La coincidenza non poteva essere migliore. Perché nella giornata dedicata al risparmio davanti alla commissione d’inchiesta sulle banche, presieduta da Pierferdinando Casini, martedì 31 ottobre sono sfilati i rappresentati dei risparmiatori truffati da Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, i due istituti che il governo ha salvato la scorsa estate con un decreto approvato a giugno in consiglio dei ministri che, se ha evitato il fallimento delle due banche, non ha evitato la perdita di denaro da parte di molti risparmiatori, ossia azionisti e obbligazionisti. Specialmente medio-piccoli, come famiglie e pensionati. Le associazioni e gli avvocati che li rappresentano hanno dipinto un quadro molto fosco, descrivendo una vera e propria truffa ai danni delle persone che si fidavano di due istituti che avrebbe dovuto essere la spina dorsale dell’economia di un territorio. Una truffa perpetrata collocando sul mercato titoli, azioni e obbligazioni che alla prova dei fatti avevano poco valore, se non addirittura carta straccia, mentre alle persone conosciute e agli amici degli amici venivano concessi prestiti e linee di credito. Un modus operandi doppio che da una parte truffava e dall’altra era di manica larga solo con alcuni. Ma i risparmiatori puntano il dito anche contro gli organi pubblici e privati che dovevano vigilare e non l’hanno fatto, in primis proprio Bankitalia e Consob. Vediamo cosa hanno detto.
Il primo a prendere la parola è l’avvocato Andrea Arman, che difende gli interessi dei risparmiatori di Veneto Banca. “Siamo qui per capire cosa è successo dentro la nostra banca, perché noi risparmiatori siamo sempre stati estromessi dalle decisioni. Non ci hanno mai detto quello che stava accadendo. Dove sono andati a finire i soldi dei veneti? Il denaro non si perde, ma passa di tasca in tasca. Quindi vorremmo sapere chi sono i grandi debitori delle banche, chi sono quelli che non hanno restituito i soldi ponendoci in questa situazione”, afferma Arman. Che poi punta il dito su chi doveva controllare. “Vi è sicuramente una responsabilità da parte degli amministratori, ma c’è anche una colpa degli organi di controllo privati e pubblici, ovvero Bankitalia e Consob. Un intervento più chiaro e tempestivo avrebbe quanto meno ridotto i danni. Ora queste banche con un colpo di spugna sono state cancellate, ma esse erano la spina dorsale del nostro territorio”, afferma l’avvocato.
Sergio Calvetti, invece, segue tremila piccoli risparmiatori di entrambi gli istituti: “Siamo di fronte a una vera truffa e i documenti che allego lo dimostrano. A partire da Bankitalia e Consob, che non hanno fatto il loro dovere. Erano forse collusi? Nel 2014 in Veneto Banca, nonostante l’ispezione di Bankitalia, è stato fatto un aumento di capitale che non si doveva fare. Un altro aumento di capitale è stato fatto con obbligazioni convertibili in azioni dalla stessa banca, aggirando lo stress test. Questi sono solo due esempi delle malversazioni effettuate”, sostiene Calvetti.
Poi tocca a Elena Bertorelli dell’associazione Casa del consumatore. “Voglio chiarire un punto: i truffati non sono speculatori, ma semplici risparmiatori. Sono pensionati e famiglie che volevano solo mettere in sicurezza i loro risparmi. Chiediamo che tutti possano riottenere ciò che hanno perso. Questa amara vicenda deve trovare soluzione degna e rispettosa della dignità delle persone truffate”, sottolinea Bertorelli.
“Questi prestiti fatti agli amici degli amici da dove derivano? Perché sono stati fatti e nessuno ha controllato?”, si chiede invece Rodolfo Bettiol, rappresentante degli ex azionisti della Popolare di Vicenza. Stesso ruolo, per Veneto Banca, di Fabio Bello. “Il fatto che si sia fatto uno spezzatino delle due banche ci rende impotenti. L’unica banca che si è salvata è Mps: perché è stata salvata e le altre sono state lasciate affondare? Veneto banca, al contrario di Mps, è stata giudicata non sistemica. Perché?”, si domanda Bello.
Matteo Cavalcante, rappresentante ex grandi soci di Veneto Banca, punta invece i riflettori sul tradimento perpetrato nei confronti del territorio. “Le banche venete non erano istituti solo volti alla tutela del risparmio, ma anche acceleratori dello sviluppo del territorio. Nel 2015 siamo riusciti a far cambiare la governance, ma non è bastato”, dice Cavalcante.
Alfredo Belluco, vice presidente di Federcontribuenti, sottolinea invece come tutte le banche italiane abbiano 330 miliardi di crediti deteriorati. “Questo è uno scenario che metterà a ferro e fuoco la società italiana nei prossimi anni. Siamo solo all’inizio”. Per poi raccontare il caso di Giovanni Schiavon che, nel 2011, si è sparato un colpo in testa perché pensava di essere in debito di 200 mila euro verso le banche e invece non era vero. Il tema dei suicidi è affrontato anche da Milena Zaggia. “Molte morti non vengono nemmeno denunciate, ma qui siamo di fronte a un vero dramma, un default sociale le cui conseguenze, anche in termini di vite umane, si vedranno solo tra qualche tempo”.