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Tutte le virtù di un sano digital detox

Di Silvio Meazza
distrazione app

I principali motori di ricerca, gli Internet provider, l’e-commerce, erano già al loro posto quasi vent’anni fa. Ma se un’epoca nasce quando è la maggioranza ad adottarne i modi, l’era digitale, quella vera, è cominciata da molto meno tempo. L’home banking, la banda larga diffusa e i social network hanno dato un’accelerata importante al processo di digitalizzazione delle nostre vite, anche se a mio avviso sono due altri fattori, intrinsecamente digitali ma profondamente comportamentali, a sancire l’inizio della contemporaneità digitale.

Il primo sono le chat, che hanno trasformato radicalmente tanto il modo di comunicare quanto le regole di ingaggio della comunicazione stessa, da un lato introducendo una sorta di ibrido asincrono, a metà tra l’istantaneo e l’epistolare, e dall’altro distraendoci prepotentemente da qualsiasi altra comunicazione (o attività) con la sola presenza sonora di un “ting”.

Quindi ora da una parte abbiamo il tempo di pesare la risposta, selezionando ad esempio la risposta più arguta, o all’occorrenza una scusa perfetta (ma senza l’ansia e la gioia di raccontarci davvero come facevamo con carta e penna nel secolo scorso), e dall’altra diventando tutti più volte al giorno profondamente irrispettosi verso qualsiasi interlocutore reale (obbedienti al “ting”, dobbiamo per forza interrompere l’ascolto della conversazione – che si tratti di una riunione di lavoro o di una cena in famiglia – per guardare lo schermo del telefono immediatamente!). La chat peraltro, per quanto sicuramente un fenomeno temporaneo all’interno dell’evoluzione digitale, instilla caratteristiche indelebili soprattutto nei giovani, che vivono lo schermo come una coperta di Linus anche nei momenti formativi fondamentali. Ci si lascia su whatsapp, per intenderci.

Il secondo sono i selfie, e in generale la mole infinita di attenzione dedicata alla fotografia digitale più spiccia, ormai privata del valore fondamentale della conservazione del ricordo, barattato con finalità prettamente social. Quel bisogno superficiale di marcare il territorio con la nostra faccia e uno sfondo dietro di noi. Che poco importeranno già tra poche ore, quando riguardando centinaia di foto fatte, scopriremo che a malapena ci avevamo fatto caso, allo sfondo.

L’esigenza di “taggare” dove siamo, e cosa stiamo mangiando, e con chi. L’esaltazione dell’estetica di quel momento per un pugno di like, o 15 secondi di fama. Ma anche questo comportamento, un’apparentemente innocua ventata di effimero, produce danni potenzialmente gravi nel medio periodo, superficialità diffusa, cali di attenzione, anedonia. Eccoci quindi nell’era digitale.

‪I cosiddetti big data sono dappertutto. Ogni nostro movimento, attività on line, battito del cuore è, grazie ai dispositivi di cui amiamo circondarci, potenzialmente tracciato e a disposizione di software e aziende per essere usato contro di noi. O a nostro favore, a seconda dei punti di vista.

Ad esempio quando effettuiamo un acquisto on line, beneficiando sia dei prezzi vantaggiosi che della scelta vastissima, alimentiamo un sistema che ci restituirà informazioni su prodotti affini sotto forma di banner, che nella migliore delle ipotesi ci faranno ripensare all’acquisto fatto, e nella peggiore non ci interesseranno (come quando un tour operator ci ripropone location dove siamo già stati, o dove evidentemente avevamo infine deciso di non andare).

Non esiste più una linea di demarcazione: ogni nostra azione digitale riverbera come ali di farfalle giganti e mostruose nel mondo reale. Che siano carrelli immensi pieni di pacchi spinti da operai in un magazzino, furgoni in doppia fila che rallentano la circolazione in città per mantenere la promessa della consegna più rapida possibile, o un ragazzo che per arrotondare sfreccia in bici sotto la pioggia sul marciapiedi portandoci a casa la cena. Ora siamo clienti, prospect, profili, “personas”.

Mettiamo cose nel carrello, le togliamo ripensandoci dopo esserci informati meglio, grazie alla recensione in tono autorevole di uno sconosciuto su un blog, che si firma con un nickname da band heavy metal. Facciamo like a post polemici, o dai toni aggressivi, o condividiamo contenuti che accettiamo per veri senza verificarne la fonte. Ma siamo sempre noi alla guida. Siamo noi a decidere quando e cosa.

Il digitale è un’opportunità meravigliosa. Di essere ovunque, di creare connessioni, fare business, reinventarci. C’è vita ben oltre il social network. Un consiglio? Una sola azione da fare subito? Proviamo a togliere le notifiche di whatsapp, messenger, telegram. Apriamoli quando abbiamo il tempo di farlo, non obbedendo alla disponibilità del nostro interlocutore.

Ne guadagneremo entrambi immediatamente, numeri alla mano, in tempo a disposizione per fare altro. Magari per salutarci con una telefonata.

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