La Duma di Stato, camera bassa dell’assemblea legislativa della Federazione Russa, ha approvato lo scorso 15 novembre un provvedimento normativo che segna un passo storico nella guerra dell’informazione portata avanti ormai quotidianamente da Vladimir Putin all’interno e all’esterno del Paese.
Come segnalato dal Washington Post, è stato ratificato il primo provvedimento che autorizza il potere esecutivo a dichiarare “foreign agent” (quello che nel linguaggio intelligence italiano si direbbe “agente d’influenza”) qualsiasi media straniero che possa diffondere materiale informativo contrario alla forza di governo. La legge, che ha avuto il benestare di Putin, è passata con il voto favorevole di tutta l’aula: 414 a 0 per la precisione.
Il consenso totale dell’organo legislativo russo lascia intendere l’importanza attribuita al tema del controllo dei mezzi di informazione da parte del governo in carica. La legge, tra l’altro, sarebbe stata giustificata in risposta ad un analogo provvedimento adottato dal Dipartimento di Stato americano solo pochi mesi fa, voluto dall’amministrazione USA nei confronti di Russia Today (RT), media company in lingua inglese che trasmette contenuti orientati verso il regime di Putin.
La decisione del Dipartimento di Stato di attenzionare Russia Today e, conseguentemente, di considerarla “foreign agent” può essere ritenuta come il primo risultato concreto della guerra alle fake news e alle interferenze russe nella vita democratica americana. Russia Today è, infatti, uno dei media che più avrebbero alimentato la campagna di destabilizzazione, basata sulla diffusione di false informazioni, che ha contribuito ad acerbare il clima durante le passate presidenziali.
A differenza del sistema di controllo voluto dagli americani, nel quale è previsto l’inserimento in una lista ad hoc dei media attenzionati sulla base di requisiti predefiniti per legge, la Duma lascia carta bianca al Ministero della Giustizia russo, che non sarà tenuto a rendere pubblici i nomi delle testate controllate dal governo.
E’ facile supporre che in cima alla lista saranno posti quei mezzi d’informazione che ricevono fondi o sovvenzioni da governo americano. Tra questi spiccano Voice of America e Radio Free Europe. Anche i grandi media internazionali, come ad esempio la CNN, sarebbero sorvegliati speciali per la loro capacità di diffondere notizie non allineate con la forza di governo.
Il rischio maggiore che si corre con l’adozione di provvedimento di questo tipo è quello di ridurre la libertà di stampa più di quanto sinora si sia fatto e, in aggiunta, di delegare in toto al potere esecutivo l’esercizio di un diritto essenziale come quello della libertà di espressione.
L’attenzione quasi maniacale che Mosca rivolge al tema della disinformazione è da sempre un tratto tipico della forma mentis russa sin dai tempi della guerra fredda. Ciò che oggi si estrinseca nel controllo dei social media o dell’informazione cartacea e televisiva è in realtà l’eredità storica di una chiusura totale verso l’esterno.
Basti pensare, per riportare un esempio attuale, che in Russia esiste una versione nazionale di Facebook, chiamata VKontakte, in tutto e per tutto uguale al social network creato da Mark Zuckerberg ma indipendente da eventuali influenze esterne e confinata all’interno del Paese.
L’arte della destabilizzazione sarebbe, del resto, utilizzata verso l’esterno con metodo scientifico: risale a pochi giorni fa la diffusione di un report dell’Atlantic Council che indaga sull’uso a fini politici delle fake news da parte del governo di Mosca.