rottamare, quindi, i grandi classici Edmund Spenser, Shakespeare, Donne, Milton, Pope, Wordsworth, Eliot. Troppo bianchi. Ma cosa si finirà per studiare da Yale a Cambridge passando per Oxford?



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