Bruce Hoffman, direttore del Center for Security Studies della Georgetown University e personalità di spicco nel panorama degli studi sul terrorismo, ha presentato presso il Wilson Center di Washington DC la terza edizione del suo famoso libro “Inside Terrorism”, vero e proprio classico per gli studi sull’evoluzione del fenomeno terroristico e per l’analisi delle dinamiche sociologiche che ne hanno segnato la parabola storica dall’undici settembre fino ai giorni nostri.
Il libro, la cui prima edizione risale al 1998, è stato presentato dall’autore in una conversazione con Robert Litwack, direttore degli studi sulla sicurezza del Wilson Center, con l’introduzione di Jane Harman, presidente del think tank e già membro del Congresso con all’attivo numerose missioni internazionali e la partecipazione alle commissioni che hanno fatto la storia della legislazione americana sul terrorismo.
Hoffman, che fu membro autorevole della commissione sui fatti dell’11 settembre, ha dedicato buona parte dei suoi sforzi accademici allo studio delle dinamiche con cui si sono evolute organizzazioni terroristiche come Al-Qaeda e ha pubblicato una seconda edizione del suo “manuale” già nel 2006. L’autore ha motivato l’uscita della terza edizione sottolineando “la necessità di indagare sui fattori storici e geopolitici che hanno portato, tra l’altro, alla nascita dello Stato Islamico e agli attentati terroristici degli ultimi anni in Europa”. Il focus del libro è, infatti, prevalentemente incentrato sulla definizione degli elementi costitutivi del “terrorismo da social media e propaganda”, come è stato definito dall’autore stesso. Essendo pensato come un testo globale, da usare come fonte di studio e approfondimento, l’ultima edizione rivista e ampliata presenta anche delle sezioni dedicate al terrorismo di matrice non religiosa.
L’intreccio tra temi puramente legati al fondamentalismo islamico e temi a carattere geostrategico offre un quadro molto preciso circa l’evoluzione dei gruppi terroristici nell’ultimo decennio. La comparazione approfondita tra il modello organizzativo di Al-Qaeda e quello di ISIS risulta, poi, utilissima per comprendere i punti di convergenza e quelli di divergenza tra i due più noti gruppi della storia recente.
A questo proposito, Hoffman ha osservato come “i modelli costitutivi di Al-Qaeda e dello Stato Islamico sono assai vicini e i l’ideologia propugnata è praticamente la stessa. Cambia, invece, il modo di diffondere il messaggio e la capacità di reclutare adepti in giro per il mondo”.
L’approfondimento sull’utilizzo dei social network da parte dello Stato Islamico è assai utile per indagare sul potenziale distruttivo di questa organizzazione, che “ha ottenuto risultati più eclatanti rispetto ad Al-Qaeda pur diffondendo sostanzialmente lo stesso messaggio”. Hoffman ha anche sottolineato che “non necessariamente si debba pensare che lo Stato Islamico abbia avuto un maggiore successo di Al-Qaeda solo ed esclusivamente sulla base della capacità di diffondere la propria ideologia… ne è conferma il fatto che ad oggi l’iniziale parabola esplosiva di ISIS è in caduta libera e la perdita di un contesto territoriale ridimensiona l’organizzazione alla sua inziale natura, vale a dire quella di un gruppo terroristico come gli altri in giro per il mondo”.
La discussione tra i relatori si è anche concentrata su un tema relativamente recente, posto all’attenzione mondiale dalla tensione tra USA e Corea del Nord: l’utilizzo di tecnologie nucleari non convenzionali a fini terroristici. L’argomento è trattato nel libro contestualmente ai rischi derivanti dall’utilizzo di armi chimiche e batteriologiche e trova grande attenzione nella comunità degli studiosi americani, focalizzati nell’anticipare le minacce possibilmente attribuibili alle attività terroristiche nel prossimo futuro.
Il testo di Hoffman è sotto questo punto di vista particolarmente illuminante per lo sforzo dell’autore di gettare lo sguardo oltre le minacce attuali e recenti. Sebbene, infatti, l’attenzione globale e quella europea nello specifico siano concentrate sui tragici attentati che hanno afflitto il vecchio continente e sul contrasto a minacce ormai considerate “consolidate” (come l’utilizzo di camion o automobili sulla folla), l’autore mette in guardia sulla necessità di prevedere le prossime mosse delle grandi organizzazioni sempre più spesso poste in essere da lupo solitari o da cellule più o meno grandi, per capire che non si giungerà mai ad una vera e propria casistica perché sempre più spesso la predisposizione degli attentati è prerogativa di chi li esegue mentre dalla casa madre ci si concentra sul reclutamento e sulla propaganda. La lezione appresa a caro prezzo in Europa con gli attentati degli ultimi anni sarebbe, appunto, quella di “investire sull’attività di intelligence e raccolta informativa per lavorare sui network del terrore, con finalità di prevenzione e anticipazione della minaccia”, poiché i sistemi di risposta ai singoli fenomeni risultano essere tardivi e non in grado di fronteggiare le più disparate modalità di attacco.
Hoffman e gli altri relatori hanno convenuto nel considerare il terrorismo non come un fenomeno statico ed univoco ma come “qualcosa in continua evoluzione, in grado di mutare e adattarsi ai contesti più disparati… e per questa ragione le strategie di contrasto dovrebbero essere dinamiche”. Il libro punta, dunque, anche ad offrire una metodologia più flessibile a coloro che si occuperanno di antiterrorismo nei prossimi anni.