Non sono bastati due mesi di trattative con liberali e verdi per formare un nuovo governo. Due sono ora le ipotesi in campo: ritorno alle urne o esecutivo di minoranza, anche se Angela Merkel sembra decisamente contraria alla seconda. Alla prova dei fatti, il celebrato sistema elettorale tedesco (proporzionale con sbarramento al cinque per cento) sembra assai meno efficace di come solitamente viene descritto. Non c’è da stare allegri: in un passaggio assai delicato dei suoi equilibri democratici, l’Unione europea rischia di trovarsi con un baricentro politico indebolito. Ma siamo sicuri che Frau Merkel abbia definitivamente perso la sfida della governabilità? Pensando anche alla sua storia, non ne sono per niente convinto. I giochi non sono già del tutto chiusi.
Ma chi è la “cancelliera venuta dall’Est”? Nata nel 1954 ad Amburgo, viene portata appena in fasce dai genitori a Quitzow, un paesino sperduto del Brandeburgo. Siamo nel cuore della Ddr. Il padre, Horst Kasner, è un pastore evangelico. La madre Herlind è insegnante di latino e inglese. Le condizioni di vita sono precarie. La repressione del regime di Walter Ulbricht nei confronti dei religiosi è dura. Ma Kasner, un tipo tosto, è un sacerdote convinto che cristianesimo e socialismo possano coesistere. Incaricato di dirigere un Collegio ecclesiastico, nel 1957 si trasferisce con la famiglia a Templin. Siamo a due passi dalla Polonia. Oltre le mura cittadine c’è il Waldhof, immerso nella campagna. È un istituto per bambini handicappati, che ospita i corsi di teologia per seminaristi tenuti da Horst. È qui che Angela passa la sua infanzia e parte della sua giovinezza.
Nel 1968 si iscrive ai Giovani Pionieri, organizzazione legata alla Sed (il partito unico), dove ha modo di distinguersi per la sua stoffa da leader. Successivamente entra nel Club dei giovani matematici e si conquista un posto all’Olimpiade di russo a Mosca. Un viaggio che non dimenticherà mai: perché è a pochi metri dal Cremlino che uno dei partecipanti le parla dell’ineluttabilità della riunificazione tedesca. Dopo Mosca, tra i sedici e diciassette anni, altri viaggi: Praga, Sofia, Bucarest. Zaino, tenda, treno, jeans e eskimo. Il suo motto: “Non mostrare mai incompetenza, essere sempre la numero uno”. Conseguita la maturità, dal 1973 è studentessa di fisica all’Università di Lipsia. Sono gli anni in cui il cantautore dissidente Wolf Biermann viene privato della cittadinanza, lo scienziato Robert Havemann viene arrestato, il filosofo Rudolf Bahro viene spedito come un pacco dall’altra parte della Cortina di ferro.
Nel 1978 è a Berlino, ricercatrice all’Accademia delle scienze. Vi lavorano fisici di fama, ma attrezzature e laboratori sono preistorici. L’immenso calcolatore centrale è stato impiantato dalla Robotron -il Kombinat di Dresda che fabbrica computer- sul modello Ibm e funziona con le schede perforate. Tutte le attività procedono con esasperante lentezza. Nondimeno, Angela nel 1986 consegna la sua tesi di dottorato in chimica quantistica, alla quale deve però accludere un saggio di marxismo-leninismo dal titolo: “Qual è lo stile di vita socialista?”. Censurato dalla commissione esaminatrice poiché trascurava di elogiare le virtù della classe operaia, più tardi scoprirà che dietro c’era lo zampino di un collega da lei molto stimato, Frank Schneider. Questi era infatti un “Im”, cioè un “informatore non ufficiale” della Stasi.
Allora la futura Kanzlerin si era avvicinata alla Da (Demokratischer Aufbruch, “Risveglio Democratico”), uno dei principali movimenti civici che animavano le strade berlinesi prima della “Wende” (La svolta) del 9 novembre 1989. Le prime e uniche elezioni libere tenutesi nella Ddr (18 marzo 1990) sono però disastrose per la Da. I cristiano-sociali stravincono. Angela non ci pensa due volte: si dirige verso il locale dove festeggiano la vittoria e incontra il premier in pectore Thomas de Maizière, che la nominerà vice-responsabile per la comunicazione del suo dicastero. Inizia qui la sua irresistibile ascesa al potere. Nell’ottobre 1990 si iscrive alla Cdu unificata, che la candida alle elezioni di dicembre. Entra nel Bundestag e, soprattutto, conosce il padre della “nuova Germania”.
Helmut Kohl intuisce subito che “das Mächden” (la ragazzina), come l’avrebbe chiamata, era perfetta per il suo grande disegno. Era infatti donna, figlia delle due Germanie e aveva un innegabile talento politico. Il 18 gennaio 1991 Angela giura come ministro per le donne e i giovani. Alla fine dell’anno è vicepresidente della Cdu. Nel 1994 è ministro dell’Ambiente. Presiede il vertice Onu sul clima (1995) e contribuisce alla stesura del Protocollo di Kyoto (1997). Il suo prestigio internazionale è ormai indiscutibile. Nel 1998 Wolfgang Schäuble la propone come segretario generale della Cdu. Otto anni dopo la riunificazione, la figura di Kohl è ammaccata e stanca. Ma non sarà il solo a soccombere. Il 6 novembre 1999 viene arrestato l’ex tesoriere del partito con l’accusa di finanziamento illecito. La Tangentopoli tedesca taglierà molte teste.
Anche Schäuble sarà costretto a dimettersi, sia dalla guida del partito che del gruppo parlamentare. Ma la discesa agli inferi della vecchia guardia della Cdu viene decretata il 22 dicembre 1999 da Angela Merkel, che firma un articolo sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung: “Il partito deve imparare a correre, deve sapere che potrà intraprendere la lotta contro gli avversari anche senza il proprio cavallo da combattimento, come lo stesso Kohl ama spesso definirsi. Come nella pubertà, deve liberarsi dalla propria casa paterna, deve andare per la propria via”. Scacco matto: la base comincia a tifare rumorosamente per la “donna venuta dall’Est”. Sarà lei il futuro della Cdu fino ai nostri giorni. Paragonandola alla Tatcher, Jacob Augstein di Spiegel ha scritto: ” Anche Merkel è una radicale. Ma la sua radicalità sta nel suo pragmatismo senza confini. Lei è pronta alla svolta più inattesa, eppure rimane fedele al proprio corso interno. Perché il suo compasso interiore indica sempre dove stia il prossimo obiettivo”. Aspettiamo, insomma, prima di darla per spacciata.