Il modello Corbyn fa brillare gli occhi all’élite patinate, che vedono sempre di più nella sinistra dura e pura la carta vincente. In un momento storico in cui il vento socialista sembra aver smesso di soffiare sull’Europa, Jeremy Corbyn – il laburista tanto, troppo a sinistra – sembra l’unico leader europeo che potrebbe stendere i conservatori. I soliti inglesi e la fissa di differenziarsi. Almeno così raccontano commentatori ed analisti.
Lotta alla globalizzazione, al libero mercato e alla ricchezza sono le chiavi di volta che fanno, misteriosamente, innamorare. Della vecchia ideologia, che non perdona e di cui pochi ne riconoscono l’irresponsabilità, è impregnata la sinistra alla Corbyn, per tanti tremendamente fascinosa. Come per la famosa pop star Ed Sheeran. Il cantante dai capelli rossi ha recentemente dichiarato di essere “un grande fan di Corbyn”, e che, soprattutto, non potrebbe mai essere un Tory. Il leader della sinistra inglese ha fatto breccia, così, anche nel cuore del ventiseienne inglese, “lo adoro. Adoro ogni cosa di Corbyn e quel suo modo di interessarsi ad ogni classe sociale, alle persone. Qualcuno pensava persino che solo perché non avevo fatto tante dichiarazioni non fossi un suo sostenitore”.
Insomma, un amore senza confini, ma sicuramente ai confini della realtà. Soprattutto se visto dagli occhi del mondo della finanza e dei banchieri. Se solo una decina di giorni fa la Morgan Stanley aveva diffuso un rapporto in cui si dicevano certi del fatto che l’ipotesi di un governo laburista potrebbe rivelarsi “tossica” per i mercati azionari della Gran Bretagna, la Goldman Sachs ha pensato di rincarare la dose.
“L’Inghilterra potrebbe diventare una Cuba senza sole”, è stato l’avvertimento di Bobby Vedral. Il pezzo da novanta della City, e banchiere socio della Goldaman Sachs, non ha potuto esimersi dal commentare uno scenario che fa sognare direttori di giornali e fantomatici personaggi del mondo dello spettacolo. Tutti invaghiti di Corbyn “la primula rossa”, come lo chiamano i tabloid. Oltre 35 anni a militare nelle fila dei “black banchers”, i peones del Parlamento britannico, e adesso, dicono, ad un passo dal numero 10 di Downing Street. Con lui, classe ’49 vegano e astemio in un paese dove birra e whiskey sono un credo, e che si vanta di indossare magliette da “2 euro”, la Cuba comunista non sarebbe più uno scenario utopico a Londra. Del resto a tutti è noto il debole di Jeremy Corbyn per Hamas e per i chavisti venezuelani.
L’avvertimento non è che l’ultimo segnale proveniente dal mondo della finanza, e se uno come Bobby Vedral ci ha tenuto a ribadire che aumento delle tasse per i ricchi e l’approvazione di una vasta agenda di nazionalizzazione sarebbero davvero un “disastro”, non si può fingere indifferenza.
Nella City è vista con estremo nervosismo la fragilità di Theresa May il cui destino politico sembra appeso ad un filo. Con gli ultimi sondaggi d’opinione nazionali che mostrano il partito laburista di Jeremy Corbyn con un vantaggio di otto punti sui conservatori della May, gli investitori e gli uomini d’affari sono sempre più preoccupati della prospettiva di un governo britannico di sinistra che rovesci decenni di ortodossia economica.
Ed è per questo che “data la fragilità dell’attuale governo, i mercati dovrebbero probabilmente riflettere attentamente sul prossimo primo ministro e sul potenziale impatto sull’economia e sulla valuta del Regno Unito”, fanno eco quelli della nota banca d’affari di New York. Ajit Nedungadi, socio dirigente di TA Associates, un gruppo azionario privato con sede nel Massachusetts – 14,1 miliardi di dollari in gestione – , è stato ancora più diretto: “Corbyn sarà una cattiva notizia”, ha detto. “È in bianco e nero. Non c’è dubbio. Come può essere una buona notizia? “