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Tutti i punti di incontro e scontro tra Nato e Russia dal Forum transatlantico

Mentre gli Stati Uniti sono diventati un poliziotto mondiale riluttante, la Russia continua ad accrescere la propria influenza in Europa. Intanto, le crisi in Ucraina e Siria restano lontane dalla loro soluzione. È questa la complessità attuale descritta da Anders Rasmussen (in foto con il ministro degli Esteri Angelino Alfano), ex segretario generale della Nato, intervenuto questa mattina al secondo Forum transatlantico sulla Russia, organizzato a Roma dal Centro studi americani (Csa) con la collaborazione dell’ambasciata Usa in Italia.

I RAPPORTI TRA NATO E RUSSIA

“Viviamo in un nuovo mondo interrelato che presenta nuove minacce e che necessita sempre più di risposte comuni”, ha chiarito Rasmussen. “Sono convinto – ha aggiunto – che condividiamo con la Russia interessi in una seria di aree economiche e di sicurezza e che dovremo provare a fare tutto il possibile per normalizzare i rapporti”. Ne è convinta anche Ogla Oliker, direttrice del programma Russia ed Eurasia del Center for strategic and international studies (Csis) di Washington: “Non c’è alcun modo di risolvere la crisi ucraina o le questioni legate al controllo delle armi senza la Russia”, pur ammettendo che l’obiettivo di Mosca è “avere influenza ed essere riconosciuta come grande potenza in un ordine, quello successivo alla fine della Guerra fredda, di cui non è soddisfatta”.

L’opzione di scontro, dunque, non sembra essere presa in considerazione. Secondo il parlamentare tedesco Karl-Georg Wellman, portavoce per Russia e Ucraina, “con 500 armi nucleari, grandi organizzazioni criminali, presenza di nuclei di terrorismo jihadista e con la complessità della regione nordcaucasica, una Russia destabilizzata sarebbe un incubo per tutta l’Europa”. Bisogna inoltre considerare, ha rimarcato Wellman, che “la Russia ha percepito come una minaccia l’adesione alla Nato della Germania dell’est, della Polonia e delle Repubbliche baltiche, e che continua a percepire la stessa Alleanza come una minaccia”. D’altra parte, è però innegabile che “la Russia stia giocando una partita a scacchi su scala mondiale”, ha affermato Kelly Degnanchargé d’affaires della missione dell’ambasciata Usa in Italia, che ha aperto i lavori del Forum insieme al presidente del Csa Gianni De Gennaro. Considerando i molteplici punti di frizione in corso, ha aggiunto la diplomatica americana, “non torneremo al business as usual con Mosca finché alcune questioni non saranno risolte”.

IL FIANCO EST

La prima questione da risolvere, nonché quella forse più difficile, è la crisi ucraina. “L’Europa orientale – ha spiegato Rasmussen – è stata un punto determinante nel deterioramento delle relazioni Nato-Russia, in seguito all’annessione illegale della Crimea che ha significato, per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale, il ritorno all’uso della forza militare in Europa, per di più contro l’integrità territoriale di un Paese europeo”. Ora, gli ha fatto eco la Degnan, “i progressi dipendono dall’influenza russa sui ribelli in ucraina; i russi devono dimostrare la volontà politica di voler intraprendere un percorso di pace e stabilità”. Il punto che gli Stati Uniti non sembrano propensi a discutere è “l’integrità territoriale dell’Ucraina”, e il fatto che “la Crima dovrà restare parte del suo territorio”, ha rimarcato la chargé d’affaires americana. Come? “Il Consiglio Nato-Russia (ndr, frutto del cosiddetto spirito di Pratica di Mare) è considerato un buon punto per ripartire”.

E QUELLO SUD

Mentre ad est gli Usa sembrano mantenere stabile il proprio impegno, il progressivo arretramento dal Medio Oriente e Nord Africa ha posto l’Europa nella condizione di doversi assumere maggiore responsabilità. “È stata la crisi in Libia a permettermi di capire che Stati Uniti sono diventati un poliziotto mondiale riluttante”, ha detto Rasmussen. “Il successo militare condotto sotto l’ombrello della Nato – ha ricordato l’ex numero uno dell’Alleanza – è stato seguito da un follow up politico quasi inesistente, trasformando così un successo militare in un disastro politico che ha fatto cadere la Libia nell’abisso, permettendo alla Russia di accrescere la propria presenza nel fianco sud”. In Siria invece, “Russia e Stati Uniti hanno trovato nel Daesh un nemico comune”, ha aggiunto Rasmussen. Eppure, bisogna riconoscere che Putin è intervenuto nella crisi “non per combattere il terrorismo ma per proteggere il regime di Assad, con prove evidenti di attacchi indiscriminati su aree urbane che hanno esasperato il problema migratorio sull’Europa, evidente con il recente risultato delle elezioni tedesche” che ha visto l’ascesa del partito di estrema destra Afd.

D’altronde, ha detto il presidente dell’Assemblea parlamentare della Nato Paolo Alli, “l’obiettivo della Russia è restare in Sira per almeno i prossimi 50 anni, al fine di assicurarsi il controllo di una zona strategica di accesso al Mediterraneo e al Mar Nero”. Se in passato è mancata una certa attenzione a tutto questo da parte della Nato, “la nuova Direzione strategica per il sud, il cosiddetto hub di Napoli che andrà a regime alla fine di quest’anno, è un segnale di grande attenzione al fianco meridionale”, ha ricordato Alli. Ma, tra arretramento Usa e penetrazione russa, “è mancata l’Europa, sia in Siria, sia in Libia, così come nella lotta al Daesh e nel confronto con Turchia e Arabia Saudita”, ha spiegato l’europarlamentare portoghese Ana Gomes, intervenuta nella seconda tavola rotonda della giornata.

LE NUOVE MINACCE

Un altro tema scottante riguarda le minacce ibride. “Abbia perso tempo, siamo stati vittima della sindrome della Linea Maginot”, ha spiegato il presidente dell’Ispi Giampiero Massolo: “Da est è arrivato un attacco in forma ibrida, subdola e informatica, e non un attacco con le armi per cui ci eravamo preparati”. Poi, ha aggiunto, “da sud ci ha colti impreparati una minaccia fortemente asimmetrica che ha aggiunto un carattere ibrido alla minaccia russa proveniente da est”. Proprio per questo, l’Alleanza dovrebbe concentrarsi di più sulle “soft power skills, sul coordinamento delle attività con gli Stati membri, sull’assistenza e sull’intelligence warning”, ha suggerito Massolo. Nel campo cyber, ha ricordato invece Rasmussen, “gli alleati si sono accordati lo scorso anno a Varsavia per inserirlo tra i domini operativi; lavorando con l’Unione europea abbiamo ancora una strada molto lunga da percorrere”.



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