Le banche non dovrebbero sottovalutare il Fintech, anzi imparare a maneggiarlo con cura. Parola di Antitrust. L’autorità presieduta da Giovanni Pitruzzella (nella foto) è intervenuta per la prima volta sull’impatto della tecnologia sulla finanza tradizionale, credito in primis (qui lo speciale di Formiche.net dedicato a un’iniziativa sul Fintech), ascoltata dalla commissione Finanze della Camera, la quale sta redigendo un’indagine conoscitiva sul fenomeno.
IL MONITO ALLE BANCHE
D’altronde, in un futuro non troppo lontano, la stessa Antitrust sarà chiamata a mettere ordine nella galassia della tecnofinanza, garantendo una pacifica concorrenza tra decine di operatori, banche incluse. Sempre che queste ultime riescano a cambiare pelle. “La sfida che simili processi pongono tocca da vicino gli istituti di credito in quanto le dinamiche descritte hanno spesso un effetto altamente destabilizzante sugli equilibri storicamente prevalenti in un dato settore”, ha avvertito l’autorità nel suo documento. Per gli intermediari tradizionali “la vera prova non è quella di resistere ai cambiamenti tecnologici, ma di percorrere i sentieri da questi tracciati: sentieri che conducono spesso verso nuovi equilibri e lungo i quali mutano anche le relazioni competitive tra le imprese: gli operatori devono, dunque, affrontare il più classico dei processi di distruzione creatrice connesso all’evoluzione tecnologica”.
CHE COSA DEVONO FARE GLI ISTITUTI
Il consiglio dell’Antitrust è chiaro. Banche e operatori tradizionali devono dotarsi di strutture con cui competere sul campo con la miriade di start-up del Fintech. Impensabile respingere la rivoluzione digitale e mostrarsi refrattari al cambiamento. Ma tutto ha un prezzo. “Si tratta di un processo tutt’altro che facile, dal momento che genera inevitabili tensioni tra gli operatori tradizionali e i nuovi operatori attivi nell’ecosistema digitale: sa un lato, infatti, questo tipo di evoluzione si scontra spesso con una certa inerzia degli operatori tradizionali ad adattarsi alle nuove opportunità tecnologiche”, scrive l’Antitrust. Che chiarisce poi un concetto. Il Fintech eroderà inevitabilmente quote di mercato alla finanza tradizionale, che per questo ha più volte tentato di rallentare l’ingresso di nuovi player. “Dall’altro lato, si tratta di una evoluzione che tende a portare a una riallocazione dei ricavi e del valore aggiunto, spesso a vantaggio degli operatori ed intermediari che costituiscono i nuovi protagonisti delle filiere digitali in grado di esercitare un potere di mercato significativo”.
A CACCIA DI REGOLE
Ognuno, insomma, deve fare la sua parte. Le banche innovarsi per non lasciare terreno prezioso ai nuovi attori del Fintech e lo Stato mettere paletti precisi, decidendo chi deve fare cosa. “Gli sviluppi tecnologici pongono, dunque, anche il tema delle regole”, puntualizza il Garante, “da applicarsi e quello ad esso associato dell’adeguatezza delle regole tradizionali: un tema molto complesso, peraltro analogo a quello esistente in altri settori investiti dalle nuove tecnologie (pensiamo solo al caso di Uber) che impone un’attenta riflessione sulle esigenze di tutela di altri interessi pubblici che hanno giustificato l’adozione di regole specifiche da introdurre nei singoli settori coinvolti dal processo di distruzione creatrice trainato dai nuovi modelli di business on line”.