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Come Francia e Italia guardano all’imprenditoria digitale

Imprenditorialità digitale, startup, investimenti e competizione. Di questo hanno parlato Stefano Nigro (in foto), direttore Attenzione investimenti esteri dell’Ita (Italian Trade Center), e David Hubert-Delisle, direttore di Business France Italia, durante tavola rotonda “Investire in Francia. La competitività degli ecosistemi digitali per la crescita in Europa”, moderata dal caporedattore in Economia e finanza di La Repubblica Francesco Manacorda.

“Ci posizioniamo in ritardo rispetto a Francia, Gran Bretagna e Silicon Valley”, ha detto Nigro. “Penso che l’Italia debba scegliere un’altra strada che in qualche modo valorizzi le sue specificità”, ha spiegato, riferendosi in particolare al settore manifatturiero, dove l’Italia detiene una posizione di leadership. “In questo momento l’Italia sta investendo per creare questo contesto e lo sta facendo con la scelta precisa della manifattura e del supporto digitale al settore”. Ma l’Italia può sicuramente fare di meglio: “Sui fondi qualcosa si è iniziato a fare, ma sicuramente siamo indietro rispetto alla Francia, che rappresenta per noi un modello”. “Gli amici francesi – ha spiegato – hanno due aspetti su cui noi stiamo lavorando: il marketing e la capacità di comunicare”.

Ma è proprio sui fondi che la Francia detiene il primato. “Per le startup in Francia è facile reperire fondi”, ha spiegato Hubert-Delisle, così come Parigi ha capacità di reclutare talenti: “Abbiamo 300 incubatori disponibili su tutto il territorio francese”. Infine, a fare da cornice all’ambiente già ottimale, il mercato: “Anche prima della raccolta fondi bisogna trovare un mercato favorevole. E il mercato francese è un mercato su cui le aziende straniere e tecnologiche possono svilupparsi perché l’ecosistema e i consumatori adorano l’innovazione”.

“L’Europa ha attirato 6mila investimenti stranieri, il 15% in più rispetto al 2015 e il doppio rispetto agli investimenti stranieri in Europa nel periodo della crisi economica”, ha spiegato Hubert-Delisle. Nonostante gli ultimi allarmi, fra cui “brexit, sicurezza, rischi politici e migranti, vediamo che i dati dimostrano che l’Unione europea è in ottima salute”, ha detto il direttore di Business France.

Della stessa idea, Stefano Nigro, secondo il quale “se costruiremo connessioni forti, incrementeremo investimenti in entrambi i sensi”. “Non è un caso – ha precisato – che (Francia e Italia) siano rispettivamente secondo e terzo Paese investitore nell’altro Paese”. “Vedo possibilità di connessione e collaborazione”, ha detto, riconoscendo però anche l’importanza della competizione nella crescita di un Paese. “La competizione è continua, a volte si vince a volte si perde, ma ci migliora”.

Capitolo Mezzogiorno. Per Nigro, il sud è “una sfida importante che stiamo affrontando anche grazie a un’alleanza con Invitalia – ha affermato – che ha una linea specifica di attività proprio nel sud e grazie ad alcune alleanze e accordi con le regioni. È una sfida che ha già dato qualche risvolto positivo, come la Nestlè a Benevento. Quando l’Italia è più attrattiva, c’è anche l’interesse delle multinazionali. Se riusciremo a portare investimenti anche al sud, il nostro Paese crescerà”.

A intervenire, infine, con dei consigli alle startup per investire su territorio francese, alcuni addetti ai lavori, come Giorgio Cuttica, Presidente del gruppo SedApta; Maurizio Mencarini, Direttore commerciale Emea di Expert System; André Zollinger, Direttore delle relazioni istituzionali di Thecamp; Fausto Boni, Fondatore di 360 Capital partners; Christophe Decloux, Direttore degli investimenti di Paris region Entreprises e Riccardo Samiolo, Chief financial officer di Came spa.

“È più facile lavorare in Francia – ha ammesso Fausto Boni – ma si possono fare affari migliori in Italia, anche se bisogna capire le dinamiche complessive di settore”.  “Per essere forti sul mercato europeo, bisogna per forza essere global”, ha aggiunto Cuttica. Secondo Riccardo Samiolo, il vero pregio del sistema francese è “la certezza del diritto”. “I francesi sono sindacalmente litigiosi e in Francia è difficile lavorare – ha riconosciuto – ma è un mercato civile con un fisco civile. Se c’è da pagare si paga, se non c’è da pagare non si paga. Le formalità non interessano”. Ha puntato invece sulla prossimità istituzionale, oltre che geografica, Maurizio Mencarini. “Con una bandiera francese in casa è più facile lavorare in settori particolarmente sensibili, come l’ambito della sicurezza governativa”. “Siamo insieme, siamo in Europa, non esiste una Francia e basta” ha poi concluso Cuttica, che ha posto invece l’accento sul problema della formazione. “Il grosso problema in Francia, Italia e Germania è la formazione. Bisogna fornire un salario ai ragazzi che scelgono le facoltà giuste perché abbiamo bisogno di tecnici specializzati. I governi europei devono rimboccarsi le maniche, perché mi sembra che si potrebbe fare di più”. Samiolo e Maccarini, invece, hanno sottolineato l’importanza, talvolta trascurata, delle differenze culturali. “La Francia sembra vicina – ha spiegato Samiolo – ma ci sono differenze grosse. Bisogna prima capire le differenze culturali e imparare ad apprezzarle”. “Queste differenze culturali ci sono – ha riconosciuto Mencarini – ma non possono che arricchire e portare ulteriore valore”. “Crare un nuovo modo di innovare, e creare una competizione produttiva che porti al bene comune”, invece le linee-guida di Zollinger.

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