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Fincantieri entri in Leonardo. Consigli e bordate di Guarguaglini (ex Finmeccanica)

Pier Francesco Guarguaglini e Marina Grossi

Fincantieri azionista al 35% delle attività di Leonardo nel settore dell’elettronica e degli armamenti per le navi militari. È questa la proposta di Pier Francesco Guarguaglini (per tre anni ad di Fincantieri e per nove a capo di Finmeccanica), spiegata nell’intervista uscita oggi sul Fatto Quotidiano. L’obiettivo? Evitare i rischi che il colosso italiano sembrerebbe correre sul lato militare dell’intesa Fincantieri-Stx.

I RISCHI PER LEONARDO

“In una nave militare di tipo Fremm (fregate navali) – spiega Guarguaglini – lo scafo rappresenta metà del valore, l’altra metà è rappresentata dall’elettronica e dagli armamenti. I due governi di Roma e Parigi hanno istituito un tavolo per arrivare entro il prossimo giungo a un’alleanza per le navi militari. Da parte francese partecipa la Naval Group, partecipata per un terzo dalla Thales, omologa della nostra Leonardo. Da parte italiana c’è Fincantieri, che fa solo gli scafi, ma non Leonardo”. Da qui il timore, secondo l’ingegnere – come ha spiegato anche Nicolò Tivoli su Formiche.net – che l’ex Finmeccanica possa restare fuori dalle forniture che riguardano i sistemi navali e terrestri e in particolare il combat management system: radar, comunicazioni, elettronica e software. In questo senso, Guarguaglini ne è sicuro: “Ci sarà una fortissima pressione dei francesi per mettere su queste navi armamenti ed elettronica francesi, tagliano fuori l’industria italiana, non solo Leonardo ma anche decine di aziende dell’indotto”.

ATTENZIONE AI CUGINI FRANCESI

Con i cugini d’oltralpe vale il detto fidarsi è bene non fidarsi è meglio. “È pericoloso – aggiunge Guarguaglini – basarsi sulle intenzioni dichiarate, bisogna fare accordi precisi e fissare vincoli economici”. D’altronde, “trattare con i francesi è difficile”, ha aggiunto ricordando come, in passato, per il programma Fremm, abbiano fatto pesare nella spartizione del lavoro per le rispettive aziende le dichiarazioni che volevano che la Marina francese comprasse 17 navi (contro le 10 italiane), salvo poi fermarsi a 8. In questo senso, spiega ancora l’ex numero uno del Gruppo di piazza Monte Grappa, “la soluzione utile è che Fincantieri diventi azionista di certe attività di Leonardo”, permettendo dunque all’ex Finmeccanica di entrare nell’accordo giocandosela con Thales.

L’INVITO AL GOVERNO

Non manca la stoccata alla politica. “Dal punto di vista degli interessi industriali di Fincantieri, montare un radar italiano o francese è indifferente. È il governo che deve porsi il problema”, ha rimarcato Guarguaglini. La questione è che, mentre in Francia “nelle loro aziende della difesa decide il governo”, in Italia “si fa il giro delle sette chiese: Palazzo Chigi e i vari ministeri, Difesa, Esteri, Sviluppo economico, Ricerca scientifica”. Il merito dell’ad di Fincantieri Giuseppe Bono è che “non ha mai smesso di fare il giro delle sette chiese”, ha detto Guarguaglini. L’accusa all’esecutivo è di aver dimenticato la politica industriale: “Se il governo pensa che Leonardo accusi dei ritardi deve adoperarsi e pungolarla perché recuperi, il Gruppo ha tecnologia e uomini per farlo”.


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