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La Francia attenua la linea sulla web tax dopo gli incontri americani di Le Maire

web tax

Il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire è considerato uno dei falchi per quel che riguarda la necessità che l’Europa introduca un sistema di tassazione comunitario più severo con i giganti della tecnologia. “Poi – scrive Politico.eu – “è andato a Washington”: da lì c’è stata una sorta di conversione verso una linea più morbida.

EQUALIZATION TAX

Le Maire era uno dei ministri delle quattro grandi d’Europa (Francia, Germania, Italia e Spagna) che non più tardi di inizio settembre chiedeva una nuova, aggressiva tassa sui giganti digitali che operano nel Vecchio Continente. Il Financial Times parlò per primo, poi Politico ottenne una copia, di un memorandum d’intesa che sarebbe stato fatto circolare alla riunione dei ministri delle Finanze a Tallin, con il fine di ottenere mandato dal Consiglio europeo che si riuniva contemporaneamente nella capitale estone. L’obiettivo: una “equalization tax“, così la chiamava il memo, piuttosto dura che incideva sui ricavi e non sui profitti di compagnie come Google, Facebook, o Amazon, che attualmente trovano un Bengodi fiscale in UE, protette dai sistemi laschi di paesi come Irlanda o Lussemburgo (la prima ha un’aliquota d’imposta pari al 12,5 per cento, e per questo è diventata il porto europeo per certe ditte).

UNA QUESTIONE DIVISIVA

La questione è annosa, diventata divisiva negli ultimi anni, con i piccoli che si sono schierati contro i grandi membri dell’Unione. Questi ultimi teoricamente guidano la cordata di 19 paesi che vogliono maggiore pressione sui colossi della Silicon Valley, e il contrasto col club dei più aperti è venuto fuori nella riunione del Tallin Digital Summit 2017 il 29 settembre. Diceva il francese Pascal Saint-Amans, direttore del Centre for Tax Policy and Administration dell’Ocse che c’è “amaro in bocca perché non c’è accordo sulla tassazione profitti delle società digitalizzati”. Parigi guidava la cordata: su incarico del presidente Emmanuel Macron, Le Maire aveva iniziato a studiare a luglio il piano più aggressivo contro Google & Co., cercando di coinvolgere l’omologo tedesco come primo step politico: diceva, “abbiamo un’idea semplice: tassare le aziende in base alle entrate”. In mezzo la controversia tecnica: legalmente è molto complicato che l’Unione Europea, anche sotto le pressioni dei grandi, approvi leggi fiscali per tutti i paesi membri senza l’unanimità, e Irlanda, Lussemburgo, ma anche Malta, Cipro, Olanda, sono contrarie.

GLI INCONTRI AMERICANI DI LE MAIRE

Ad ammorbidire la posizione della Francia, però, non sarebbe stata la difficoltà metodologica del raggiungere la tassazione, ma alcuni incontri avuti da Le Maire a Washington, scrive adesso Politico. In particolare una lunga chiacchierata con il segretario al Tesoro americano Steve Mnuchin e con alcuni sherpa ed esponenti delle aziende della Silicon Valley. Alla fine, tassare i ricavi anziché i profitti (la linea dura francese) sembra un progetto completamente accantonato. E nel testo passato dal Consiglio europeo venerdì si rimanda la palla all’Ocse, una vittoria per i piccoli paesi, una quasi delegittimazione per l’Ecofin, che resta l’organismo deputato ad avanzare proposte, ma che andranno inserite nel contesto dell’Ocse. Indizi: “Penso che il concetto di una tassa sul reddito non abbia senso e non credo che questa sia la giusta direzione”, parole che Mnuchin ha lasciato ai giornalisti a margine delle riunioni annuali della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale della scorsa settimana.

IL PESO AMERICANO

Proprio Mnuchin consigliava di mettere ogni decisione sotto egida Ocse, gli europei dicevano che avrebbero tirato dritto. Alla fine Parigi, capofila dei falchi, ha ammorbidito la linea. Contorno: Amazon ha annunciato a inizio mesi almeno 1000 nuovi posti di lavoro in un nuovo centro di distribuzione a Brétigny sur-Orge, qualche decina di chilometri a sud di Parigi. Sempre ai primi di ottobre, Tim Cook di Apple ha incontrato Macron. Stante la ricostruzione di Politico quello che esce è che nonostante i grossi problemi di relazioni tra Bruxelles e la Washington trumpiana, ancora il peso dell’America sull’Europa sarebbe forte, al punto da poter influenzare grosse decisioni europee.


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