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Come Erdogan si districa tra i fondi europei per i migranti

L’Europa adotta un inedito doppio binario con la Turchia. Se per quanto riguarda l’accordo sui migranti pacta sunt servanda, quindi gli accordi presi vanno rispettati, sui fondi che spettano alla Mezzaluna in vista della sua sempre più improbabile adesione alla Ue, Ankara se la vede male. Almeno per il momento.

Da Bruxelles nel giro di pochi giorni sono arrivate due notizie solo in apparente contrasto l’una con l’altra. La prima è lo stanziamento di 1,78 miliardi di euro (sui sei totali promessi al momento dell’accordo) per finanziare 55 progetti sul territorio turco, concentrati soprattutto su istruzione e cure sanitarie. 908 milioni di euro sono già stati trasferiti. I fondi non sono inviati solo al governo turco, ma anche a una serie di istituzioni legate alle Nazioni Unite e Ong che da tempo si occupano dei migranti nel Paese.

Il processo viene strettamente monitorato da rappresentanti dell’Unione europea, che incontreranno le controparti turche ogni tre mesi per valutare come procede l’implementazione dei progetti.

Se sul fronte migranti, quindi, la Ue sta tenendo fede agli impegni presi, seppure monitorando con attenzione per evitare fenomeni di ‘dispersione’ dei fondi, per quanto riguarda quelli da destinare nel 2018 alla Turchia, ad Ankara è arrivata una brutta notizia. Il Cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha mantenuto quanto aveva promesso in campagna elettorale. E quindi la Mezzaluna ha visto una sforbiciata al denaro che avrebbe dovuto ricevere, a causa – la motivazione l’hanno scritta chiaramente – del deterioramento della democrazia e del rispetto dei diritti umani.

Morale della favola: Ankara riceverà 105 milioni di euro in meno più altri 70 addizionali, che facevano entrambi parte dei fondi propedeutici all’accesso in Ue. Nel periodo dal 2014 al 2020, Bruxelles si era impegnata a trasferire ad Ankara 4,45 miliardi di euro. Ma fino a questo momento sono arrivati solo 360 milioni.

Dal 2007 al 2017 la Turchia ha ricevuto 979,6 milioni di euro, sempre di fondi propedeutici al suo ingresso in Unione europea, argomento che da sempre vede duramente contrapposti gli schieramenti del sì e del no. Quest’ultimo anche a causa della crisi dei migranti e della grave situazione interna del Paese dal punto di vista del deterioramento democratico e della mancanza di libertà di stampa, sembrerebbe prevalere, nonostante ci sia chi proprio non riesce a pensare ad Ankara fuori dall’Ue. Anche se di fatto, in termini di politica estera e adeguamento alle normative, la Turchia fa da tempo quello che vuole, anche in spregio della sua adesione alla Nato.

La decisione deve essere ancora approvata dal Parlamento Europeo. Ma i numeri ci sono e soprattutto nei corridoi di Bruxelles l’imperativo sembra ormai mandare un messaggio concreto e diretto ad Ankara.


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