Il ministero degli Esteri cinese ha diffuso una nota stampa in cui definisce il documento per la strategia sulla sicurezza nazionale americano (acronimo inglese NSS) intriso di “mentalità da Guerra Fredda”, invitando Washington ad “abbandonare le nozioni obsolete” su cui si basa.
LE RIVALS POWER
La National Security Strategy è un documento programmatico che viene redatto periodicamente dall’amministrazione americana per delineare le linee guida su cui si baserà l’azione di governo nei prossimi anni. Nel primo di questi piani costruito dall’amministrazione Trump, tra le altre cose, la Cina viene indicata apertamente come una delle “rivals power” (l’altra è la Russia) che vogliono riallineare il potere globale nei loro interessi, potenzialmente minacciando gli Stati Uniti. È una lettura della situazione spinta molto anche dall’America First, claim elettorale attorno cui il presidente Donald Trump ha costruito un insolito discorso di presentazione della NSS, trasformata – con la classica retorica comunicativa trumpiana – in una specie di discorso di fine anno impregnato di messaggi elettorali.
LE REAZIONI DI PECHINO E MOSCA
“Esortiamo la parte statunitense a smettere intenzionalmente di distorcere le intenzioni strategiche della Cina e ad abbandonare nozioni obsolete sulla mentalità da Guerra Fredda e sul gioco a somma zero”, ha detto il portavoce del ministero cinese, Hua Chunying. Stessa linea, più o meno, è stata seguita dalla risposta russa: il Cremlino ha fatto sapere che non può accettare di essere considerata una minaccia – il documento è una conferma che il piano relazionare che Trump vuole costruire con il suo omologo Vladimir Putin si scontra con le policy che l’amministrazione sta costruendo, dove Mosca è inquadrata come un problema per la sicurezza nazionale americana (sia sotto i termini politici, militari ed economici, quelli di cui tratta appunto la NSS). La Russia ha sottolineato anche il “carattere imperialista” del documento, aspetto che è tra le varie incoerenze che i commentatori hanno evidenziato tra la vision tipica del trumpismo, più o meno nazionalista, e le necessità americane (espresse prevalentemente nel documento) di mantenere un ruolo nel mondo – ossia la posizione da “Impero” contro quella di “Nazione”, per citare definizioni che su queste colonne sono state più volte usate dal professor Carlo Pelanda.
LA LINEA ANTI-CINESE
Nella nuova visione strategica per mantenere la prosperità americana, Cina e Russia sono definite rivali “determinati a rendere le economie meno libere e meno oneste, a far crescere le loro forze armate e a controllare informazioni e dati per reprimere le loro società ed espandere la loro influenza”; attività con cui stanno “tentando di erodere la sicurezza e la prosperità americane”. Le affermazioni contenute nel documento diventano un punto fermo nell’assetto strategico americano, e soprattutto sulla Cina, riprendono le posizioni che Trump ha assunto in campagna elettorale. Ovvio che dall’altra sponda del Pacifico vengano percepite come inaccettabili. Il presidente ha contemporaneamente cercato di costruire una relazione, anche in questo caso personale (prima al suo club di golf in Florida, poi alla Città Proibita di Pechino), con il presidente cinese Xi Jinping, ma il confronto globale tra i due Paesi è affare di ordine superiore: Trump parlava con i giornalisti di Xi come di un “good guy“, ma la versione ufficiale della Casa Bianca, anche se non inquadra Pechino come “una minaccia, lo definisce comunque un rivale. Robin Brant, il corrispondente della BBC a da Shanghai spiega: “La classificazione manda un chiaro messaggio sulla mutata posizione dell’America nei confronti di una Cina in crescita, una Cina che non ha nascosto il suo piano per espandere significativamente la sua marina, asserire più autorità regionali e espandere la sua influenza all’estero attraverso una massiccia spinta agli investimenti sostenuta dallo stato”. Un esempio di sovrapposizione delle varie questioni: l’occupazione militare che Pechino sta spingendo nel Mar Cinese, sede di rotte commerciali nevralgiche a livello globale, rivendicate dai cinesi con le armi.