Non ci sono riusciti con la forza, ma potrebbero farlo per via elettorale. A poco più di due mesi dalla crisi istituzionale in Catalogna, i separatisti catalani tornano al potere grazie al voto. Con l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione che limita l’autonomia regionale, il governo di Mariano Rajoy pensava di potere neutralizzare le intenzioni secessioniste dell’ex presidente della Generalitat, Carles Puigdemont. Ma le elezioni anticipate di ieri hanno ridato forza al movimento indipendentista catalano. Con un’affluenza storica dell’82%, i catalani hanno votato in maggioranza il partito Junts per Catalunya, guidato da Puigdemont, ed Esquerra Republicana di Oriol Junqueras, ora in carcere con l’accusa di sedizione e malversazione. I centristi del partito Ciudadanos, guidati in Catalogna dalla leader Inés Arrimadas (qui le foto di Formiche.net) hanno ottenuto il più alto numero di voti senza coalizione.
LA REAZIONE DI PUIGDEMONT (DA BRUXELLES)
“Questa vittoria degli indipendentisti in Catalogna è un risultato che nessuno può discutere […] Mariano Rajoy ha perso il plebiscito che cercava. Gli indipendentisti hanno dato uno schiaffo a Madrid restando maggioranza […] Lo Stato spagnolo è stato sconfitto”, ha dichiarato Puigdemont da Bruxelles, dove si trova in esilio per via del mandato di arresto giunto dopo il referendum incostituzionale del 1° ottobre per l’indipendenza della Catalogna. Su un totale di 135 seggi, Junts per Catalunya ne ha conquistati 34, ERC-CATSI 32, CUP 4 (per un totale di 70 seggi di tendenza separatista), Ciudadanos 37, Partito dei Socialisti della Catalogna 17, En Comú-Podem (Podemos in Catalogna) 8 e Partito Popolare 3. La società catalana è profondamente divisa e così lo riflette il suo Parlamento (per un totale di 66 seggi di tendenza unionista). A meno che le tre liste indipendentiste non riescano a raggiungere un’intesa, sarà Ciudadanos a guidare la Catalogna.
LA PROVA FINALE PER IL GOVERNO DI RAJOY
Antonio Barroso, analista di rischio a Teneo Intelligence, ha spiegato all’agenzia Afp che nel 2018 si chiarirà se Mariano Rajoy potrà terminare o meno l’intero mandato. In Catalogna il principale sconfitto della legge elettorale spagnola è stato il Partito Popolare, con tre seggi. Nella partita catalana c’è in gioco l’economia della regione e non solo: mentre la Borsa crolla dopo il trionfo separatista torna il fantasma della delocalizzazione di circa 3mila imprese, quasi tutte del settore finanziario e dell’assicurazione.
COSA SUCCEDERÀ NELLA PRIMA SESSIONE DEL PARLAMENT
Ora resta che le forze politiche catalane, nonostante la polarizzazione, riescano a scegliere il presidente della Generalitat. Un elemento rilevante è che nelle file indipendentiste sono stati scelti sette deputati che sono in esilio a Bruxelles o in carcere. Loro, da quanto prevede la legge parlamentare in vigore, possono comunque insediarsi attraverso una richiesta scritta. Non potranno invece delegare il voto. Secondo Xavier Arbós, professore di Diritto Costituzionale dell’Università di Barcellona, sarà decisiva la sessione costitutiva del Parlamento: “È importante che questi deputati partecipino fisicamente alla sessione costitutiva del Parlament per potere influire nella composizione del nuovo governo catalano”. I deputati catalani potranno investire il nuovo presidente catalano fino al 6 febbraio. In caso di non poter raggiungere la maggioranza assoluta in una prima votazione (68 voti), potranno farlo con la maggioranza semplice (più sì che no) in una seconda votazione due giorni dopo. Dopo ci sarà tempo fino 7 aprile per la presentazione di un nuovo candidato. In caso di un ulteriore fallimento, il governo centrale potrebbe intervenire ancora convocando nuove elezioni. All’interno del movimento indipendentista ci sono molte divisione. Per alcuni analisti politici Puigdemont non dovrebbe dare per scontato il sostegno dei suoi alleati per essere investito come presidente. Esquerra Republicana e la CUP hanno espresso la loro resistenza ad investirlo nuovamente, dopo l’ambiguità del suo discorso post-referendum.
LA TENDENZA SEPARATISTA IN CATALOGNA
In queste elezioni, Junts per Catalunya ed ERC hanno sommato più voti separati rispetto a quando si sono presentati insieme. Nelle elezioni del 2015 l’alleanza Junts pel Sí vinse 62 seggi. Ieri ne hanno ottenuti 66. L’analista Kiko Llaneras ha scritto un articolo per l’inserto Verne del quotidiano El Pais, nel quale sostiene che la percentuale del voto nazionalista in Catalogna è rimasta uguale da 18 anni: “La percentuale che sommano i due partiti indipendentisti è da quasi due decenni vicino al 48%”. Le elezioni di ieri l’hanno confermato. Junts Per Catalunya + Esquerra + CUP non arrivano al 48%. Dalle elezioni del 1999, la forbice di questi partiti è tra il 47% e il 49%. La situazione in Catalogna, dunque, sembra restare criticamente la stessa.