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Osservatorio Nimby, come cambiano le fissazioni dei Signor No

Dall’impianto fotovoltaico al gasdotto, dalle discariche alle biomasse, nel 2016 l’Italia del “no” ha contestato 359 opere di pubblica utilità. Mai così tante, secondo i dati del Forum dell’Osservatorio Nimby (Not in my backyards, letteralmente “Non nel mio giardino”), che dal 2004 monitora l’evoluzione del fenomeno. E mai come oggi, la protesta viaggia sul web.

L’ambiente si conferma, come nella precedente edizione, la grande palude in cui i Nimby trascinano, in nove casi su dieci, l’imprenditoria italiana. Secondo l’Osservatorio, le contestazioni proliferano con più facilità nel settore energetico (56,7% dei casi) e in quello dei rifiuti (37,4%). Ma sono i nodi che si stringono intorno al mondo dell’energia a lasciare perplessi. Gli idrocarburi, nel 2016, sono ancora il comparto che solleva il maggior numero di opposizioni specifiche, eppure, allargando lo spettro, sono le fonti rinnovabili, nel loro variegato complesso, ad aver attirato il 75% dei casi di contestazioni. E tra i progetti colpiti dall’opposizione dei Nimby spiccano gli impianti per il fotovoltaico, per l’eolico e il geotermico. Insomma, proprio quelle soluzioni un tempo invocate come salvifiche per la liberazione dagli idrocarburi sono diventate il nuovo nemico numero uno del popolo del no.

Ma se da una parte sono le proteste di piazza a rallentare i progetti delle opere di pubblica utilità, dall’altra parte svolge involontariamente un analogo compito il totem della burocrazia ministeriale. Solo per colpa della lentezza del sistema di Valutazione di impatto ambientale “nell’ultimo anno ci sono stati progetti rimasti fermi per un valore complessivo di 21 miliardi di euro”, ha sottolineato il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, (in foto). “In sostanza, circa un punto e mezzo di Pil che non si è mosso, mentre ci rallegriamo se abbiamo segnali positivi dello zero virgola”. L’altra faccia della politica, dal canto suo, sembra aver fiutato il terreno di caccia elettorale rappresentato dai Nimby se, come riporta l’Osservatorio, a trascinare in piazza i cittadini nel 2016 sono stati, nella metà dei casi, partiti politici e enti pubblici. Subito in scia, i numerosi comitati di cittadini che si organizzano e sono sempre più presenti sui social network, dove l’”attivismo del no” è cresciuto del 23% rispetto all’anno precedente. Dinamiche queste che testimoniano un forte «desiderio delle comunità locali di dire la propria”, commenta Alessandro Beulcke, presidente di Allea, la società che promuove l’Osservatorio Nimby. Al tempo stesso, però, “a disarmare questa consapevolezza è il meccanismo dei social media, che mescola informazione e disinformazione, scienza e opinione, verità e post-verità”.

Sull’altra sponda del fiume, anche le voci flebili che si spendono per affermare l’importanza delle grandi opere sono in aumento. Rispetto al 2015, come riporta l’Osservatorio, cresce infatti dal 15% al 20% la percentuale di cittadini che si esprime a favore degli impianti e dei progetti di pubblica utilità. Tutti però, trasversalmente, chiedono maggiore coinvolgimento nelle scelte di governo legate al proprio territorio. E non è un caso se l’assenza di partecipazione attiva viene vista come una delle cause sempre più rilevanti della sfiducia nelle istituzioni e delle conseguenti contestazioni del popolo del no.



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