Ad ora (nell’ultima, o penultima, non si sa mai, bozza di manovra) sembra scongiurata, e quindi uscita dalle ultime bozze della stabilità, l’ipotesi, che avevamo denunciato nei giorni scorsi, secondo la quale lo stato avrebbe appaltato la riscossione dei ruoli ai privati lasciando i contribuenti privi delle tutele normative previste (impignorabilità prima casa, seconda casa, beni aziendali, eccetera).
Ma, saltata una polpetta avvelenata, eccone subito in cottura un’altra almeno altrettanto grave.
Sembra infatti che resti in piedi una piccola norma che risulterebbe altrettanto devastante per i contribuenti.
Di che si tratta? Con sentenza dello scorso 17 novembre, la numero 23397, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione avevano fissato a 5 anni il termine di prescrizione dei crediti erariali. Che fa il Governo? Ha deciso di introdurre una norma interpretativa al DPR 602/73 che riporta il termine a 10 anni.
Assurdo, significa consegnare perennemente il contribuente nelle mani dell’infernale macchina fiscale.
Gravissimo, poi, che tale modifica abbia effetto retroattivo e non dall’approvazione della legge, in palese violazione dello Statuto del Contribuente (rammenterei anche uno stralcio della delega fiscale approvata nel 2013, che all’articolo 1 recitava: “Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, decreti legislativi recanti la revisione del sistema fiscale. I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto dei principi costituzionali, in particolare di quelli di cui agli articoli 3 e 53 della Costituzione, nonché del diritto dell’Unione europea e di quelli dello statuto dei diritti del contribuente di cui alla legge 27 luglio 2000, n. 212, con particolare riferimento al rispetto del vincolo di irretroattività delle norme tributarie di sfavore……”).
Possibile che ci stiamo abituando ogni giorno a nuove dosi di veleno? L’opposizione dorme, intanto…