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Quando Jorge Mario Bergoglio non era ancora Francesco

Papa Francesco

Argentina, anni bui della dittatura. Un aspirante chimico custodisce, con cura e sprezzo del pericolo di morte che questo può comportare, tutta la biblioteca di testi di orientamento marxista della donna che lo ha condotto per mano a muovere i primi passi nel suo non facile apprendistato. Poi, quando quell’epoca buia finalmente finisce, si reca dalle figlie di quella che fu la sua amica, la sua maestra, e restituisce loro l’identità di loro madre. Quell’identità che lui ha custodito in silenzio, in silenzio ha voluto restituire. Non li ha bruciati quei libri, ritenendoli inutili, o pericolosi. Non ha tradito la promessa fatta in una notte agitata, quando lei, temendo, gli ha telefonato fingendo di avere bisogno di un’estrema unzione ma volendo in realtà vederlo per chiedergli di salvarli. Lo ha fatto, con scrupolo e determinazione. E così, con discrezione e cocciutaggine, ha voluto porre termine a quel gesto che altri avrebbero ammantato di eroismo, restituendo i volumi alle sue figlie ormai orfane. Quest’uomo è Jorge Mario Bergoglio, padre Bergoglio, al tempo.

Non c’era condivisione del “contenuto” da parte del giovane prete, c’era affetto per quella donna “che tanto importante è stata per me”, per la sua volontà, per la sua memoria. E’ intorno a questo “dettaglio”, alla sua occasionale scoperta, che ruota il libro di Nello Scavo, “Bergoglio e i libri di Ester”, (edito da Città Nuova). È questa disponibilità verso l’altro, questo apertura, questo rispetto, questo interesse, questa passione a rendere importante il piccolo libro, cento pagine, che però non è un libro piccolo. È un libro profondo, come la personalità a cui tenta di dare i giusti contorni. Mentre alcuni dividono il mondo in cattolici che in quanto tali dovrebbero essere amici e non credenti che chissà come mai non sono nemici, lui, Jorge Mario Bergoglio, apprezza le persone per quello che sono, come sono. Distingue tra errore e errante, non “giudica”.

Scavo seguiva le vicende legate a Bergoglio e gli anni bui argentini, e quindi anche il mistero dei libri di Esther. Si sapeva che lei li aveva affidati al suo compagno di laboratorio chimico, ma non si sapeva che fine avessero fatto. Poi, un giorno, le figlie di Esther, mentre uscivano da un palazzo dove avevano rivisto Bergoglio ormai Papa durante il suo viaggio in America Latina, hanno rilasciato un’intervista alla collega di Scavo, Lucia Capuzzi, e con assoluta naturalezza le hanno svelato la soluzione del mistero. Un mistero di cui Bergoglio aveva parlato anni addietro con la magistratura argentina.“ In quali circostanze incontrò per la prima volta Esther Ballestrino de Careaga?”, chiese il giudice. Da dietro a un vecchio tavolo rettangolare di legno scuro, il monsignore non attese il cenno del suo legale. Per la prima volta durante l’interrogatorio apparve malinconico. Sollevando lo sguardo, assicurandosi di aver trovato le parole giuste, rispose. “Era la responsabile del laboratorio di analisi cliniche dove lavorai nel 1953-54, e si creò un forte legame di amicizia tra noi. Era paraguaiana.” La scelta paterna di mandarlo in quel laboratorio chimico appena diciassettenne, la frequentazione dei colleghi, e di Esther, ha certamente avuto un grande impatto sulla definizione della personalità di Bergoglio.

Di Esther, incontrata nel 1953, Papa Francesco aveva già parlato nel libro-intervista con Sergio Rubin e Francesca Ambrogetti, “El Jesuita”: “Esther Ballestrino de Careaga, una paraguayana simpatizzante comunista. Le volevo molto bene. Ricordo che quando le portavo i risultati di un’analisi mi diceva: ‘Però, come hai fatto in fretta!’ E subito dopo mi chiedeva: ‘Ma questo test l’hai fatto?’ E io le rispondevo che non ce n’era bisogno perché, dopo tutti i test fatti prima, il risultato doveva essere più o meno quello. No, le cose vanno fatte per bene, mi rimproverava lei. Insomma, quello che mi stava dicendo era che il lavoro va sempre preso con molta serietà. Davvero, una grande donna a cui devo molto”. Esther è stata disponibile con lui, lui è diventato disponibile, con gli altri.

Della sua disponibilità verso gli uomini e le donne con cui, giovane prete, entrava in contatto e della sua apertura al prossimo abbiamo traccia evidente anche in un altro episodio raccontato nel libro. Nel vicino Uruguay i generali erano già arrivati al potere, e per mettere in chiaro chi comandava nelle ore precedenti la Pasqua fecero arrestare senza alcun mandato alcuni gesuiti. Un loro collega, padre Scuro, non si rassegnò e decise di contattare il superiore dei gesuiti argentini, Bergoglio. Andò a Buenos Aires e di lì a breve lo trovò, pronto ad ascoltarlo e a esaudire il suo desiderio: dopo aver vagato in auto per le strade della città al fine di seminare possibili pedinatori, si chiusero in una cabina telefonica, l’unica oscurata che fosse rimasta in città e che Bergoglio conosceva. E dopo aver inserito le necessarie monetine nell’apparecchio, chiamarono padre Pedro Arrupe, superiore generale dei gesuiti. Padre Scuro di lì a breve ripartì, il giorno seguente i gesuiti furono liberati, tutti. Ma aprendo le porte del carcere qualcuno si fece scappare: “Come avete fatto a contattare il Vaticano in così poco tempo?”

La personalità di Bergoglio emerge più chiara dalla lettura del testo di Scavo, dai mille dettagli che l’autore de “La lista di Bergoglio” ci offre per capire chi sia questo Papa venuto dalla fine del mondo. Un uomo che dà l’impressione di vivere con la radicalità e nella radicalità del Vangelo ogni giorno.

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