Skip to main content

Fake news, Buzzfeed e New York Times, tutte le novità sulla disfida fra Pd e M5S

Di Lorenzo Bernardi e Niccolò Mazzarino
Grillo

Continua, anzi si amplifica, la polemica politica sulle fake news. Secondo il Movimento 5 Stelle le inchieste giornalistiche di Buzzfeed e New York Times sulle fake news sarebbero a loro volta delle fake news. Non solo, per il blog di Grillo si tratterebbe di “un giochino apparecchiato su misura al segretario del Pd, oramai in caduta libera. Ed è molto triste che a prestarsi siano state due note testate giornalistiche come il Nyt e Buzzfeed”.

COSA HANNO SVELATO BUZZFEED E NEW YORK TIMES

Tutto è cominciato con un’inchiesta di Buzzfeed che ha portato alla luce una galassia di siti internet e account social, molti dei quali più o meno collegati fra loro, responsabili di campagne di disinformazione e della pubblicazione di varie “bufale”. Sono emersi anche collegamenti fra siti filo-grillini e filo-leghisti. Secondo Buzzfeed, i medesimi soggetti riscuotevano i proventi della pubblicità da siti teoricamente scollegati. A ciò si è aggiunto l’articolo del New York Times, che ha ripreso la notizia sottolineando come in vista delle prossime elezioni l’Italia sia “il punto debole di una sempre più vulnerabile Europa”. Sullo sfondo, le possibili ingerenze da parte della Russia, analoghe a quelle che avrebbero condizionato già le presidenziali Usa. Il New York Times ha citato nel suo articolo Andrea Stroppa, esperto in cybersecurity, già collaboratore di Marco Carrai, consigliere di Matteo Renzi. Stroppa aveva evidenziato, anche sul suo profilo Twitter, gli anomali collegamenti fra i siti vicini ai 5 stelle e quelli salviniani.

LA REAZIONE DEL M5S

Il Movimento ha affidato la sua reazione ufficiale al blog, e si tratta di un contrattacco che prende di mira Renzi. Il primo elemento sospetto sarebbero le tempistiche. “New York Times e Buzzfeed pubblicano a distanza di tre giorni due presunte ‘inchieste giornalistiche’ – mette nero su bianco il movimento capeggiato da Luigi Di Maio – Le due inchieste arrivano, guarda caso, alla vigilia della Leopolda di Matteo Renzi, quest’anno dedicata, guarda ancora il caso, proprio alle fake news”. Nella tesi del M5S tutto ruoterebbe intorno a Stroppa. “Entrambi i pezzi, apparentemente indipendenti, nascono da una ricerca condotta da un tecnico del web non strettamente indipendente, Andrea Stroppa”. Si traccia poi il collegamento con Carrai. “Stroppa è stato arruolato nella Cys4, la società di sicurezza presieduta da Carrai, il braccio destro di Renzi, al quale l’ex premier voleva persino affidare la guida dei servizi segreti italiani”. E poi l’affondo: “Diciamocelo chiaramente: sembra un giochino apparecchiato su misura al segretario del Pd, oramai in caduta libera”. E ancora: “Quella dei due quotidiani è un’altra fake news sulle fake news. Le due testate avrebbero infatti dovuto approfondire quanto meno la ricerca invece di prendere come oro colato lo studio di un giovane sotto contratto con la coppia Carrai/Renzi”. C’è anche la spiegazione dei collegamenti con i siti “salviniani”. Sarebbe colpa di soggetti indipendenti, slegati dal M5S: “Non ci vuole un genio a capire che questi siti nascono spontaneamente. Sul web ognuno, anche per mero scopo di guadagno attraverso la pubblicità, chiuso nella sua stanza può scegliere di aprire più di una piattaforma e pubblicare quel che vuole. Ma ciò non significa che ci debba essere un coinvolgimento della forza politica di riferimento”.

IL COMMENTO DI MARTON

Per Bruno Marton, senatore del M5S e componente del Copasir sentito dall’agenzia Cyber Affairs, “hanno accusato noi e quelli della Lega, quando in realtà sono i media principali a diffondere le fake news, a divulgarle e amplificarle, quanto e più dei social network. Qualsiasi strumento si possa mettere in atto per limitare l’influenza di queste notizie false va assolutamente usato, senza influire però nelle libertà dei social media e di Internet”. Sulla necessità di creare strumenti normativi di contrasto a questo problema, Marton commenta: “In linea generale, penso che si tenda a creare sempre strumenti legislativi, ma alla fine è la cultura che fa la differenza. Finché stiamo smontando scuole e istruzione e non diamo più strumenti alle persone per capire e informarsi correttamente, non ne usciamo. Non è lo strumento legislativo in sé che può fare la differenza. Può aiutare, ma sono la cultura e l’istruzione che fa la differenza in queste cose”.

