Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Chi c’era, chi non c’era e cosa si è detto alla festa per i 10 anni del Pd

Romano Prodi, Arturo Parisi, Francesco Rutelli, Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani. Sono loro i grandi assenti alla festa per i dieci anni del Pd che si è celebrata oggi al teatro Eliseo con gli interventi del fondatore Walter Veltroni, del premier Paolo Gentiloni e con il discorso di chiusura del segretario Matteo Renzi.

Veltroni si guadagna subito l’applauso più caloroso non appena cita il Professore che, anche se ha disertato l’evento, resta il più amato tra molti elettori democratici. “Il Pd nacque con 10 anni di ritardo doveva essere il consolidamento dell’Ulivo, il governo Prodi del ’96 fu il migliore della storia repubblicana in primo luogo per l’autorevolezza di chi lo presiedeva: Romano Prodi”, afferma Veltroni mentre qualcuno dalla platea grida anche: “Perché non c’è?”. Il motivo? Le divisioni interne al mondo della sinistra. Veltroni lo esplicita chiaramente, pur senza fare nomi e senza citare Mdp: “L’elettore di sinistra aspetta questa notizia: un giorno, anche solo 24 ore, senza una scissione o una divisione, che rendono più deboli noi e più forti gli altri”. Nei pressi del bar del teatro, il deputato Ernesto Carbone, parlando delle assenze degli ex segretari Bersani ed Epifani, commenta: “È normale che non ci siano. Se te ne vai, se divorzi, non festeggi i dieci anni di matrimonio…”.

Ma tra gli assenti (come il presidente del partito Matteo Orfini) ci sono anche tutti gli esponenti della minoranza a partire da Rosy Bindi e Gianni Cuperlo per finire con il governatore della Puglia Michele Emiliano e il ministro della Giustizia Andrea Orlando. L’unico presente è Cesare Damiano. Nelle prime file ci sono i ministri Graziano Delrio, Giuliano Poletti, Valeria Fedeli, Claudio De Vincenti, Marco Minniti, Roberta Pinotti e Dario Franceschini, nonostante quest’ultimo, secondo i rumors raccolti da Formiche.net, sia in rotta di collisione col segretario Renzi tanto che i due non si parlerebbero da settimane. Ma questo è il giorno in cui deve regnare l’unità e, perciò, i tre oratori marciano uniti su un punto in particolare: l’approvazione dello Ius soli, invocata da Veltroni e Renzi e assicurata da Gentiloni. “Abbiamo introdotto le unioni civili in questo Paese e ne siamo orgogliosi. E spero che saremo orgogliosi di poter dire che i bambini che frequentano le nostre scuole, che sono nei nostri quartieri e giocano nelle squadre di calcio, ma che sono nati da genitori stranieri, possano avere il diritto alla cittadinanza”, ha ribadito il premier.

Un’unità di intenti non solo formale ma anche sostanziale, come ci spiega una militante locale: “Oggi era un giorno molto importante. Dovevamo far capire che non ci sono attriti tra Renzi e Gentiloni”. Un’armonia dettata dal fatto che, secondo il premier, il Pd è indispensabile per il Paese: “Teniamocelo stretto questo Pd nato 10 anni fa, perché – spiega – non so come sarebbe sopravvissuta una sinistra di Governo e forse la sinistra se non avesse assunto 10 anni fa la forma del Pd”.  “L’alternativa – aggiunge – è tra chi pensa possibile rifugiarsi nella pantofole delle proprie biografie e chi accetta la sfida tempestosa del governo. Con il Pd e l’Ulivo si è vinta la sfida di una sinistra di governo e non possiamo tornare indietro”.

Un ragionamento che trova conferma nelle parole di Renzi: “A chi ha anteposto il destino personale al destino del Pd minacciando di andarsene e poi andandosene voglio dire che il Pd appartiene al suo popolo e chi se ne va tradisce se stesso. Basta con i rancori, sentiamoci tutti a casa nostra”. Il segretario, poi, fuga ogni dubbio su una presunta rivalità con Gentiloni in vista del dopo elezioni: “Non mi interessa chi farà il premier, ma cosa farà il premier” per esempio nella sua battaglia in Europa. Per Renzi l’avversario è il centrodestra: “Se passa come spero il Rosatellum abbiamo di fronte a noi un corpo a corpo in tutti i collegi con un centrodestra populista, che ci ha lasciato con lo spread e la più grande crisi economica del dopoguerra. O noi saremo nelle condizioni di capire che questa è la sfida o rischieremo di perdere non noi come Pd ma l’Italia”.

×

Iscriviti alla newsletter