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Berlusconi, Salvini, Cesa e Parisi. A che punto è il centrodestra?

Il centrodestra ha il vento in poppa eppure non tutte le tessere del puzzle si sono ancora incastrate. Le lancette dell’orologio corrono veloci verso il voto e solo il Movimento 5 Stelle è già in fase avanzata di campagna elettorale. Berlusconi, a dispetto dell’età, si rivela sempre il più lucido, almeno fra quelli della sua parte politica.

Il leader di Forza Italia sa bene anzitutto che i sondaggi vanno pesati e che sia l’astensione che il voto dei più giovani sono due incognite che rischiano di falsare, e non poco, il risultato effettivo alle urne. D’altra parte, pur sapendo che la sua forza è nella coalizione (“è la somma che fa il totale”) è consapevole anche che questa è la sua debolezza.

Di Maio si presenta con una sola lista. Il Pd avrà un solo alleato, o al massimo due. Sia i civici della Lorenzin sia gli europeisti della Bonino si presentano come forze omogenee al partito di Renzi e con leadership femminili che, in modo diverso, sono presentabilissime all’elettorato moderato.

Lui, Berlusconi, come va alle elezioni? Il rischio di un caravanserraglio è ben presente nei ragionamenti di Arcore. Salvini e la Meloni portano in dote, soprattutto il primo, un bottino di consensi di cui non si può fare a meno ma allo stesso tempo alimentano una visione di destra-centro che può spaventare gli elettori che Forza Italia vuole conquistare. La cosiddetta quarta gamba sta vedendo il capolavoro diplomatico di Lorenzo Cesa che, abilissimo navigatore della politica centrista, sta recuperando in una sola lista – e con il prezioso aiuto di Nicolò Ghedini – tutti i desaparecidos della diaspora berlusconiana.

Il risultato è una formazione con il simbolo della Dc e con dentro tutti i “vecchi” del palazzo romano. Offrono certamente un possibile risultato positivo (l’obiettivo è superare il 3%) ma a quale prezzo? Infine, c’è l’incognita Stefano Parisi. È pronto a correre da solo ma anche ad unirsi al centrodestra. L’ex direttore generale di Confindustria paradossalmente è più in sintonia con via Sellerio (sede della Lega) che con Arcore.

Come Salvini, anche Parisi chiede a Berlusconi un impegno solenne che impedisca possibili alleanze post-voto. È il cosiddetto patto anti inciucio. Il vecchio ma energico leader su questo cederà, anche perché non ha alcuna intenzione di lasciare il monopolio dell’opposizione al Movimento di Grillo. Ovviamente, tratterà candidature e programma con una abilità che il giovane capo leghista non può neppure immaginarsi. Ma, poi, si torna al punto di partenza come in uno sfinente gioco dell’oca. Berlusconi si troverà infatti a guidare una coalizione frammentata senza – per ora – una guida “formale” di Forza Italia o della stessa coalizione. Insomma, il suo carisma dovrà ancora una volta fare la differenza. Il vento è a favore ma le correnti che potrebbero rallentare la corsa sono tutt’altro che da sottovalutare



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