LA REPLICA DI CARRAI

Sempre oggi, sul Corriere della Sera, è arrivata la versione di Carrai. “Non esiste. Ecco, questo è un esempio di fake news”, ha detto il manager e imprenditore toscano vicinissimo a Renzi e attivo anche nel settore della cyber security, commentando la notizia secondo cui ci sarebbe lui dietro l’articolo del New York Times, che partendo da un report di Andrea Stroppa, esperto di cyber sicurezza che collabora con Renzi, ha segnalato il rischio che le elezioni possano venire inquinate dalle fake news. “Escludo nel modo più totale” che sia stata la sua società di sorveglianza informatica a girare il report al Nyt. “Stroppa lo conosco – ha aggiunto – e per un periodo ha collaborato con una mia società. Chiunque può andare al registro delle Camere di commercio e vedere che non ho mai avuto società con lui”. In ogni caso, ha detto ancora Carrai, in Italia c’è un’emergenza fake news. “Un tempo l’informazione era verticale, garantita da una auctoritas e divulgata solo dai quotidiani”, oggi, ha spiegato, “grazie ai social, l’informazione è diventata orizzontale: si autoalimenta e per i follower diventa vero solo ciò che è virale”. I rischi, ha concluso, sono di “manipolazione dell’informazione, diffusione di notizie false tese a creare confusione e ad alimentare la rabbia sociale. Prenda l’esempio dei vaccini o della foto del funerale di Riina”.

IL POST DI STROPPA E I COLLEGAMENTI LEGA-M5S

Anche Stroppa, via facebook, ha replicato a Grillo, negando di essere dipendente di Carrai e sottolineando di non fare più parte da tempo di Cys4. Il cyber esperto ha difeso Buzzfeed e Nyt e ha rivendicato di essere la fonte dei due articoli. Però ha rigettato l’appartenenza al Pd di Renzi e anzi, rivolgendosi a Grillo, ha rivelato: “Nel 2013 ho votato M5S e se il programma sarà convincente non esiterò a votarvi nuovamente”.

Detto questo, ha ribadito i contenuti delle due inchieste, mettendo in dubbio la tesi del blog, ovvero che i siti di fake news siano opera di attivisti indipendenti. “Questi siti ogni giorno pubblicano decine di contenuti: articoli, immagini, video con grafiche. Vengono condivisi sulle pagine Facebook. Tutto questo lavoro coinvolge più specialità: chi gestisce il sito, chi crea i contenuti, chi elabora le grafiche, chi elabora le grafiche dei video, chi pubblica sui social, chi risponde ai commenti sulle pagine, chi risponde ai messaggi privati e via dicendo. Temo che sia un bel lavoro per un attivista indipendente”. Infine Stroppa, a proposito dei legami fra i siti pro-M5S e pro-Lega, si è chiesto chi sia l’ex attivista del M5S che, secondo la tesi dello spin doctor di Matteo Salvini, Luca Morisi, avrebbe poi contribuito a realizzare i siti pseudo-leghisti, generando “l’apparentamento” improprio. Questo ex attivista, di cui nessuno sin qui aveva fatto il nome, secondo il debunker David Puente, potrebbe essere un imprenditore napoletano, Marco Minogna, amico di Morisi (per stessa ammissione di quest’ultimo) e amico su facebook di Luigi Di Maio. Stroppa scrive che sarebbe “non proprio di un attivista indipendente, ma un personaggio con collegamenti con entrambi i vertici dei due partiti”.

LE TEMPISTICHE E I PRODROMI

In ogni caso, al netto dei contenuti dell’inchiesta di Buzzfeed, fino a prova contraria inconfutabili, è vero che la notizia era già uscita in passato, pur non suscitando l’eco di questi giorni. Lorenzo Romani, altro esperto informatico, ne aveva parlato sia su Twitter che su Affari Italiani. Poi in questi giorni è riesplosa, stavolta facendo molto più rumore, e proprio alla vigilia della Leopolda.

L’OSCURAMENTO DI DIRETTA NEWS

Strettamente correlato alla vicenda, c’è l’oscuramento della pagine Facebook di Diretta News, uno dei siti accusati di diffondere fake news, citato dall’inchiesta di Buzzfeed. La decisione è stata assunta da Facebook stessa malgrado, scrive lo stesso Buzzfeed, non ci siano prove che la testata abbia commesso degli illeciti. Come rileva il blog Valigia Blu, si aprono quindi dei profili di legittimità della decisione di Facebook, che di fatto “opera in regime di semi- monopolio” ed è in grado di censurare – almeno sulla propria piattaforma – una testata che gode, come tutti del resto, di tutele costituzionali sulla libertà di espressione.


×

Iscriviti alla newsletter