Con un articolo su Foreing Affairs l’ex vice-presidente americano Joe Biden ha sostenuto che il Movimento Cinque Stelle abbia goduto dell’appoggio di Mosca in occasione del referendum costituzionale. Una miccia che ha acceso in anticipo la campagna elettorale, con il Pd di Matteo Renzi che chiede di fare chiarezza nei prossimi mesi e i pentastellati che liquidano le accuse come “fake news”. C’è una fondatezza nelle parole di Biden sui Cinque Stelle? Lo abbiamo chiesto ad Aldo Giannuli, storico e saggista, da sempre fine conoscitore del movimento creato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio.
Professore, secondo lei è vero che i russi hanno una predilezione per i Cinque Stelle, come ha affermato l’ex vice-presidente americano Joe Biden?
Premesso che gli ultimi che possono parlare di interferenze nella politica degli altri Paesi sono gli americani, e tutte le grandi potenze cercano di influenzare gli altri Paesi per attirarli nella propria orbita. Se parliamo di un’azione sistematica del web tramite azioni illegali, è ragionevole credere che i russi lo facciano, ma non lo fanno solo loro, né tantomeno solo con noi italiani. Fa parte delle nuove forme di conflitto rispetto a cui noi, effettivamente, non siamo attrezzati.
Perché la Russia dovrebbe tifare per i pentastellati?
La Russia non tifa affatto per il Movimento 5 Stelle così come non ha tifato per il Front National alle elezioni francesi o per lo Ukip per il referendum sulla Brexit. Diciamo che una situazione di de-solidarizzazione del blocco europeo costituisce una prospettiva interessante per i russi perché permette loro una penetrazione maggiore nel continente. Non dimentichiamo che gli ex alleati dei russi, il blocco dei Paesi di Visegrad, è estremamente ostile nei confronti di Bruxelles e lo si è visto con la crisi ucraina.
Cosa faranno i pentastellati delle sanzioni a Mosca?
Che io sappia non hanno mai definito una posizione certa ed univoca. C’è un atteggiamento tendenzialmente favorevole a rimuovere le sanzioni, ma questo lo dice anche la Lega Nord e in alcuni momenti Forza Italia. Dubito però che nel caso del Movimento 5 Stelle ci sia già una linea chiara. La politica estera è sempre la Cenerentola di questo Paese, figuriamoci in un movimento come i Cinque Stelle che si basa molto sull’impressione del momento.
La linea filo-russa di Manlio Di Stefano è mainstream nel movimento o ha perso forza?
All’interno del movimento c’è un umore, niente di più, tendenzialmente anti-americano, come c’è nell’area di Liberi e Uguali e in un pezzo della sinistra Pd, d’altronde le radici dei rispettivi elettorati sono le stesse. In questo modo il Movimento finisce per riabilitare Vladimir Putin in funzione anti-americana, ma credo si tratti più di uno stato d’animo che d’altro. Quanto a Di Stefano, non bisogna esagerare nel considerarlo l’uomo dei russi, si è semplicemente esposto più degli altri.
Luigi Di Maio sembra aver scelto una linea più tradizionale, quella dell’alleanza atlantica.
È la linea di cui è convinto Di Maio alle 17.30 del 19 dicembre del 2017, non garantisco per le ore 09.00 di domani. Questo è il vizio del Movimento: agire di volta in volta sotto l’influsso del mainstream. Ora Di Maio è tornato su posizioni critiche verso l’Europa, che sembravano invece abbandonate. Fra dieci giorni forse proporrà il nostro ingresso nell’Unione Africana, tutto è possibile.
C’è stata nell’ultimo anno una normalizzazione della spinta “rivoluzionaria” del Movimento?
C’è questa scelta moderata che non mi convince affatto perché i Cinque Stelle sono nati come movimento anti-sistema, fare i più ortodossi di tutti è una strategia che non renderà nel tempo. Nell’immediato non ci saranno ripercussioni, anche perché finché ci saranno Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, che sono i migliori sponsor dei Cinque Stelle, i pentastellati non perderanno voti. Ma questa moderazione non gioverà per lo sfondamento elettorale in cui loro sperano alle prossime elezioni. Le ripeto, per i Cinque Stelle conta molto l’improvvisazione dell’ultimo momento. Poteva funzionare quando la faceva Gianroberto Casaleggio, un uomo geniale, ma oggi purtroppo non c’è più.
Oltre che candidato premier, Alessandro Di Battista era il nome più caldo per la Farnesina in un esecutivo a Cinque Stelle. Cosa succede ora che si è tirato fuori dalla corsa?
È davvero sicuro che sia uscito? Conosco bene Alessandro, l’ho sempre visto molto annoiato dalla vita parlamentare. Per indole personale è più portato a scrivere, a curare la comunicazione, a scatenarsi nei comizi, farà una dura campagna elettorale, io lo vedo più conduttore televisivo che ministro. Secondo me lui si è semplicemente preso una vacanza, ma rimane pronto per tornare qualora il Movimento dovesse richiederlo.
Chi sceglieranno i pentastellati per gli Esteri?
Se ho capito l’umore interno al Movimento, o ci mettono un fedelissimo di Di Maio, come Alfonso Bonafede. Oppure, più probabilmente, attingeranno dalla Farnesina. Se si arrivasse a un governo Cinque Stelle, ipotesi a cui credo poco, Di Maio potrebbe preferire un tecnico o un ambasciatore rispetto a un politico.