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Ecco tutti gli effetti nazionali della vittoria di Musumeci (e Berlusconi) in Sicilia

Le elezioni siciliane e quelle nel municipio romano di Ostia hanno prodotto le seguenti notizie: crollo del Pd, boom dell’astensionismo, avanzata del centrodestra e meno voti del previsto al Movimento 5 Stelle. Essere il primo partito in Sicilia, infatti, non consola i grillini se si pensa che fino a pochi mesi fa tutti erano convinti che avrebbero stravinto mentre a Ostia hanno perso il 13 per cento in un anno a fronte del 9 per cento ottenuto da CasaPound.

I GUAI A SINISTRA

Trasferire automaticamente questi risultati alle politiche della prossima primavera sarebbe un errore aritmetico, ma non politico. In altri termini, un conto è che è quasi impossibile fare previsioni precise sui numeri, un altro conto è non considerare segnali inequivocabili. Com’era ampiamente previsto, il Pd è stato sconfitto in Sicilia rianimando le polemiche su chi siano i colpevoli e le accuse reciproche tra Matteo Renzi e gli scissionisti di Mdp. Fatto sta che, come insegna la cosiddetta Seconda Repubblica, senza accordi solidi il centrosinistra non vince o se vince non governa (per informazioni rivolgersi a Romano Prodi). Dopo l’esperienza di Enrico Letta e la leadership divisiva di Renzi, ancor più quando era a Palazzo Chigi, Paolo Gentiloni sta portando a conclusione il suo difficile compito nel tentativo di dare un po’ di slancio al suo partito alle urne. Vedremo che tipo di Legge di bilancio sarà approvata, cioè se e quali concessioni saranno fatte, tenendo anche conto che molti italiani decidono per chi votare negli ultimi dieci giorni e possono essere influenzati da molti elementi esterni, dall’andamento dell’economia alla gestione dell’immigrazione, un tema decisivo.

I CANDIDATI E LE LISTE

Dal voto siciliano emergono elementi interessanti considerando le differenze tra i candidati e le rispettive liste. A spoglio in corso, Nello Musumeci (centrodestra) si attesta sul 38 per cento, seguito da Giancarlo Cancelleri (M5S) al 35,5. Fabrizio Micari (Pd, Ap e altri) sarebbe al 18,8 e Claudio Fava (Mdp e altri di sinistra) al 6,1. Si confermerebbe così il trend indicato dalle proiezioni Piepoli e Noto per la Rai: mentre le liste di centrodestra sarebbero solo un punto dietro al loro candidato, Cancelleri otterrebbe sette o otto punti più della lista M5S, che si attesterebbe sotto al 29 per cento pur essendo il primo partito, così come Micari non è piaciuto come candidato visto che la coalizione che lo sostiene sarebbe oltre sette punti oltre, al 26 per cento. Quindi elettori del Pd avrebbero utilizzato il voto disgiunto premiando centrodestra o grillini. Serviranno i dati definitivi per una lettura analitica e per conoscere i flussi elettorali, perché un 9 per cento a Lega e FdI (secondo le proiezioni) in Sicilia sarebbe un risultato notevole, soprattutto rispetto al 13 per cento di Forza Italia. Con possibili ripercussioni in vista delle politiche.

L’ASTENSIONISMO

In Sicilia ha votato il 46,7 per cento degli elettori, a Ostia solo il 36,1. La disaffezione dei cittadini non è una novità per i partiti tradizionali e invece dovrebbe preoccupare il M5S, che è il “nuovo” e che su questo e sull’onestà ha basato le sue campagne. Evidentemente in Sicilia non è bastato a convincere più elettori mentre a Ostia i grillini hanno pagato la gestione del sindaco di Roma, Virginia Raggi, dal 2016 a oggi. Il X Municipio di Ostia, commissariato per mafia due anni fa, l’anno scorso concesse al sindaco il 43,6 per cento al primo turno e il 72 al ballottaggio: fermarsi oggi al 30,2 con la candidata Giuliana Di Pillo rappresenta per il M5S uno stop serio e il ballottaggio del 19 novembre è incerto. L’avversaria sarà Monica Picca, rappresentante di FdI e sostenuta anche da Forza Italia e Lega, che ha avuto il 26,6 per cento. Saranno quindi determinanti eventuali indicazioni di voto, a cominciare da CasaPound, e i parecchi voti andati a candidati locali come il 5,5 per cento del leader delle liste civiche per l’autonomia, Andrea Bozzi, o l’8,6 per cento all’ex parroco Franco De Donno. Voti in libertà, invece, per il Pd che con Athos De Luca ha avuto solo il 13,6.

I SEGNALI DI OSTIA

La Sicilia ha mandato un segnale politico generale, ma forse da un territorio di 230mila abitanti come Ostia ne è arrivato uno ancora più importante. Perché due elettori su tre non hanno votato? Perché un movimento neofascista come CasaPound, che nel 2016 era all’1,99 per cento, oggi tocca il 7,69 come lista e il 9,08 con il candidato a presidente del Municipio, Luca Marsella? Ostia racchiude tanti problemi presenti in molte aree d’Italia: difficoltà economiche, un atteggiamento contro gli immigrati più evidente che altrove, una marcata presenza della criminalità grazie ai clan mafiosi Fasciani e Spada, con quest’ultimo che (dicono) sarebbe in grado di influenzare l’assegnazione degli alloggi popolari Ater. Ostia è il prototipo delle periferie urbane: l’attenzione di CasaPound ai più poveri, anche con pacchi di viveri, mette a nudo l’incapacità della politica tradizionale di garantire un welfare adeguato.

Le elezioni politiche saranno orientate da questi temi, nascosti dalle liti intestine dei partiti: l’Italia non è solo le città grandi e medie, è soprattutto le loro periferie e i piccoli centri. Qualche giorno fa il ministro dell’Interno, Marco Minniti, diceva al Messaggero che “la paura va ascoltata”. Si riferiva all’immigrazione e alla percezione della sicurezza. Chi vive in provincia o in una borgata non si occupa di legge elettorale e capisce che c’è stato un decreto fiscale solo quando pagherà più o meno tasse. Nel frattempo, “sente” che l’immigrazione è un problema lontano dall’essere risolto. Nessuno ha la bacchetta magica e senza accordi di riammissione moltissimi clandestini non possono essere rimandati indietro. Sia chiaro, però, che in primavera la “paura” potrebbe spostare molti voti.



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