Schiarita per Carige? I soci stabili si sono impegnati a sottoscrivere una quota superiore al 30% dell’aumento di capitale da 500 milioni di euro vitale per la sopravvivenza della banca ligure. La firma del consorzio di garanzia dovrebbe arrivare entro il fine settimana scongiurando così una crisi.
LE NOVITA’
Oltre a Malacalza e Volpi, che si sono impegnati a sottoscrivere l’aumento per il 17,6% e il 9,9%, sosterranno la ricapitalizzazione anche Coop Liguria e Aldo Spinelli, titolari del 3,4% del capitale, e altrettanto è intenzionata a fare la fondazione, che però dovrà essere autorizzata dal Mef.
LA TEMPISTICA
Da fonti vicine al consorzio di banche che assistono Carige (Credit Suisse, Deutsche Bank e Barclays) si sottolinea come il clima sia molto cambiato e ci siano ora i presupposti per arrivare alla firma della garanzia sull’aumento, senza il quale non sarebbe possibile lanciare l’operazione. Se la crisi sull’aumento di Carige dovesse ricomporsi entro il weekend il titolo lunedì potrà essere riammesso alle contrattazioni di Borsa. A quel punto occorrerà attendere solo il via libera della Consob alla pubblicazione del prospetto informativo prima che l’operazione possa essere avviata. E’ ragionevole ipotizzare che tutto possa realizzarsi in tempi stretti in modo da permettere a Carige di chiudere la ricapitalizzazione entro il 31 dicembre 2017, come prescritto dalla Bce.
PROBLEMI CON IL CONSORZIO
Tutto è cominciato prima dell’apertura delle Borse, quando in una nota la banca ligure ha fatto sapere che il consorzio di banche estere composto da Deutsche Bank, Credit Suisse e Barclays, che si era impegnato solo con una pre-garanzia, si è tirato indietro. I motivi non sono stati esplicitati ma nei giorni scorsi si sono riaffacciate pesanti tensioni sulle banche italiane, che continuano a fare il conto con il problema delle sofferenze. L’istituto ligure Carige ha allora affidato all’amministratore delegato Paolo Fiorentino il compito di verificare “l’esistenza dei presupposti per il proseguimento del piano di risanamento” e “per una eventuale proroga dei termini dell’operazione”. Secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, il consiglio di amministrazione che si è riunito ieri mattina si sarebbe poi aggiornato in serata, nel tentativo di trovare una soluzione.
VIA DI USCITA
L’obiettivo, e quindi la via d’uscita da questa situazione decisamente complessa, potrebbe essere quello di fare cambiare idea alle banche del consorzio o anche quello di chiedere alla vigilanza della Bce una proroga sui tempi di realizzazione del risanamento. Francoforte aveva infatti imposto che il rafforzamento patrimoniale da 1 miliardo, di cui l’aumento da 560 milioni è solo una parte, fosse completato già entro la fine dell’anno. Certo, Carige potrebbe anche decidere di avviare la ricapitalizzazione nei tempi già programmati senza un consorzio di garanzia, ma i precedenti casi di Monte dei Paschi (circa un anno fa) e della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca (primavera del 2016) insegnano che il rischio sarebbe altissimo.
LE IPOTESI DEGLI ANALISTI
Gli analisti finanziari, fin dalla mattina, hanno prefigurato gli scenari possibili nel caso in cui davvero l’aumento di capitale non riuscisse a partire. “Alle attuali condizioni di mercato – scrive Banca Akros – non escludiamo che Banca Carige venga messa in risoluzione dalla Supervisione. Ne seguirebbe probabilmente una separazione di good e bad asset, con una ricapitalizzazione della banca ponte da parte dello Stato e un’aggregazione in un gruppo più ampio, mentre le esposizioni non performing verrebbero trasferite a un investitore specializzato per un recupero in futuro”. Quale potrebbe essere il gruppo più ampio dentro cui inserire Carige? In passato spesso era circolato il nome di Intesa Sanpaolo, ma c’è anche Unicredit e non bisogna tralasciare Unipol, il cui ad Cimbri aveva auspicato nei giorni scorsi un successo per il piano di Carige (cosa che però non equivale a un impegno a sottoscrivere azioni).
FIDUCIA DI MALACALZA
La sera del 16 novembre, a rendere ancora più movimentata una giornata che già lo era, è arrivata anche una dura nota della famiglia Malacalza, prima azionista di Carige con il 17,6%. La famiglia che vive a Genova anzitutto ha fatto sapere di avere presentato alle autorità la richiesta di essere autorizzata a salire al 28% dell’istituto ligure. L’istanza è stata presentata lo scorso 26 ottobre, ha spiegato una nota in cui la holding della famiglia Malacalza si è mostrata critica nei confronti delle banche del consorzio di garanzia, confermando nello stesso tempo “la propria attitudine di sostegno” all’istituto di credito in difficoltà. In particolare, Malacalza Investimenti ha spiegato che “intende confermare ancora la propria attitudine di sostegno, nell’interesse della banca, del territori e dell’azionariato tutto”, ma la disponibilità non può “tradursi in una impropria supplenza della funzione del consorzio di garanzia e non può prescindere dalle determinazioni dell’autorità di vigilanza in merito alle istanze che sono state a essa rivolte”. Ieri sera la società ha comunicato di avere raccolto adesioni all’aumento per l’11,75% del capitale “oltre a quanto comunicato dalla Malacalza investimenti”.
Nel pomeriggio di oggi, come detto, i soci stabili si sono impegnati a sottoscrivere una quota superiore al 30% dell’aumento di capitale da 500 milioni di euro vitale per la sopravvivenza della banca ligure. La firma del consorzio di garanzia dovrebbe arrivare entro il fine settimana scongiurando così una crisi.
(articolo aggiornato alle ore 16,30)