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I No Tap, l’interesse di Mosca e il futuro energetico del Paese

tap, Michele Emiliano

Basta essere negativi e piangerci addosso, un po’ di ottimismo, via! Ieri, 18 dicembre 2017, la nostra Eni ha inaugurato la produzione di gas in uno dei giacimenti più importanti al mondo, il più grande del Mediterraneo, quello di Zohr, con riserve d 800 miliardi di metri cubi di gas, 4 volte quelle dell’intera Italia. Sono passati solo tre anni dalla sua scoperta e la realizzazione di un investimento da 5 miliardi di dollari è già in fase avanzata di realizzazione, e si conferma come uno dei progetti più tempestivi. Si, perché all’estero le nostre imprese riescono molto bene a fare ciò che in Italia non gli è più consentito, come testimonia la vicenda del gasdotto TAP, la parte finale di un progetto da 45 miliardi che in Puglia, dopo oltre 3500 chilometri, dovrebbe portare il gas del Caspio al gas europeo. La parte contesa da ormai 4 anni è di 1600 metri, 1,6 chilometri, vicenda surreale. Fa parte del Corridoio Sud che, finalmente, dopo oltre 20 anni di progetti saltati, dovrebbe portare gas dall’Asia, allentando la dipendenza dell’Europa dal gas russo. Mosca, ovviamente, ha tutti gli interessi che questo non si realizzi, in un asse che passa per San Nicola, sepolto a Bari, patrono della Russia, oltre che della Puglia.

Ha ragione il presidente della regione Emiliano, a cavalcare l’ostilità dei comitati locali che intendono il gas come quello usato per asfissiare, visto che nel simbolo dei NO TAP, al posto della “O” compare una maschera a gas. Peccato che nel mondo e nella nostra storia e nel nostro futuro il gas sia la principale fonte di sviluppo e della transizione verso la decarbonizzazione. Ha ragione Emiliano perché l’abbiamo lasciato solo ad affrontare il terrore generato sulla gente del posto, che, ovviamente, è contraria ad infrastrutture di questo genere. Sia chiaro, l’esplosione al Baugarten del 12 dicembre 2017 con la morte di un operaio, conferma che si tratta di impianti complessi, dove un incidente può sempre accadere, ma dove le conseguenze sono limitate all’interno della struttura, niente accade fuori, proprio perché si tratta di gas naturale, una delle materie prime più pulite e sicure che vi siano. A Baugarten transitano ogni anni 50 miliardi di metri cubi su un intreccio di tubi unico in Europa, mentre a Melendugno il tubo è uno e la capacità è di 10 miliardi metri cubi.

L’errore non è di Emiliano, l’errore è di tutti gli italiani che nel Parlamento nel 2001 hanno modificato il Titolo V della costituzione dando alle regioni e ai comuni alto potere decisionale su delle infrastrutture che sempre hanno impatto ambientale e connesso rischio, ma che sono nell’interesse della nazione, o, come in questo caso, dell’intera Europa. Ovvio che in Italia, paese notoriamente poco propenso a fare sistema, vi sia contrarietà invalicabile. È come chiedere a quelli di Ciampino se vogliono il raccordo anulare di Roma. Il 4 dicembre 2016, nella confusa proposta di riforma costituzionale, c’era anche il tentativo di riportare al centro queste competenze, per toglierle ai governatori locali che, in queste condizioni, non hanno scelta. Ad Emiliano, caso mai, si può contestare che San Foca, dove è previsto l’approdo, sia proprio “la più bella spiaggia dei 900 chilometri di coste Pugliesi”, ma allora Torre dell’Orso, Otranto e, soprattutto, anche Brindisi, dove dice che il tubo dovrebbe arrivare perché è meno bella la spiaggia? No, tutte le coste pugliesi sono belle, quanto, se non di più, di San Foca e tutte posso essere rispettate dalla tecnologia, fatta di ingegneri capaci di fare una galleria sotto la spiaggia, come fatto a Gela o a Mazzara del Vallo per i due grandi gasdotti che arrivano via mare dal Nord Africa in Sicilia.

L’effetto, però, della contingenza politica pugliese è quella di alimentare il grottesco, peraltro all’interno di un partito di sinistra, di governo, un po’ ex comunista, come che volesse fare vecchie rivoluzioni anti governative e anti industriali in nome dell’ambiente. Emiliano chiede lo spostamento del gasdotto, ma così nega la legittimità dei processi autorizzativi fatti a Roma dai nostri ministeri, dove i funzionari evidentemente sono incapaci, nonostante che li paghiamo molto bene, giustamente, con i soldi delle nostre tasse. Poi si vorrebbe togliere il potere decisionale alle imprese, in questo caso al TAP, sostenendo che non devono investire lì, che sono degli incapaci tecnicamente e finanziariamente. Ma è possibile che un’opera come il TAP possa ricevere simili insulti in un Paese che si ispira all’economia di mercato? Possibile che ciò accada nella parte più debole e più lontana dalla ripresa economica del resto d’Europa? In quel Sud da cui continuano a scappare i giovani, non solo i cervelli laureati, ma anche quelli con licenza media o da perito che vanno a fare in camerieri in Belgio o in Australia? Per quei ragazzi, no, non è possibile.


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