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Chi c’era e cosa si è detto a Italy meets the Usa

Rafforzare i rapporti commerciali e fare delle proprie differenze un motivo di incontro anziché di scontro. È questo l’obiettivo cardine del summit Italy meets the USA, organizzato da Italian Business & Investment Initiative che si è tenuto a Milano, nel Palazzo della Regione.

Un meeting ormai arrivato alla settima edizione ma ben lontano dagli influssi negativi di eventuali crisi: continua infatti a essere sfruttato dalle imprese come vetrina e dagli scout delle multinazionali come terreno di caccia in cui conoscere realtà che altrimenti continuerebbero a ignorare.

LA POLITICA MESSA DA PARTE

Da un lato, l’America di Donald Trump vuole far capire che non è affatto così chiusa come viene dipinta; dall’altro l’Italia è desiderosa di dimostrare che “è pronta ad accettare qualsiasi sfida”, nonostante le prossime elezioni – e i possibili scenari di instabilità che ne potrebbero derivare – sono già in grado oggi di impensierire più di un investitore.

UNA PARTNERSHIP RINSALDATA

Ecco perché il settimo summit Italy meets the USA rinsalda l’amicizia particolare sempre esistita tra i due Paesi. Tutto ciò proprio pochi giorni dopo il Columbus Day (12 ottobre) e a poche settimane da un altro evento molto atteso: il newyorkese “This is Italy Parts Unknown” in cui si parlerà di Food & Wine, business, fashion, ma anche di cultura e di arte.

OLTRE AL CIBO E ALLA MODA C’E’ DI PIU’

“Occorre anzitutto far capire agli americani che il nostro commercio non è fatto solo delle quattro effe: food, fashion, furniture e Ferrari” ha esordito il manager Fernando Napolitano, fondatore di Italian Business & Investment Initiative nonché ex azzurro della pallanuoto. “Gli italiani investono negli Usa ma gli Usa non fanno altrettanto – spiega Marco Andreassi, l’uomo al comando della Mediterranean Unit di A.T. Kearney Italia. “E questo – aggiunge – anche e soprattutto per colpa dell’incertezza e della volatilità della politica nostrana”.

TIMIDI SEGNALI

“Grazie all’eccellente gioco di squadra in occasione di Expo, il mondo ha potuto conoscere almeno le opportunità offerte dalla città di Milano e dalla Regione Lombardia” ha puntualizzato il presidente di Ibm Italia e numero 2 di Assolombarda, Enrico Cereda dal palco di Italy meets the Usa. “Il jobs act e la consapevolezza che dai nostri atenei escono talenti che il mondo ci invidia – ha poi proseguito – fanno il resto e le imprese straniere hanno ricominciato, seppur timidamente, a investire nel Bel Paese”.

LA RISPOSTA E’ NELLA RICERCA

“L’Italia è un mercato che ha tutte le caratteristiche per attrarre investitori esteri – spiega Sergio Dompé, numero uno dell’omonima casa farmaceutica tornando a riproporre la sua ricetta per la crescita – a qualificarci le nostre capacità nel settore scientifico”. “Non potendo attendere in eterno una rinnovata stagione politica più stabile – gli fa eco Stefano Venturi, presidente di AmCham Italy – è necessario investire nella ricerca di base, in grado di dar vita a start-up capaci di diventare business innovativo per potenziali investitori a stelle e strisce”.

50 START-UP ITALIANE ALLA CONQUISTA DI LAS VEGAS

E saranno proprio le start-up menzionate da Venturi nel forum Italy meets the Usa a mostrare agli States di cosa è in grado di fare il nostro Paese in fatto di tecnologia. Una inedita alleanza tra alcuni distretti dell’innovazione, fra i quali l’Area Science Park e Tilt di Trieste, il Mise (Ministero per lo sviluppo economico) e l’Ice (Istituto per il Commercio Estero) consentirà alle imprese italiane di presenziare in modo significativo con sei clusters votati al made in Italy al Ces di Las Vegas, una delle più importanti fiere tecnologiche del pianeta. Diremo la nostra in fatto di FashionTech, AgroTech, FoodTech, BioTech, MedTech, e daremo un assaggio di Industry 4.0, Mobility, Automotive e Smart Transportation.

