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Il cambiamento climatico bussa alle porte delle società quotate

Lo hanno chiesto l’equivalente di un 1 trilione di dollari di investitori istituzionali. Deve essere suonata come una priorità. È infatti un nutrito gruppo di Asset Management e Fondi di investimento che ha inviato una lettera alle prime 60 banche al mondo, tra cui HSBC, Lloyds, Bank of America, JPMorgan Chase, Morgan Stanley e Deutsche Bank, per chiedere di intraprendere azioni per la riduzione di danni collegati ai cambiamenti climatici.

L’importanza del tema è evidenziato anche dai risultati della Survey 2017 elaborata da Morrow Sodali che ha esaminato nella sua analisi un campione di investitori istituzionali che rappresentano circa 24 trilioni di Asset under management, con un posizionamento geografico suddiviso tra: 50% Uk; 28% Us; 18% Europe e 4% Asia.

Il 72% dei rispondenti prende in considerazione tematiche esg nella scelta di investimento ed il 50% ha invece ritenuto che tra gli aspetti principali dell’engagement con gli emittenti ci sia un confronto sulle tematiche di climate change.

Nel corso della passata stagione assembleare, per esempio, nell’indice S&P500 circa 34 società hanno ricevuto proposte da parte degli azionisti legati alla tematica del cambiamento climatico, con le quali in linea di massima veniva richiesto un aumento di disclosure sul possibile impatto del cambiamento climatico sul business della società.

Tra l’altro, contrariamente al recente passato, le proposte hanno ricevuto il supporto della maggioranza degli investitori in grosse società come Occidental Petroleum, PPL Corp ed Exxon Mobil Corp.

In altre società come Ameren Corporation, Devon Energy Corp., Dominion Energy Inc., pur non essendo stato raggiunto il supporto della maggioranza degli azionisti, analoghe risoluzioni hanno ottenuto un consenso assembleare che supera il 40% e rappresenta un segnale inequivocabile rivolto al managment della società.

Il risultato positivo è dovuto ad un diverso approccio sulla tematica anzidetta di grossi investitori come Blackrock, Vanguard e Fidelity che nel recente passato si erano sempre astenuti su tali proposte, ed al supporto di due dei più grandi fondi americani CalSTRS e CalPERS.

Basti pensare a recentissime statement o prese di posizioni di investitori:

– Blackrock all’interno delle proprie priorità di engagment nel 2017 e 2018 ha richiesto una climate risk disclosure: “Systemic disclosure standards would enhance understanding of the impact of climate change on individual companies, sectors and investment strategies.”

– State Street ha chiesto invece con una lettera ai membri del Cda datata gennaio 2017 di focalizzarli maggiormente su tematiche Esg che andrebbero incorporate nella strategia a lungo termine della società.

In Europa, invece, nel corso della passata stagione assembleare un gigante del petrolio come Royal Dutch Shell è stato sottoposto a diverse pressioni da parte di un gruppo di azionisti interessati a proteggere il business della società dai cambiamenti climatici e consentire all’emittente di svolgere un ruolo importante nella riduzione delle emissioni inquinanti.

Per questo gli azionisti avevano presentato una risoluzione (all’assemblea del 2017 e rigettata dal 90% degli azionisti della società) con la quale si richiedeva la riduzione delle emissioni entro due tranche temporali, 2030 ed il 2050 con una contemporanea elaborazione di informazioni sulle azioni annualmente intraprese dal Consiglio di amministrazione della società su questi temi.


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