Mancano meno di dieci giorni al venti gennaio, data in cui Donald Trump celebrerà il suo primo anno alla Casa Bianca, un periodo impegnativo e probabilmente più complesso di quanto il tycoon di New York City potesse immaginare varcando le soglie del 1600 di Pennsylvania Ave nel giorno dell’inauguration day.
È stato un anno segnato da significativi cambiamenti nell’organizzazione delle figure di vertice e dei collaboratori più vicini al presidente. Durante questo tempo, infatti, nomi importanti si sono alternati in incarichi chiave, basti solo pensare alla staffetta tra Michael Flynn ed il gen. H.R. McMaster nel ruolo di National Security Advisor.
Alcuni collaboratori sono usciti dallo Studio Ovale per non tornare mai più: è questo il caso di Steve Bannon, che prima ha dovuto rinunciare al ruolo di Chief Strategist e poi persino all’amicizia tanto ostentata in campagna elettorale con il futuro presidente degli Stati Uniti. Altri collaboratori con ruoli di assoluto prestigio sono usciti con meno veemenza, pur lasciando un vuoto difficilmente colmabile in termini di esperienza e professionalità. Così è stato per Dina Powell, che a fine dicembre ha deciso di chiudere la propria avventura alla Casa Bianca.
Nonostante l’elenco possa sembrare lungo, non tutte le scosse di assestamento rappresentano un rischio per la stabilità della presidenza. La storia recente dimostra come nelle amministrazioni di qualsiasi colore, democratiche e repubblicane, i primi mesi siano segnati da aggiustamenti nelle strategie e negli assetti decisionali.
Eppure, a pochi giorni dal fatidico venti gennaio nuove voci si susseguono su possibili colpi di scena e pesanti scossoni in arrivo. Proprio in queste ore circola a Washington l’indiscrezione secondo cui il gen. H.R. McMaster potrebbe fare un passo indietro e rimettere nelle mani del presidente l’incarico di consigliere per la sicurezza nazionale. Qualora la notizia fosse confermata, si tratterebbe di una decisone di assoluto impatto sulla stabilità tanto anelata nei rapporti tra la Casa Bianca e il mondo della sicurezza nazionale, assai influente nella capitale federale.
Formiche.net ha recentemente riportato i malumori e le faide interne allo Studio Ovale che vedrebbero McMaster sotto costante attacco da parte dell’ala meno “normalizzata” dell’amministrazione. Il generale ha sinora fatto buon viso a cattivo gioco, dimostrando sul campo i propri meriti e conquistandosi la stima del presidente. Il lavoro fatto con la National Security Strategy esprime perfettamente la qualità del contributo e la caratura del suo operato.
Che il consigliere per la sicurezza nazionale sia particolarmente preoccupato dai rischi che gli Stati Uniti sono chiamati ad affrontare nei prossimi anni è evidente dalle esternazioni e dai numerosi commenti fatti trapelare in pubblico. E’ recente in questo senso un articolo pubblicato dall’Atlantic sulla crisi con la Corea del Nord. McMaster non perde occasione per puntare il dito contro interpretazioni troppo semplicistiche sulla pericolosità e sulla potenziale distruttività del confronto strategico nel mar cinese meridionale.
Riportando la “visione del mondo secondo McMaster”, il giornale sottolinea le difficoltà esistenti nel bilanciare le differenti sensibilità interne all’amministrazione. Sullo stesso tema Trump e Rex Tillerson, ad esempio, hanno riportato valutazioni opposte e questo ha finito col deteriorare ulteriormente le dinamiche interne e il confronto nella leadership americana.
Se fino ad oggi si è trovata la quadra e gli equilibri tra le figure di vertice non sono saltati, bisognerà capire in che modo Donald Trump vorrà inaugurare il suo primo anno alla Casa Bianca, un gioco certamente non facile. Come in un mosaico, se nei prossimi mesi il presidente decidesse di rimuovere o spostare una tessera, si potrebbe avere un effetto domino dalle conseguenze difficilmente prevedibili.
Più volte, ad esempio, si è detto a Washington che Mike Pompeo, attuale direttore della Cia, potrebbe prendere il posto di Tillerson al Dipartimento di Stato. Eventualità finora pronunciata sottovoce poiché Trump sarebbe tanto entusiasta del modo in cui il direttore della Central Intelligence Agency ha esercitato il suo incarico da non poter fare a meno dei suoi briefing mattutini.
Se Pompeo, dunque, ha dimostrato tanta professionalità nel mondo dell’intelligence e della sicurezza, sarebbe un paradosso immaginare la sua possibile nomina per un incarico affine, quello di National Security Advisor, qualora H.R. McMaster facesse effettivamente un passo indietro? La presidenza Trump potrebbe ancora riservare colpi di scena.