“Se vogliamo godere della pace, bisogna fare la guerra”, diceva Cicerone. E anche se quella in Vaticano non sarà una vera guerra, certo è che i colpi che si assestano in pubblico tra religiosi e laici dai diversi orientamenti, conservatori e progressisti, qualcosa di simile lo lasciano intendere.
LE RISPOSTE AI TRADIZIONALISTI DI PAPA FRANCESCO E DEL SEGRETARIO DI STATO PAROLIN
La principale risposta al fuoco di stampo tradizionalista sull’Amoris Laetitia è infatti arrivata nella scorsa settimana, indiretta ma trepidamente attesa, e a pronunciarla è stato lo stesso Papa Francesco, in una conversazione a porte chiuse in Colombia, rivolto ai gesuiti di Cartagena, rivelata da La Civiltà Cattolica. “Sento molti commenti rispettabili, perché detti da figli di Dio, ma sbagliati”, mentre invece per capire il testo bisogna leggerlo “da cima a fondo”, assieme a quanto “si è detto nel Sinodo”, ha affermato nell’occasione Bergoglio. Spiegando, a chi “non la ritenesse sicura”, che la morale da cui prende origine l’esortazione è di stampo tomista: “Potete parlarne con un grande teologo, tra i migliori di oggi e tra i più maturi, il cardinal Schönborn”. Non bastassero le parole del pontefice, quasi sovrapponendosi a lui si è fatto sentire anche il segretario di Stato della Santa Sede Pietro Parolin, che a margine di un evento sui cristiani perseguitati ha dichiarato: “Le persone che non sono d’accordo esprimono il loro dissenso, ma su queste cose si deve ragionare, cercare di capirsi”.
L’INTERVENTO DI SCHONBORN: “LA PLURALITÀ È LEGITTIMA, MA SOLO IN UN’UNICA FEDE”
Per ogni questione, quindi, bisogna chiedere a lui, l’arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn (nella foto). Così mercoledì 11 ottobre, in occasione dell’incontro per il venticinquesimo anno del Catechismo della Chiesa cattolica, “testo di riferimento per le questioni di dottrina”, il cardinale ormai assunto a rango di figura più autorevole con cui discutere di morale familiare, indicato più volte dal Papa come punto di riferimento del testo dopo essere stato scelto per presentarlo al termine del Sinodo nel quale ha lavorato come perno del “compromesso” tra le varie posizioni in campo, ha preso il toro per le corna e ha così delineato pubblicamente la propria posizione sulla vicenda. “Nella Chiesa c’è e ci sarà sempre una pluralità legittima. Ma questa diversità, se non deve diventare opposizione e contrasto, è possibile solo sul fondamento di un’unità nella fede”, ha detto. Che “viene prima delle teologie plurali” e “deve essere loro presupposta”. Una stoccata in piena regola al mondo conservatore, quasi a mostrare la volontà di ristabilire le gerarchie, al punto da prefigurare, come unica strada alternativa, la possibilità, anche soltanto simbolica, di uno strappo, una divisione. “Se non è più possibile parlare dell’unica fede in diverse teologie, allora le diverse teologie non stanno più insieme nella casa della Chiesa cattolica”, ha aggiunto.
L’INTERVISTA AL CARDINALE: “NEL CATECHISMO TUTTI I PRESUPPOSTI DI AMORIS LAETITIA“
Soltanto pochi giorni prima, parlando alla rivista online austriaca Kathpress, lo ha persino specificato a chiare lettere, senza nemmeno utilizzare gli accorgimenti del caso: “Papa Francesco è totalmente in linea con il Catechismo”. E di questo, la prima sezione della terza parte, che “tratta delle condizioni dell’agire umano”, “fornisce esattamente i presupposti dell’Amoris laetitia”. Nel punto cioè in cui si chiede di rivolgere “lo sguardo alla vita della persona” e “alla natura condizionata del comportamento umano”. “È stato un grande passo, direi quasi una svolta”, quello di dedicarsi “al soggetto che concretamente agisce” e “non solo alla oggettività delle norme”. Da qui l’affondo principale ai tradizionalisti, lo stesso rimarcato da Bergoglio: “Il dibattito sulla Amoris laetitia sarebbe molto più pacifico se i critici studiassero approfonditamente la morale fondamentale del catechismo, che è totalmente orientata a Tommaso d’Aquino: vale a dire che ogni azione morale accade in una storia, nella storia di una persona concreta”.
