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Crescita e criticità​ (anche cyber)​​ delle nuove forme di mobilità​ in Italia

Cresce il gradimento per il car sharing, termine inglese per definire quel servizio di mobilità urbana che permette agli utenti di utilizzare un veicolo su prenotazione noleggiandolo per un periodo di tempo breve, pagando solo per il suo effettivo utilizzo.

Nonostante l’automobile continui ad essere un importante status-symbol fortemente legato al concetto di proprietà e ad aspetti emozionali ed affettivi, anche l’Italia – dove questa tendenza pare essere particolarmente forte – non si sottrae a questo trend.

CRESCITA (ANCHE IN ITALIA)

“Quando qualche anno fa si è deciso di puntare anche in Italia su questo settore”, ha commentato Gianni Martino, Managing Director per il Paese della tedesca car2go, “c’erano alcune perplessità, ma poi il mercato ha risposto in fretta con grande positività”.

UN CAMBIAMENTO CULTURALE

Per Pietro Innocenti, direttore generale di Porsche Italia, ci si troverà di fronte a un vero cambiamento culturale che da un lato vedrà “l’auto come lo strumento di una mobilità molto più flessibile e molto più integrata con le smart city e che perderà tutte quelle connotazioni emozionali che oggi conosciamo”; dall’altro, però, “ci sarà comunque spazio per continuare a produrre auto che danno emozioni, ma saranno probabilmente destinate a un’utenza interessata a fare altro, quindi ad avere una mobilità di tipo più ricreativo. I due elementi coesisteranno, anche se in modo diverso da oggi”.

DISOMOGENEITÀ NORMATIVA

Da Capri, dove si tiene in queste ore il tradizionale Digital Summit di EY, la nuova mobilità è analizzata tenendo conto dei suoi tanti punti di forza – destinati a cambiare le città e a coniugarsi con il più ampio concetto di smart cities -, ma anche di alcune criticità.

App come MyTaxy hanno come vantaggio quello di avere un’identica tecnologia – e dunque un medesimo rapporto con il cliente – in diverse nazioni. “Siamo presenti in oltre 70 città in 11 Paesi europei”, ha spiegato a Cyber Affairs Barbara Covili, General Manager di MyTaxi Italia, in foto. “E in qualunque Paese si ha la stessa tecnologia che permette di fare le stesse cose sempre nella lingua del tuo telefonino”. Eppure, se si guarda alla Penisola, si assiste a una mancanza di omogeneità normativa che pone di fronte a differenze “che spiazzano per primi i clienti, soprattutto se stranieri, riducendo la comodità che è il vero fattore d’attrazione” di questi strumenti.

“Siamo entrati nel 2015 a Milano, nel 2016 siamo sbarcati a Roma e nel 2017 a Torino, ed è diventato subito evidente come a volte sia difficile comunicare al passeggero finale alcune differenze regolatorie che ci sono nelle varie regioni all’interno delle quali operiamo”, ha evidenziato la Covili. “In particolare, ci sono alcune cose che i passeggeri possono fare in alcune città e non possono fare in altre, come ad esempio la prenotazione del taxi dalle stazioni o dagli aeroporti: lo puoi fare in una città come Roma, dove c’è un’area nella zona partenze in cui sali sul taxi che viene chiamato, cosa che non è consentita in una città come Milano dove non puoi chiamare un taxi dalla stazione o dall’aeroporto”.

LA CYBER SECURITY

Altro problema da non trascurare, quando si parla di nuova mobilità (app, car sharing, ma anche auto connesse o a guida autonoma) è quello della cyber security. “È un tema fondamentale”, ha rilevato il direttore dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), Antonio Samaritani. Sempre più, ha sottolineato, “proteggere le auto e i mezzi di trasporto collegati alla Rete dagli hackeraggi sarà qualcosa da non sottovalutare”.


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