Reclamizzato sino all’esasperazione a sinistra del Pd, come l’occasione del chiarimento della situazione, l’incontro del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, a Palazzo Chigi, con Giuliano Pisapia e compagni, è stato letteralmente svuotato di ogni significato e portata da un’intervistina del loquacissimo e mai domo Pier Luigi Bersani.
In particolare, l’ex segretario del Pd, che di fatto contende a Massimo D’Alema la vera leadership del partito nato con la loro scissione a sinistra, ha detto di “immaginare” che i compagni ricevuti da Gentiloni avessero posto sul tappeto non solo il problema di una legge di bilancio da loro votabile, e prevedibilmente assai diversa quindi da quella a loro volta immaginata dallo stesso Gentiloni e dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, ma anche la questione della omogeneità politica necessaria fra la maggioranza sul bilancio e quella sulla riforma elettorale, l’ennesima, all’esame della Camera.
Da buona fonte si è appreso che Pisapia, pur dissentendo anche lui dalla riforma elettorale nota col nome latinizzato – Rosatellum – del capogruppo del Pd alla Camera Ettore Rosato, non abbia posto il problema a Gentiloni nei termini praticamente ultimativi “immaginati”, cioè desiderati, da Bersani. Ultimativi, perché di fatto è partito un siluro non si sa se più contro il bilancio o la riforma elettorale.
La rappresentazione più efficace e sintetica dei rapporti esistenti all’interno della sinistra e fra questa e il governo si trova nella vignetta dedicata all’incontro di Palazzo Chigi sul Dubbio di Piero Sansonetti da Sergio Staino. Che, reduce dall’esordio della sua striscia domenicale su Avvenire ispirata a Gesù, ha espresso solidarietà al presidente del Consiglio per l’immane compito affidato dai suoi ex compagni scissionisti del Pd di garantire la loro “stabilità”, e non solo quella del bilancio dello Stato con l’omonima legge di fine anno.