IL PORPORATO AUSTRIACO : “RIFERIMENTO AL CATECHISMO, CHE NON È PRECONCILIARE”
In questo modo, Schönborn è entrato in uno dei nervi sensibili delle critiche avanzate dalla fronda di sbarramento a Bergoglio, quando cioè rivendicano la sensazione che spesso si parli troppo di misericordia in termini prettamente umani e caritatevoli, al punto da domandarsi se ad essere misericordioso sia Dio oppure l’uomo. Quasi che il secondo, incapace di trovare il primo, voglia Lui sostituirsi. La risposta avanzata dal cardinale è: fate riferimento al catechismo della Chiesa Cattolica. Lo stesso però che sovente “viene guardato un po’ dall’alto in basso, con un po’ di ironia e con un antico e ripetuto pregiudizio secondo il quale è preconciliare. Ma l’idea stessa del catechismo non è un’idea preconciliare”, ha specificato l’austriaco. “Siamo nell’anno di Lutero”, il cui “grande successo” è stato il “Piccolo Catechismo e anche il Grande Catechismo”, con il riassunto della “fede in brevi dichiarazioni per poi presentarla in un catechismo più grande” ed “elaborato”. Ma “il perché nel mondo tedesco non sia più ricevuto, per me appartiene ai ‘Mysteria’, i segreti che non posso spiegare, ma che mi dispiacciono”.
GLI INTERVENTI DI FISICHELLA E NOSIGLIA PER I VENTICINQUE ANNI DEL CATECHISMO
L’intervento del cardinale è stato poi rafforzato da quello di monsignor Rino Fisichella, presidente del Dicastero per la nuova evangelizzazione: “Il Concilio Vaticano II ricorda ai vescovi il compito peculiare del loro ministero”: far sì che “la Parola di Dio cresca in mezzo al popolo e l’intelligenza della Sacra Scrittura, nella costante tradizione della Chiesa, diventi il patrimonio di fede, di carità e di speranza dei fedeli”. A questi si è aggiunto l’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, che ha puntato il dito sul “grande movimento” dell’attuale “contesto culturale ed ecclesiale”, per poi sostenere che “il tempo trascorso non è stato ancora sufficiente per veicolare le spinte al rinnovamento teologico e pastorale promosse dal Catechismo”: “Il relativismo e la superficialità propria del nostro tempo hanno inficiato anche la catechesi, con la tentazione di confinare in secondo piano i contenuti della fede, a vantaggio di un ‘esperienzialismo’ di moda, che confonde fede con emozione o entusiasmo, secondo metodi poco attenti a ciò che la catechesi deve essere e offrire: la conoscenza e accoglienza organica e fondata dei contenuti essenziali della fede”.
LE VARIE RISPOSTE ALLA CORREZIONE FILIALE E L’INTERVENTO DI BUTTIGLIONE
A “correzione filiale” invece ancora calda, le prima risposte sono giunte, dalle colonne di Avvenire, prima da mons. Giuseppe Lorizio, teologo della Lateranense, poi dal vescovo della diocesi di Chieti-Vasto Bruno Forte. Oltre a interventi come quello del filosofo Eugenio Mazzarella sul quotidiano online Il Sussidiario, o infine del teologo don Maurizio Gronchi sul settimanale Famiglia Cristiana. In un secondo momento, una risposta più articolata è stata formulata dell’ex ministro e parlamentare europeo, oltre che accademico di lungo corso, Rocco Buttiglione, in una lunga intervista rilasciata al giornalista Andrea Tornielli de La Stampa, in cui si adopera per contraddire punto per punto le tesi dei firmatari della lettera. “Gesù non ha scritto un manuale di metafisica e nemmeno di teologia. Si è affidato a un gruppo di uomini e poi a uno, Pietro. Ha promesso loro l’assistenza dello Spirito Santo. Qui un gruppo di uomini si ergono a giudici sopra il Papa. Non espongono obiezioni, non discutono. Giudicano e condannano. Chi li ha autorizzati a costituirsi giudici sopra il Papa?”, ha detto Buttiglione. E “le proposizioni non riassumono in modo corretto il pensiero del Papa”, ha aggiunto.
