“Ce n’est qu’un début, continuons le combat!” (“è solo l’inizio, continuiamo la lotta!”), gridavano 800mila scioperanti per le strade di Parigi, mentre un gruppo di studenti occupava la Sorbona. Era il 13 maggio 1968 (in copertina una foto dell’occupazione del Liceo Mamiani, a Roma) il giorno in cui la rivolta di universitari e lavoratori toccò il suo apice e cambiò per sempre il Novecento.
E proprio quello slogan, fatto di passione e di rinascita, dà il nome alla prima mostra italiana dedicata al movimento che dal maggio francese prese le mosse, per espandersi presto in tutto il mondo e nella Storia avvenire: “È solo un inizio. 1968”. Dal 3 ottobre 2017 al 14 gennaio 2018 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, una fra le collettive più prestigiose e rappresentative racconterà il Sessantotto attraverso i suoi intrecci con i movimenti artistici che lo annunciarono, gli corsero paralleli e lo prolungarono.
Il titolo della mostra curata da Ester Coen non è solo un tributo alla rottura radicale che si è abbattuta sulle società occidentali e che certamente non ha lasciato indenne il mondo dell’arte, ma rappresenta anche un invito a guardare ai processi, al divenire, all’apertura di quanto inizia e mai più smetterà di iniziare, sempre in modo nuovo, dal ’68 in poi. Un elogio dell’incompiuto, una celebrazione della palingenesi.
Festeggiando il 50° anniversario del ’68 l’esposizione mira a raccontare, dunque, ciò che da lì comincia, con le opere fra gli altri di Franco Angeli, Diane Arbus, Allan Kaprow, Jannis Kounellis, Mario Schifano, Michelangelo Pistoletto, Toshio Matsumoto e, dalla collezione della Galleria Nazionale, con le creazioni di artisti come Gianfranco Baruchello, Daniel Buren, Mario Ceroli, Christo, Tano Festa, Giosetta Fioroni, Andy Warhol. Accompagna la mostra il giornale-catalogo “È solo un inizio. 1968”, con il testo di Ester Coen e interventi, tra gli altri, di: Franco Berardi Bifo, Achille Bonito Oliva, Luciana Castellina, Germano Celant, Goffredo Fofi, Franco Piperno, Rossana Rossanda, Lea Vergine, a cura di Ilaria Bussoni e Nicolas Martino.
L’arte, la democrazia, la vita, niente sarà più lo stesso dopo di allora, eppure niente sarà mai più una conquista sicura. La mostra alla Galleria Nazionale non si propone di giudicare i fini e gli esiti, tantomeno i mezzi di quel periodo storico, ma si limita a narrare le scintille creative che quella generazione ha avuto l’opportunità di esperire, fra arte e politica. Non solo perchè l’arte si sia fatta portavoce di una volontà di rinnovamento politico, quanto nello spirito di rinascita che accomuna il Sessantotto e l’arte stessa. Il minimalismo, il concettuale, l’arte povera, la land art, le tante correnti che in quegli anni emergono veloci e si espandono, pur nella eterogeneità di anime e di finalità, ne sono un esempio, insieme al rinnovamento radicale del pensiero e delle arti della vita quotidiana espresse nel design e nella moda.