LA GRANDE TORTA AMERICANA

“L’Italia è un forte alleato e partner di valore nella promozione della pace e della prosperità nel mondo”, ha scritto Trump in occasione del Columbus Day. E gli imprenditori italiani vedono negli Usa un partner altrettanto valido e affidabile. Non potrebbe essere altrimenti: con 18,6 trilioni di dollari, l’economia del Nord America ha confermato di essere, anche nel 2016 e nonostante le artigliate delle potenze nascenti, la locomotiva del pianeta.

IL RINASCIMENTO IMPRENDITORIALE ITALIANO

L’Italia, da parte sua, è la terza economia d’Europa, l’ottava del mondo, con un mercato da 60 milioni di consumatori interni, in grado di offrire una via d’accesso privilegiata al resto dell’Europa, alla Libia e al Medio Oriente. Nel 2015 il nostro Paese è stato il decimo partner commerciale degli Stati Uniti, con esportazioni per un totale di 44 miliardi di dollari ( +4,6% rispetto al 2014). Cifre sostanzialmente analoghe (45 miliardi) nel 2016, a riprova del fatto che, come viene ribadito dagli organizzatori, il “made in Italy” sia ben più di un marchio: un “passepartout” per “aprire le porte di qualsiasi mercato”.

GLI OBIETTIVI DELLA SALINI-IMPREGILO

Secondo i dati ICE, gli Stati Uniti sono il Paese extra europeo con il maggior numero di aziende italiane. Inoltre, in quasi 2.500 imprese statunitensi, l’8,3% del totale, ci sono partecipazioni italiane per circa 50 milioni di euro di ricavi, vale a dire il 9% del giro d’affari delle partecipate estere. Tra i protagonisti dei mercati del Vecchio e del Nuovo mondo che hanno calcato le scene del forum Italy meets the Usa, sicuramente, Pietro Salini, amministratore delegato della Salini-Impregilo, che ora punta a “raggiungere i 3 miliardi di euro di fatturato negli Usa entro il 2019”, raddoppiando gli incassi nel 2016.

SALINI: “OGNI PAESE USA E’ UN MERCATO A SE’”

Salini Impregilo ha acquisito, nel 2015, Lane Industries, il primo costruttore di autostrade degli States: “Si dà molto peso all’azione di Trump – ha detto Pietro Salini che, col suo gruppo, è presente in 20 Paesi a stelle e strisce – tutti si chiedono cosa farà in tema di investimenti nelle infrastrutture, cosa ne sarà del suo piano da più di mille miliardi di dollari ma pochi si domandano che cosa fanno i singoli Paesi americani: ognuno è un mercato a sé stante, con regole diverse e necessità di investimento differenti”.

LEADER NELLA TECNOLOGIA

Contrariamente all’immaginario, insomma, le nostre imprese non sono più delle nanerottole all’assalto dei giganti, ma delle vere e proprie ammiraglie leader per tecnologia e ricerca in sviluppo. Lo conferma anche Jeffrey Hedberg, Ceo di Wind – Tre che, nel medesimo giorno di Italy meets the Usa, ha inaugurato proprio in Italia, a Prato e all’Aquila, la sperimentazione della tecnologia di connessione mobile 5G: “Noi crediamo in questa nuova partnership con Open Fiber, con il governo e con la scuola e le università. Assieme lavoreremo per innovare e fornire servizi che ci aiutano ad affrontare la rivoluzione digitale ormai alle porte, come l’e-learning, l’e-health e tante altre possibilità che ci permetteranno di essere produttivi anche da casa”.

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