L’EX MINISTRO, E LE RISPOSTE AI PUNTI DELLA “CORREZIONE FILIALE”
L’ex ministro è così entrato nel merito delle accuse, cercando di coglierle punto per punto e rispondere ad ognuna di esse. In fila: la prima “attribuisce al Papa la affermazione che la grazia non è sufficiente a permettere all’uomo di evitare tutti i peccati, ma “il Papa dice un’altra cosa”, che “la cooperazione dell’uomo con la grazia è spesso insufficiente e parziale”. Nella seconda l’accusa è alla tesi “che in nessun caso un divorziato risposato può essere in grazia di Dio”, ma dopo aver capito che ci sono casi in cui si “può essere esente da colpa a causa di attenuanti soggettive”, “adesso sembra che facciano marcia indietro”. Nella terza “si attribuisce al Papa l’affermazione che si può conoscere il comandamento di Dio, violarlo, e ciò nonostante rimanere in grazia di Dio”, mentre Francesco dice che “è possibile conoscere le parole del comandamento e non comprenderle o non riconoscerle nel loro vero significato”, come “diceva anche il card. Newman” o “in modo simile san Tommaso”. Il quarto attribuisce “l’idea poter di commettere un peccato obbedendo alla volontà di Dio”, forse riferendosi, secondo Buttiglione, alla difficoltà per i divorziati risposati di vivere la castità, mentre al contrario “la conclusione più ovvia” è che “il confessore li accompagni fino a che la maturazione interiore gli consenta di compiere il passo richiesto dalla legge morale”.
BUTTIGLIONE: “VEDO UNA CAMPAGNA PER DIPINGERE ESPERTI”, MA “NON È COSÌ”
Nel quinto punto, dove si accusa l’ipotetica bontà degli atti sessuali tra divorziati risposati, il Papa indica che “la coscienza riconosce di non essere in regola con la legge”, ma che tuttavia può iniziare “un cammino di conversione”, senza guardare quindi ai “peccati che continua a fare” ma alle “virtù che inizia a praticare”, aspettando “domani altri passi in avanti”, ha detto Buttiglione. Il sesto “vuole appiattire il Papa sulla cosiddetta etica della situazione”, mentre lui ricorda solo che “per avere un peccato mortale sono necessarie tre condizioni: la materia grave, la piena avvertenza e il deliberato consenso”, e che “l’azione è sempre sbagliata ma il soggetto che la compie non sempre ne porta l’intera responsabilità”. L’ultimo, il settimo, è sulla comunione ai divorziati risposati che “non abbiano la contrizione per il loro stato di vita ed il fermo proposito di emendarsi”. Il Papa “non dice che bisogna dare loro la comunione sempre e comunque”, ma che “bisogna accompagnarli nella situazione concreta”, in un cammino in cui “il punto di arrivo è la rinuncia ai rapporti sessuali”, ma dove “vi sono però molte tappe”, derivate dalla “teologia morale” o da ragioni “giuridiche”. In tutto ciò, tuttavia, l’analisi dell’ex ministro è: “Si cerca di isolare Papa Francesco opponendolo ai suoi predecessori, ma questi suoi avversari sono anche gli avversari dei suoi predecessori”. E che “vedo una campagna d’opinione molto bene orchestrata per dare l’impressione di una rivolta degli esperti, così esperti che possono permettersi di dare lezioni al Papa”, ha concluso. “Chiaramente non è così”.