Il “Discorso della Sorbona” che è destinato ad entrare nella travagliata storia dell’Unione europea al pari della “Dichiarazione Schumann” del 1950, che diede avvio al processo di integrazione (mentre Macron lo ha fatto ripartire dopo anni di crisi).
Il “Discorso” del presidente francese è stato accolto, da noi, con la cattiva coscienza di chi si sente chiamato in causa quando Macron ha criticato coloro che hanno fatto passare l’idea di un’Europa burocratica ed impotente ed attribuito la responsabilità delle scelte e delle decisioni impopolari (derivanti da impegni liberamente assunti) a Bruxelles. “Dimenticando, così facendo, che Bruxelles – afferma Macron – non siamo altro che noi, sempre, ad ogni istante”. Va apprezzata soprattutto la denuncia del risorgere dei mostri del nazionalismo, identitarismo, protezionismo, sovranismo: idee perniciose a lungo sottovalutate perché ritenute sconfitte per sempre, ma che sono risorte e possono persino prevalere).
Parole chiare e nette che non esitano a paragonare i pericoli di oggi alle tragedie del secolo scorso nonché gli attuali protagonisti a quelli di ieri con addosso “un abito nuovo”. Poi, ecco l’impegno politico più significativo: “Non cederò nulla, nulla a quelli che promettono l’odio, la divisione o il ripiego nazionale. Non gli lascerò alcuna possibilità di dettare l’agenda”. Così, invece della riscoperta di un’anacronistica sovranità nazionale (ultimo rifugio delle canaglie), Macron ha indicato, nel “Discorso”, ben sei chiavi di una sovranità futura dell’Europa come “potenza economica, industriale e monetaria”.
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Sembra che tutti tirino un sospiro di sollievo quando apprendono che la strage di Las Vegas non è da attribuire al terrorismo islamico, ma ad un americano uscito di senno. Eppure quel tragico evento sottende sentimenti ben più gravi e diffusi di un sentimento pseudo-religioso criminale: sentimenti di odio che si avvertono ormai in tutto il mondo. Quello stesso odio cieco e sordo che ha portato all’elezione di Donald Trump negli Usa e al virus del populismo e dell’antipolitica in Europa.
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Prima di essere assassinato a Dallas, il 22 novembre 1963, John F. Kennedy si apprestava a leggere un discorso in Consiglio comunale della città che conteneva le seguenti parole: “Noi in questo paese, in questa generazione, siamo, per destino piuttosto che per scelta, le sentinelle sugli spalti della libertà del mondo”. Altri tempi, altri leader.