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Perché Fabio Fazio ed Eugenio Scalfari fanno soffrire il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio

Al rifiuto di Fabio Fazio di trasformare l’intervista a Silvio Berlusconi in prima serata su Rai 1 in un processo mediatico per corruzione e strage, come intimato di mattina sul Fatto Quotidiano con un titolo in prima pagina, il direttore Marco Travaglio ha reagito processando a sua volta il conduttore televisivo. Anche lui “riabilita B”, ha strillato Travaglio in apertura del giornale, alludendo chiaramente con quell’”anche” a Eugenio Scalfari. Che con una precisazione successiva, fatta sull’onda delle proteste di un po’ dei vecchi lettori ed elettori della sua Repubblica di carta, non è riuscito a farsi perdonare dal suo censore di avere preferito, sempre in televisione, ma a la 7, Berlusconi al “portavoce” di Beppe Grillo che corre addirittura per Palazzo Chigi.

Con, anzi contro Scalfari il direttore del Fatto Quotidiano ebbe il tempo o la voglia, o entrambi, di improvvisare un fotomontaggio di protesta e derisione raffigurante la nuova creatura orribile del giornalismo e della politica italiana: Berluscalfari, di complessivi 174 anni e più, quanti ne hanno insieme i due vegliardi combattutisi per tanti anni senza esclusione di colpi, prima di scoprirsi affini.

Con, o contro Fazio, agendo la sera di un giorno festivo e quindi a ranghi redazionali ridottissimi, e con buona parte del giornale già confezionato con materiale precotto, Travaglio non ha trovato né il tempo né la voglia di fotomontare un’altra creatura orribile del suo album, che sarebbe anche suonata più divertente e irriverente ai lettori: Berluscazio. Egli si è accontentato di sparare un titolo e basta. E di storpiare il nome solo alla trasmissione dove Berlusconi è stato ospitato dopo un divertentissimo e trainante siparietto, promotore di un loro film, fra Alessandro Gassmann e Gigi Proietti. Il “Che tempo che fa” è stato trasformato in “Che Silvio che fa”. Spiritosi, al Fatto Quotidiano.

Nel sommario del titolo, dove di solito si concentrano gli aspetti più importanti della notizia, e di fronte ad una vignetta di Mannelli in cui una sconsolata signora dice che “al meno peggio non c’è mai fine”, sono indicati al pubblico dileggio gli “anatemi” contro i grillini, i 20 ministri del governo di centro destra immaginati da Berlusconi, dei quali 12 della cosiddetta società civile e solo otto politici, dei quali a loro volta 3 di Forza Italia, 3 della Lega e 2 di Fratelli d’Italia, e infine l’assenza di ogni domanda del conduttore sui processi a carico dell’ospite o sulla mafia, “a proposito di Dell’Utri in carcere”.

Di nessun rilievo, né politico ne d’altro tipo, è stata considerata da Travaglio e amici la proposta di Berlusconi ai suoi alleati, ma soprattutto al presidente della Repubblica, che dovrebbe nominarlo, di far guidare l’eventuale nuovo governo di centro destra dopo le elezioni dal generale in pensione dei Carabinieri, e attuale commissario antidoping del Coni, Leonardo Gallitelli. Che proprio Berlusconi aveva nominato nel 2009 comandante generale dell’Arma dei Carabinieri. Eppure è su Gallitelli che hanno in qualche modo titolato tutti gli altri quotidiani.

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